Contrattazione integrativa, nullità della clausola difforme e responsabilità 'diffusa

AutoreAntonio Viscomi
Pagine1295-1318
Antonio Viscomi
Contrattazione integrativa, nullità della clausola dif‌forme
e responsabilità “dif‌fusa
S: 1. Premessa. - 2. Il sistema «ordinato» di contrattazione collettiva. - 3. La nullità della clausola
«dif‌forme». - 4. Orientamenti recenti della Corte dei Conti. - 5. Dalla competenza contrattuale alle
competenze negoziali.
1. Intendo proporre alcune rif‌lessioni sulla questione della nullità, ai sensi dell’artt.
40, comma 3, e 40-bis, comma 3, d.lgs. 165/2001, delle clausole di un contratto collet-
tivo integrativo. A tal f‌ine, focalizzerò l’attenzione su tre ambiti: il primo è relativo al
modello di contrattazione collettiva nel settore pubblico, caratterizzato, com’è noto, da
un elevato tasso di formalizzazione legislativa; il secondo riguarda recenti orientamenti
di alcune Sezioni Giurisdizionali regionali della Corte dei Conti che hanno af‌frontato,
sia pure ancora in modo embrionale, la questione che qualcuno ha già inteso def‌inire
come «danno da contrattazione collettiva»1; il terzo, ed ultimo, è dato dalla valutazione
in merito alla perdurante idoneità degli strumenti eteronomi di garanzia del coordina-
mento tra livelli contrattuali e all’impatto, reale o potenziale, degli orientamenti del
giudice contabili sul sistema generale di contrattazione collettiva.
2. Credo di poter af‌fermare, senza tema di smentita, che il tratto caratterizzante del
sistema contrattuale pubblico sia da individuare nell’attribuzione legislativa a favore del
contratto collettivo nazionale non solo di una evidente centralità sistemica, ma di una
ancor più pregnante funzione ordinante2. In ef‌fetti, è il contratto nazionale a: disciplina-
re i rapporti sindacali e gli istituti di partecipazione (art. 9); a def‌inire materie, limiti,
soggetti e procedure del contratto di secondo livello (art. 40, comma 3); a stabilire la
composizione degli organismi di rappresentanza unitaria del personale e le specif‌iche
modalità di elezione (art. 42, comma 4); a delineare, inf‌ine, le «nuove forme di parteci-
pazione (…) ai f‌ini dell’organizzazione del lavoro» (art. 44).
L’imputazione di tali funzioni all’esclusiva competenza del contratto nazionale con-
sente di individuare in questo la fonte (appunto: ordinante) del sistema contrattuale nel
suo complesso, e consente inoltre di proporre una retta interpretazione per due enuncia-
ti del legislatore della riforma altrimenti equivoci o, per altri versi, addirittura superf‌lui.
Il primo è relativo all’inciso secondo cui la contrattazione collettiva disciplina la durata
1 Così Schülmers 2007.
2 Continuo una traccia di rif‌lessione seguita in occasioni diverse. Mi sia perciò consentito, anche per più
puntuali indicazioni bibliograf‌iche, il rinvio ai seguenti testi: Viscomi 2008; Bellardi, Carabelli, Viscomi
2007; Viscomi 2004; Id. 1999; Viscomi, Zoppoli 1995. Ed inoltre Viscomi 2007, 47; Id. 2002, 165. Alla
bibliograf‌ia citata nei testi indicati adde ora Ales 2007, part. cap. V.
1296 Studi in onore di Edoardo Ghera
dei contratti, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli «in coerenza del
settore privato» (art. 40, comma 3, primo periodo). Il secondo riguarda la prevista atti-
vazione, da parte delle amministrazioni, di «autonomi livelli di contrattazione collettiva
integrativa» (art. 40, comma 3, secondo periodo).
Inserito in un contesto legislativo che attribuisce centralità sistemica e funzione
ordinante al contratto nazionale, il primo enunciato non può certo rinviare ad una coe-
renza mimetica tra sistema pubblico e sistema privato, dal momento che af‌fermare un
necessario isomorf‌ismo strutturale tra l’uno e l’altro settore vorrebbe dire, in ultima
istanza, negare lo spazio di autonomia altrimenti riconosciuto dalla legge alla dimensio-
ne collettiva. Esso, semmai, sembra da intendere sul piano funzionale, a stregua di ade-
guato e raf‌forzato riconoscimento del potere proprio dell’autonomia collettiva di darsi,
nel settore pubblico come in quello privato, autonome regole, ferma restando la vinco-
lante centralità legale del livello contrattuale nazionale3. Che poi, a questo livello, sia
preferita una articolazione rigida o una distribuzione f‌lessibile della competenze ovvero
un accentramento o un decentramento dei livelli regolativi è scelta da imputare radical-
mente all’autonomia decisionale delle parti negoziali.
Ciò considerando, acquista senso e signif‌icato anche il secondo enunciato, secondo
cui le amministrazioni attivano «autonomi livelli di contrattazione collettiva integrati-
va», dovendosi escludere f‌in da subito che l’autonomia sia da riferire al potere, per così
dire unilaterale, delle amministrazioni di individuare livelli di contrattazione autonomi
rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale, e potendosi semmai individuare in
essa l’af‌fermazione di uno spazio di libertà negoziale delle singole amministrazioni non
più vincolate né alle direttive di secondo grado dell’Aran in funzione della contrattazio-
ne decentrata4, né all’obbligo di stipulare un contratto di secondo livello, salvo quanto
stabilito in tema di retribuzione dagli artt. 2, comma 3, e 45 del d.lgs. 165.
In def‌initiva, è ragionevole af‌fermare che alla funzione ordinante del contratto na-
zionale si accompagna il carattere ordinato del secondo livello di contrattazione: ordo
ordinans il primo, ordo ordinatus il secondo. Le ragioni di questa scelta del legislatore
sono del tutto evidenti, e possono essere rappresentate con stringate considerazioni, se
solo si considera, per un verso, la spendita di risorse pubbliche e si rif‌lette, per altro ver-
so, sulla omogeneità delle funzioni pubbliche esercitate da amministrazioni pure tra loro
autonome sia sul piano giuridico-istituzionale che su quello organizzativo-gestionale.
Riguardata nella prima prospettiva, la funzione ordinante del contratto collettivo
acquista senso e pregnanza giustif‌icativa come strumento di gestione e controllo dei
f‌lussi f‌inanziari ovvero, più in generale, della spesa pubblica, anche in assenza di deriva-
zione centrale delle risorse. In ef‌fetti, com’è ben noto, il controllo della spesa pubblica
3 Peraltro, non può negarsi che tale centralità sia caratteristica propria anche del settore privato, come con-
seguenza delle autonome scelte degli attori negoziali.
4 Forse è opportuno ricordare che l’art. 50, comma 6, d.lgs. 2.2.1993 n. 29, nella versione originaria, pre-
vedeva: «Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi, nella contrattazione collettiva decentrata, dell’at-
tività di rappresentanza o di assistenza dell’agenzia, alle cui direttive sono tenute in ogni caso a conformarsi».
In considerazione di quanto scrive Ales (2007, 106 nt. 31), mi sia consentito segnalare che proprio a moti-
vo del venir meno di tali direttive esplicitamente parlavo della «inesistenza di vincoli esterni» in Viscomi
1999, 1276.

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