Appunti sui fondamenti della competenza in materia di vigilanza sulla sicurezza del lavoro, nell'attesa del testo unico

AutorePaolo Pascucci
Pagine833-850
Paolo Pascucci
Appunti sui fondamenti della competenza in materia di vigilanza
sulla sicurezza del lavoro, nell’attesa del testo unico
S: 1. Vigilanza sulla sicurezza del lavoro e interesse pubblico. - 2. Il quadro delle competenze in
materia di vigilanza sulla sicurezza del lavoro. - 3. Dalla frammentazione dell e competenze alla loro
riunif‌icazione? - 4. I principi della riforma sanitaria del 1978. - 5. La vigilanza in materia di sicu-
rezza del lavoro nel prisma del Titolo V della Costituzione. - 6. Il Patto per la tutela della salute e la
prevenzione nei luoghi di lavoro. - 7. La vigilanza nella l. n. 123/2007: la questione del coordina-
mento. - 8. Conclusioni.
1. È pressoché inevitabile che, parlando di vigilanza sulla sicurezza del lavoro, la
contingenza del momento, vale a dire la fase in cui si sta elaborando il testo unico in base
alla delega contenuta nell’articolo 1 della l. n. 123/2007, induca a concentrare l’atten-
zione essenzialmente in una prospettiva de iure condendo.
Tuttavia, per cogliere le novità che riguardano uno degli strumenti più importanti
per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, è necessario dedicare innanzitutto at-
tenzione ai fondamenti del tema della vigilanza pubblica.
La vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce uno dei
più signif‌icativi rif‌lessi di quella dimensione pubblicistica che il diritto del lavoro condi-
vide, ancorché con qualche dif‌f‌icoltà, con quella privatistica1. Pur inserendo l’obbligo di
sicurezza gravante sul datore di lavoro nel sinallagma del contratto individuale di lavoro
(art. 2087 c.c.), il legislatore non si è limitato a presidiarne il rispetto con i rimedi tipici
dei rapporti interprivati. A fronte della rilevanza costituzionale dei beni in gioco, i tradi-
zionali meccanismi risarcitori del diritto dei privati costituiscono uno strumento di tu-
tela insuf‌f‌iciente (per quanto necessario), soprattutto per la loro intrinseca posteriorità
rispetto alla lesione di un bene – qual è la salute del lavoratore – che può essere salva-
guardato solo mediante un’adeguata tutela preventiva2. Ciò, ovviamente, non signif‌ica
negare la straordinaria importanza che una costante e consolidata interpretazione rico-
nosce all’art. 2087 c.c.: anzi, proprio per il carattere aperto che la contraddistingue, tale
norma può giustamente ritenersi la pietra angolare del sistema di prevenzione3. Diversa-
mente da altre ipotesi in cui il controllo giudiziale “a valle” sull’applicazione delle regole
che disciplinano il rapporto di lavoro può costituire un adeguato presidio a garanzia dei
diritti del lavoratore (si pensi al licenziamento illegittimo ecc.), nel caso della sicurezza e
della salute dei lavoratori il controllo non può non avvenire anche e soprattutto “a mon-
te”, specialmente considerando la dif‌f‌icile se non impossibile irripristinabilità dei beni
protetti in caso di lesione.
1 Garofalo 2006, 130.
2 Ghera 2006a, 112 ss.
3 Montuschi 1989, 75; Natullo 1995, 3 ss.
834 Studi in onore di Edoardo Ghera
La presenza di un controllo “esterno” e non solo giudiziale sulla regolarità del rap-
porto di lavoro non riguarda soltanto il tema della sicurezza o, meglio, solo la sicurezza
intesa in senso stretto. Basti pensare a quanto avviene in merito alla qualif‌icazione del
rapporto di lavoro4, o in merito ai tempi di lavoro5, o più in generale alla regolarità del
rapporto (emerso/sommerso)6: tutti aspetti che, a ben guardare, si intersecano peraltro
con quello della sicurezza. Anzi, se si esaminano le normative più recenti, sembra che
vada progressivamente costruendosi un concetto di sicurezza del lavoro in cui gli aspetti
della salute “si tengono” con quelli della regolarità e della qualità del lavoro e tutto ciò
nella prospettiva di ridef‌inire più chiaramente i contorni della f‌igura di un lavoratore
che, prima ancora di essere produttore (per dirla con gli economisti) o debitore di opere
(per dirla con i giuristi), è persona e cittadino ed è quindi titolare di un patrimonio di
diritti fra cui spiccano l’integrità f‌isica e morale e la dignità personale e sociale. La di-
mensione personale e sociale del lavoratore evoca necessariamente l’interesse pubblico
della comunità in cui egli è collocato alla sua protezione ed alla sua valorizzazione, con
tutto ciò che ne consegue in termini di ef‌fettività. Di qui – e non è certo una novità per
i giuristi del lavoro – la necessità, innanzitutto, di una disciplina del mercato del lavoro
e di una disciplina del rapporto di lavoro e, coerentemente, di un controllo del rispetto
dell’una e dell’altra. Una disciplina ed un controllo che si attuano non solo sul piano
eteronomo ma anche sul piano dell’autonomia collettiva e, talora, sempre più spesso,
combinando tali piani.
Solo ridef‌inendo il lavoratore nella sua dimensione “di persona”, come titolare di
diritti fondamentali, è possibile cogliere appieno l’interesse pubblico alla sua tutela ed
alla sua promozione che traspare a chiare lettere anche dall’esaltazione del lavoro come
valore fondante della democrazia e della coesione sociale contenuta nella Costituzione
del 1948.
Di qui l’urgenza di non lasciare tutto al diritto dei privati ed agli strumenti di con-
trollo che questo conosce; di qui l’esigenza che sia la stessa comunità a vigilare af‌f‌inché
la tutela e la promozione del lavoratore-persona sia ef‌fettiva e af‌f‌inché le logiche del
mercato non ne compromettano la integrità e la dignità.
2. Come è noto, il quadro legislativo sulla vigilanza in materia di salute e sicurezza
sul lavoro è caratterizzato da una notevole complessità che corrisponde innanzitutto ad
una pluralità di organi competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza7.
Il perno del sistema è costituito da una competenza generale in materia attribuita ai
servizi delle Aziende sanitarie locali (Asl) in base all’art. 21 della l. n. 833/1978 (riforma
sanitaria) ed all’art. 23, c. 1, del d.lgs. n. 626/1994. Per quanto sostanzialmente genera-
le, tale competenza non è tuttavia totalmente esclusiva, giacché, o in ragione di specif‌ici
rischi, o per le peculiarità di certi settori e/o attività, il legislatore attribuisce la compe-
tenza ad altri soggetti.
4 Ghera 2006b, 323 ss.
5 Leccese 2006, 399 ss.; Ricci 2005.
6 Bellavista 2007, 15 ss.
7 Andreani, Angelini 2007a, 445 ss.

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