La difficile metamorfosi del contratto collettivo
Autore | Mario Rusciano |
Pagine | 1061-1088 |
Mario Rusciano
La difficile metamorfosi del contratto collettivo*
S: 1. Contratto collettivo e processo del lavoro: la prospettiva pluriordinamentale. - 2. Difficoltà
di ricondurre il contratto collettivo al diritto comune. - 3. Il modello di contratto collettivo ex art. 39
Cost. - 4. La mancata attuazione dell’art. 39 Cost. e la dottrina privatistica del contratto collettivo. - 5.
L’attitudine del contratto collettivo a dettare regole generali e i tentativi di assicurarne l’efficacia ultra
partes. - 6. La disciplina transitoria della legge 741 del 59 come esempio di raccordo legislativo tra
ordinamento statuale e ordinamento sindacale. - 7. L’inderogabilità del contratto collettivo e la sua
doppia natura. - 8. Lo statuto dei lavoratori e la valorizzazione dell’ordinamento sindacale con il cri-
terio della “maggiore rappresentatività”. - 9. Pluralità delle funzioni del contratto collettivo e insuffi-
cienza della concezione civilistica. - 10. La specialità del contratto collettivo del lavoro pubblico. - 11.
I fattori della legificazione del contratto collettivo del lavoro pubblico. - 12. La posizione del contrat-
to collettivo nel processo e i criteri di interpretazione del contratto. - 13. Aspetti problematici del
contratto collettivo dopo le nuove norme sul processo. - 13.1. … nel settore pubblico. - 13.2. … e nel
settore privato.
1. La prima (quasi istintiva) suggestione, che provoca l’intervento legislativo, dal
perdurante natura ambigua del contratto collettivo nel sistema giuridico. Non solo, e
non tanto, nella celebre versione di Francesco Carnelutti, riferita in particolare al diritto
corporativo - per cui il contratto collettivo ha «il corpo del contratto e l’anima della
legge»2 - ma, soprattutto, nel moderno dilemma: se il contratto collettivo possa conti-
nuare a considerarsi un contratto di diritto comune o debba qualificarsi piuttosto come
“fonte” del diritto oggettivo; seppure, ovviamente, in posizione diversa rispetto alle fon-
ti statuali (qualcuno parla di «fonte extra ordinem»)3.
E difatti, proprio accostando “contratto collettivo” e “processo del lavoro” – a segui-
to della riforma del processo civile, operata dal ricordato d.lgs. 40 del 2006, che tocca
anche la massima espressione dell’autonomia sindacale – si ha la lampante dimostrazio-
ne di come il contratto collettivo abbia subìto, in un arco temporale di oltre mezzo se-
colo, una progressiva metamorfosi.
La nuova previsione legislativa, che ora stabilisce il diretto controllo della Cassazio-
ne sull’interpretazione dei contratti collettivi, al pari di quanto avviene per gli atti nor-
mativi di rango primario, contribuisce a rendere sempre meno scontato l’inquadramen-
* Questo saggio riproduce il testo (rielaborato, con aggiunta di note) dell’Introduzione al seminario su Contratto
collettivo e processo, organizzato dallo stesso Ghera nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma La
Sapienza, il 23 novembre 2006.
1 Tale decreto contiene le «Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in
funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005 n. 80»: v.,
al riguardo, come modificati, gli artt. 360, c. 1., n. 3 e 366, c. 1., n. 6, nonché l’aggiunto art. 420 bis c.p.c.
2 Carnelutti 1928.
3 Per un approccio problematico alla questione della collocazione del contratto collettivo nel sistema delle
fonti del diritto del lavoro, v., anche per i riferimenti bibliografici, Zoppoli 2004a, 3 ss.
1062 Studi in onore di Edoardo Ghera
to formale dei negozi di autonomia collettiva nel diritto comune dei contratti. Anzi,
pare che il legislatore abbia voluto aggiungere un’altra tessera, non certo minuscola, al
mosaico raffigurante il contratto collettivo come fonte del diritto oggettivo.
Del resto, non si può dire che la novella del d.lgs. 40 del 2006 sia un intervento
improvviso: sia perché la ricorribilità in Cassazione, per violazione e falsa applicazione di
norme dei contratti collettivi, viene dapprima affermata per i contratti collettivi del la-
voro pubblico4; sia perché la novella medesima costituisce, in fondo, un effetto naturale
(e un argomento ulteriore) dell’insufficienza delle classiche ricostruzioni dell’autonomia
sindacale a spiegare le peculiarità di un atto che, da tempo, presenta caratteri essenziali,
assai differenti da quelli di un semplice contratto. Primo fra tutti il carattere, diciamo
così, “polifunzionale”5: grazie al quale la funzione originaria di “contratto normativo” è
soltanto una delle funzioni del contratto collettivo; e, ormai, neppure la più importante.
Sicché, continuare a sostenere la pacifica riconduzione di esso agli schemi del diritto
comune dei contratti significa tagliare fuori, da una compiuta ricostruzione della figura,
una serie di elementi peculiari, che l’hanno profondamente mutata e che, per forza di
cose, maggiormente incidono sull’ordine sociale.
Non da ora, questi stessi elementi fanno, del contratto collettivo, l’architrave di un
sistema di regole, del quale Gino Giugni, fin dall’inizio degli anni ’60, teorizza l’autonoma
(e, addirittura, originaria) giuridicità, la quale consente di porre in parallelo “ordinamen-
to statuale” e “ordinamento sindacale”6. Un parallelo assai utile per capire, oggi come al-
lora, l’essenza del rapporto dialettico, che la stessa Costituzione delinea, tra Stato e sinda-
cato: entrambi chiamati, ciascuno nella propria logica e con le proprie tecniche, ad
apprestare una tutela del lavoro - «in tutte le sue forme ed applicazioni» (art. 35 Cost.) -
onde garantire la stabilità dei fondamenti democratici della Repubblica (art. 1 Cost.).
Sarei, allora, del parere di guardare le modifiche, apportate dal d. lgs. 40 del 2006,
in una prospettiva assai ampia: come, appunto, quella pluriordinamentale. Una prospet-
tiva che tenga conto, cioè, della necessità prioritaria, oggi come oggi, di individuare
nuovi raccordi (tanto sul piano sostanziale, quanto su quello processuale) tra i due ordi-
namenti, e che consenta di riaffermare una verità elementare: per l’ordinamento statua-
le, l’autonomia dell’ordinamento sindacale costituisce un valore irrinunciabile, non a
caso “costituzionalizzato” nel c. 1 dell’art. 39 Cost. È, dunque, questa la strada tracciata
dal Costituente per l’autonomia collettiva e, con alterne vicende, ampliata dalle prassi
sindacali dei decenni successivi, che aggirano l’ostacolo delle altre previsioni dell’art. 39
(cc. 2, 3 e 4), volte a prefigurare un equilibrio interno dell’autonomia medesima, ma
secondo un disegno illuministico (cioè poco realistico) e, per giunta, dirigistico.
Né può sfuggire che le modifiche del d.lgs. 40 del 2006 rappresentano l’ultima
tessera di un mosaico, che da tempo si va componendo, per una raffigurazione del con-
4 V. Trisorio Liuzzi 2000, 1860 ss.; De Angelis 2004; Pileggi 1999, 101 ss.
5 Sulle differenti funzioni del contratto collettivo v. Santucci - Zoppoli 2004, e in particolare, sulla funzio-
ne «gestionale», Vardaro 1985; Vardaro 1987, 229 ss. In senso critico, Persiani 1999, 1 ss., e Mazziotti 2000,
481 ss. Una difesa della funzione unitaria del contratto collettivo è contenuta in Lunardon 1999, che in
sostanza riprende l’impostazione già sostenuta da Proia 1994 e dallo stesso riproposta in Proia 2002. Per una
critica, anche metodologica, a tale impostazione, Zoppoli 2002, 238 ss.
6 Giugni 1960. Penetranti osservazioni critiche alla statualità delle fonti in Grossi 2003, 15.
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