Sicurezza sul lavoro: controllo e partecipazione sindacale tra iure condito e de iure condendo

AutoreMaurizio Ricci
Pagine981-997
Maurizio Ricci
Sicurezza sul lavoro: controllo e partecipazione
sindacale tra iure condito e de iure condendo*
S: 1. Premessa; - 2. Brevissime note sulle fonti normative; - 3. Il ruolo della contrattazione collet-
tiva; - 4. Lo stato di attuazione del sistema di controllo e partecipazione sindacale; - 5. Controllo e
partecipazione nella legge 123/2007; 6. Alcune osservazioni conclusive
1. Nel corso dell’ultimo ventennio, la sicurezza sul lavoro è stata «investita» da una
pluralità di interventi normativi1, tutti derivanti dalla recezione di direttive comunitarie,
tanto che, oltre a segnalare il forte processo di «comunitarizzazione» della disciplina2, si
è parlato di un «movimento tellurico» e di «una svolta epocale»3 rispetto al passato.
Ormai a dieci anni dall’entrata in vigore generalizzata del d.lgs. n. 626/1994, è possi-
bile tracciare un primo, seppur provvisorio, bilancio sul cambiamento delle regole in tema
di sicurezza sul lavoro nel nostro ordinamento e soprattutto sugli ef‌fetti indotti.
Se si parte dai dati relativi agli infortuni sul lavoro, nel periodo in esame il fenome-
no degli infortuni denunciati si è mantenuto su livelli sostanzialmente stazionari (da
quasi 1.100.000 casi nel 1997 a 1.046.102 nel 2006), così come quello dei decessi (da
1.344 a 1.302).
Numerosi sono i fattori sottesi agli infortuni: dall’utilizzo di particolari sostanze
o dall’esposizione a determinate condizioni di lavoro alla forte dif‌fusione del lavoro
nero e di quello precario4; dai processi di riorganizzazione industriale (e al conseguen-
te decentramento produttivo, che fa entrare in un sistema d’impresa persone alla loro
prima esperienza, spesso “improvvisatisi” imprenditori, che non hanno una formazio-
ne tecnico-manageriale e che non conoscono i pericoli di macchine e ambienti) all’in-
tensif‌icazione dei ritmi di lavoro con un forte ricorso allo straordinario e una crescita
occupazionale quasi assente; dal notevole ricorso ai lavori in appalto e in subappalto,
favorito anche dai dd.lgss. nn. 276/2003 e 251/2004, e dagli eccessivi ribassi d’asta
alle carenze nella progettazione5 degli ambienti di lavoro; dallo scorretto uso di appa-
recchiature, di utensili e di macchine alla forte presenza di lavoratori migranti e alla
* L’articolo riproduce, con alcune integrazioni e note, il testo della relazione al Convegno “Ambiente e sicu-
rezza sul lavoro. Quali tutele in vista del Testo Unico?”, organizzato dal Dipartimento di Analisi dei Sistemi
Economici e Sociali dell’Università del Sannio, (Benevento, 9 novembre 2007).
1 Sull’importanza delle direttive comunitarie nella riregolazione della normativa cfr. già: Biagi 1991; Franco
1993, 209 ss.; Aparicio Tovar 1996, 567 ss.; Caruso 1997a, 435 ss.; Roccella, Treu 2007, 287 ss. e Arrigo
2007, 5 ss.
2 D’Antona 1996, 19 ss.
3 Natullo 1996, rispettivamente 666 e 691.
4 Sui limiti della rappresentanza sindacale dei lavoratori atipici, cfr. per tutti Voza 2004, 150 ss., nonché
Bellardi 2005, 263 ss.
5 Per esempio, le scelte archite ttoniche e/o orga nizzative non adeg uate o una care nte pianif‌icazione dei
lavori all’att o della progettazione dell’opera inf‌luiscon o per oltre la m età degli infortuni del lavoro. Tale
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“particolarità” del lavoro autonomo, non sempre frutto di una libera scelta, nonché al
degrado del territorio e dell’ambiente con una signif‌icativa (talvolta) presenza di ille-
galità e criminalità organizzata: tutti elementi, questi, riscontrabili nel nostro sistema
economico, tali da escludere che l’infortunio possa essere considerato come una “fata-
lità” o come un “inevitabile tributo” al lavoro.
Volendo ricavare una prima osservazione in merito ai dati statistici, la normativa
per la sicurezza non pare aver inciso in modo apprezzabile sul miglioramento della sicu-
rezza sul lavoro, in quanto il numero degli infortuni non è diminuito in modo realmen-
te signif‌icativo.
2. L’importanza dell’intervento legislativo sull’ambiente di lavoro, negli ultimi anni,
può essere riscontrata nell’evoluzione operata rispetto al contenuto dell’art. 2087 c.c.:
anzi, da questo punto di vista, il decreto n. 626 rappresenta una procedimentalizzazione
dell’obbligo di sicurezza, di cui all’art. 20876, con uno «spostamento dell’attenzione
dalle regole agli strumenti operativi»7, per consentirne il controllo da parte dei titolari
degli interessi protetti (i lavoratori). Lo stretto collegamento tra i citati testi legislativi è
più facilmente individuabile all’art. 3 dello stesso decreto, valutabile quale una «riespli-
citazione dei contenuti della norma codicistica»8.
Come è noto, l’art. 2087 c.c. è una disposizione che, esaltata nel suo ruolo di prin-
cipio generale dell’ordinamento e di norma di chiusura del sistema di sicurezza9, si è
confermata, nel corso degli anni, un utile strumento prezioso nelle mani della giurispru-
denza, che ne ha saputo apprezzare «l’indole versatile e polifunzionale»10, facendone una
vera e propria norma di chiusura anche del sistema penale11. Una norma, questa, «per-
fetta e aperta ai mutamenti economico-sociali», che ha saputo trarre dalla Costituzione
«nuova linfa e potenzialità espansive»12.
La disposizione codicistica, posta al centro del sistema prevenzionale in virtù
dell’elasticità del suo contenuto, può essere considerata contemporaneamente quale
punto di partenza e di arrivo. Infatti, per un verso, fornisce le coordinate sulle quali si
innesta la legislazione speciale “tecnica”; per un altro, rappresenta un punto di arrivo, in
quanto destinata «a riempire i vuoti o a sanare le fratture del sistema»13.
Inoltre, sottolinea con forza l’implicazione della persona nella prestazione lavorati-
va; ciò emerge sia dalla f‌inalità, sia dai parametri impiegati per raggiungere questo obiet-
tivo (particolarità del lavoro, esperienza e tecnica), dai quali deriva l’obbligo non solo di
rispettare condizioni e limiti imposti da leggi e regolamenti per la prevenzione degli in-
dato, già d i per sé allarmante, è tanto più grave, ove si pensi che è riferito a tutti i paesi della Comunità
europea (cfr. GUCE L. 245, 26.8.1992).
6 Cosio 1995, I, 431.
7 Focareta 1995, 8.
8 Romei 1997, 62.
9 Smuraglia 1974, 61 ss. e 81 ss.
10 Di Giovine 2003, 76.
11 Pulitanò 1992, 110 e 111.
12 Montuschi 2001, 502.
13 Montuschi 1976b, 76 e 78.

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