«Premorienza» dell'iscritto e destinazione delle risorse accumulate nelle forme pensionistiche complementari: cambiamenti legislativi e (perduranti) difficoltà interpretative

AutoreAngelo Pandolfo
Pagine807-831
Angelo Pandolfo
«Premorienza» dell’iscritto e destinazione delle risorse
accumulate nelle forme pensionistiche complementari:
cambiamenti legislativi e (perduranti) dif‌f‌icoltà interpretative
S: 1. La «premorienza» come evento rilevante nella previdenza complementare. - 2. Il mo dello
a cui ci si è inizialmente ispirati: l’art. 2122 c.c. - 3. Un confronto più nel dettaglio fra l’una e l’altra
disciplina (art. 2122 c.c. e ar t. 10, c. 3 -ter, d.lgs. 124/1993). - 4. Le forme pensionistiche indivi-
duali. - 4.1. La speciale disciplina delle forme pensionistiche individuali. - 5. La natura dell’acqui-
sto. - 6. L’unif‌icazione della disciplina ad opera del d.lgs. 252/2005 e la sua completezza. - 6.1. La
facoltà di riscatto è di estensione generale. - 6.2. Solo l’esercizio del diritto alla prestazione pensio-
nistica impedisce il riscatto. - 6.3. Interezza e frazionabilità della posizione individuale riscattabile.
- 6.4. I benef‌iciari della facoltà di riscattare. - 6.5. L’esclusione dello Stato. - 7. Non si ha modo di
pervenire ad af‌f‌idabili esiti interpretativi.
1. La vigente disciplina della previdenza complementare - concentrata nel d.lgs.
252/2005 - considera in diversi passaggi l’evento della morte dell’aderente ad un fondo
pensione1.
Il primo passaggio visualizza una situazione del seguente tipo: il fondo pensione
si fa direttamente carico del rischio della «premorienza» dell’iscritto, tanto da stipula-
re una polizza assicurativa costruita proprio pensando a tale rischio (art. 6, c. 5, d.lgs.
252/2005).
La legge parla di “premorienza”. La formula impiegata si spiega con il fatto che
l’evento considerato interviene prima del pensionamento2.
In un altro passaggio viene ugualmente trattata l’ipotesi della sopravvenienza della
morte dell’iscritto. Ciò con riferimento ai criteri di destinazione della somma accumu-
lata a suo nome presso il fondo per il caso di vita, ossia con lo scopo di formare un
1 Il punto di partenza, rappresentato dal d.lgs. 124/1993 nella versione originaria, ignorava l’ipotesi della
«premorienza» dell’iscritto e, almeno espressamente, non menzionava il trattamento di reversibilità. Non a
caso, quindi, si registravano opinioni diverse circa la possibilità di prestazioni di reversibilità da parte delle
forme pensionistiche complementari. Per l’esclusione di prestazioni del genere a stregua dell’iniziale quadro
normativo, cfr. Persiani 1994, 35 s. Contra Sandulli 1995a, 205 s.; Id. 1995b, 251, in base ad una “coordi-
nazione normativa” fra art. 1 e art. 7 del d.lgs. 124/1993 ritenuta giustamente “essenziale”; Cinelli 1995,
196, secondo il quale, anche se l’art. 7 del d.lgs. 124 «fa espresso riferimento soltanto alle pensioni comple-
mentari di anzianità e vecchiaia (…) tale riferimento non è in funzione di una tipizzazione degli eventi
protetti - la vecchiaia e l’anzianità di lavoro, appunto -, giacché (…) esso è giustif‌icato unicamente dall’in-
tendimento del legislatore delegato di def‌inire i requisiti di accesso alle specif‌iche prestazioni pensionistiche
suddette, dif‌ferenziati da quelli dell’assicurazione obbligatoria e, pertanto, resta rimessa alle parti costituen-
ti il fondo, insieme, alla def‌inizione della tipologia delle prestazioni pensionistiche, la def‌inizione dell’ambi-
to degli eventi protetti».
2 Dell’art. 6, c. 3, del d.lgs. 124/1993, di formulazione coincidente con la vigente previsione dell’attuale art. 6,
c. 5, d.lgs. 252/2005 dopo che fu riscritto dall’art. 3, c. 26, l. 335/1995, si è trattato come fonte della possibilità
di prevedere una tutela in caso di «(…) morte in costanza di rapporto di lavoro (…)»: così Ciocca 2004, 432.
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montate da trasformare in pensione complementare con cui far fronte al ben diverso
“rischio” della longevità (art. 14, c. 3, d.lgs. 252/2005).
Il terzo passaggio, a sua volta, considera l’ipotesi in cui la morte riguarda l’iscritto
che già fruisce della pensione complementare e, tratta, pertanto, di un’ipotesi in qualche
modo riconducibile alla pensione di reversibilità della previdenza pubblica/obbligatoria
di base (art. 11, c. 5, d.lgs. 252/2005).
Le prestazioni connesse alla prima e alla seconda ipotesi possono anche cumularsi.
Il fondo pensione, infatti, può aver stipulato un contratto assicurativo per il caso di
«premorienza» e, nel contempo, accumulare risorse da trasformare in pensione fruibile,
a tempo debito, dall’iscritto.
Stante questo assetto del fondo, la sopravvenienza della morte può rilevare ad un
duplice ef‌fetto, come fatto che, da una parte, rende attuale il rischio assicurato e, dall’al-
tra, blocca il processo di accumulo f‌inalizzato alla pensione complementare rendendo
attuale il problema della distribuzione di quanto già accantonato3.
Le prestazioni connesse alla terza ipotesi sono destinate, invece, ad operare da sole.
Il rischio della «premorienza», a cui sono legate le altre prestazioni, è superato dopo
che si è giunti all’esercizio del diritto alla pensione.
2. Ai due provvedimenti succedutisi nel ruolo di principale fonte dell’ordinamento
di settore - il d.lgs. 124/1993 come modif‌icato/integrato dopo qualche anno4 e il vigen-
te d.lgs. 252/2005 - è comune l’attenzione per la «premorienza» dell’iscritto ad una
forma pensionistica.
Prima di approfondire i contenuti regolamentari, in cui tale comune attenzione è
stata tradotta, è però utile trattare dell’istituto dell’indennità in caso di morte del lavora-
tore (art. 2122 c.c.).
Dopo le integrazioni apportate prima dalla l. 335/19955, poi dalla l. 144/
3 Con riferimento alle forme pensionistiche individuali di cui all’art. 9-ter del d.lgs. 124/1993, si è osserva-
to: «Come nei fondi pensione, se la polizza prevede una garanzia assicurativa di premorienza ai sensi dell’art.
6, 3° comma, la garanzia si sovrappone al riscatto per il caso di premorienza, non lo sostituisce, perché a
questo scopo è destinata una specif‌ica quota di premi versati, come tale sottratta alla gestione meramente
f‌inanziaria dei restanti premi»: così Volpe Putzolu 2004, 461.
4 Soprattutto ad opera, prima, della l. 335/1995 e, poi, del d. lgs. 47/2000.
5 In particolare, è stato l’art. 10, c. 1, l. 335/1995 ad aggiungere il c. 3-ter all’art. 10 del d.lgs. 124/1993.
Secondo Vianello 1996, 509 s., l’arricchimento del contenuto dell’art. 10 d.lgs. 124 ad opera della l.
335/1995 «(…) si inserisce nel dibattito concernente il carattere tassativo o esemplif‌icativo dell’art. 7, qui
rilevante specie con particolare riferimento alla asserita mancata previsione nel d.lg. n. 124 del 1993 di un
pensionamento di reversibilità». In realtà, essendo la pensione di reversibilità la prestazione che compete ai
superstiti del soggetto già pensionato, risulta dif‌f‌icile vedere un qualche collegamento fra (l’introduzione di)
un riscatto che precede il momento del pensionamento e la pensione di reversibilità. È piuttosto la pensione
indiretta, quale prestazione spettante ai superstiti del lavoratore assicurato ma non ancora pensionato, che
potrebbe vedersi come istituto ispiratore del riscatto attribuito ai familiari in caso di decesso «prima del
pensionamento per vecchiaia». Sennonché, a parte la diversità delle due prestazioni (la prima in rendita e la
seconda in capitale), la pensione indiretta è espressione eminente della solidarietà redistributiva tipica dei
regimi pubblici/obbligatori; il riscatto attribuito ai familiari è, invece, anch’esso espressione del principio di
corrispettività che il d.lgs. 124/1993, non contraddetto in questo dalla l. 335/1995, ha f‌in dall’inizio enun-

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