La disciplina dell'apprendistato professionalizzante nella legislazione regionale

AutoreMassimo Roccella
Pagine999-1021
Massimo Roccella
La disciplina dell’apprendistato professionalizzante
nella legislazione regionale
S: 1. Introduzione. - 2. La tipologia della legislazione regionale in materia di apprendistato. - 3.
L’individuazione delle nozioni-chiave. - 4. I contenuti più signif‌icativi. - 5. Un «mondo a parte»:
la regolamentazione dell’apprendistato nella Provincia di Bolzano. - 6. Il riparto di competenze
in materia di formazione nell’apprendistato professionalizzante: questioni aperte.
1. La disciplina dell’apprendistato dettata dal d.lgs. 10.9.2003, n. 276, in attuazio-
ne della delega di cui all’art. 2 della l. 14.2.2003, n. 30, rappresenta, con particolare ri-
guardo a quell’apprendistato professionalizzante, f‌igura centrale della nuova regolamen-
tazione, su cui maggiormente convergono l’interesse e le aspettative di imprese e
lavoratori, una chiarissima conferma, ove mai ce ne fosse stato bisogno, di quanto ampio
sia lo spazio che separa il dire dal fare, le intenzioni dalla loro traduzione operativa: so-
prattutto allorché le prime appaiano legate ad un’impostazione ideologica ampiamente
disfunzionale rispetto alla materia del contendere.
L’ideologia disattesa dalla c.d. «legge Biagi» (intendendosi con questa espressione
sintetica il complesso normativo costituito dalla l. n. 30/2003 e dal d.lgs. n. 276 dello
stesso anno), com’è agevolmente intuibile, è quella del federalismo nel diritto del lavoro.
Va ricordato, infatti, che la XIV legislatura s’era inaugurata con la pubblicazione di un
ben noto documento, di fonte governativa, nel quale l’apertura di credito nei confronti
di una prospettiva “federalista” di regolazione delle questioni attinenti alla materia del
lavoro risultava disegnata a 360 gradi. Secondo gli estensori del Libro bianco, invero, a
fronte del riparto di competenze legislative fra stato e regioni tracciato dall’attuale art.
117 cost. (frutto della riforma costituzionale, appunto, “federalista” del 2001), «l’intera
disciplina del lavoro dipendente […] avrebbe dovuto ritenersi attribuita alle Regioni»
Per sgombrare il campo da equivoci, ci si preoccupava di precisare che «la potestà legi-
slativa concorrente delle Regioni riguarda non soltanto il mercato del lavoro, in una lo-
gica di ulteriore raf‌forzamento del decentramento amministrativo in atto, bensì anche la
regolazione dei rapporti di lavoro, quindi l’intero ordinamento del lavoro» (c.m.): aggiun-
gendo che simile «occasione di modernizzazione» non poteva essere lasciata cadere, tan-
to più che sul prospettato riparto di competenze legislative fra stato e regioni in materia
di lavoro non potevano «esservi dubbi di sorta»1.
Da molti dubbi, viceversa, devono essere stati colti proprio gli estensori della «legge
Biagi»: smaltita tempestivamente la sbornia ideologica, forse anche su pressione delle
parti sociali, verosimilmente assai poco disponibili a riconoscere la praticabilità e l’utili-
tà di un diritto del lavoro a macchia di leopardo, la nuova disciplina del mercato del la-
voro, che ha preso corpo nel corso del 2003, è stata infatti costruita con l’evidente pre-
1 Tutte le citazioni sono tratte da Ministero del lavoro 2001, 28, 29 datt.
1000 Studi in onore di Edoardo Ghera
occupazione di mantenere ferma, per tutti gli aspetti più rilevanti, una regolazione
unitaria di fonte statale. Per quanto qui interessa, in particolare, va sottolineato che
l’«accoglimento di un’opzione federalista soft»2 ha riguardato anche l’apprendistato: ov-
vero un istituto per la cui regolamentazione si trattava di fare i conti, più ancora che con
la competenza legislativa regionale concorrente in materia di «tutela e sicurezza del lavo-
ro» (ex art. 117, c. 3, Cost.), con quella residuale (esclusiva) delle regioni stesse nell’area
della formazione professionale3.
Quel tanto di articolazione “federalista” che si rintraccia nella disciplina del nuovo
apprendistato (nell’art. 49, c. 5, d.lgs. n. 276/2003 per quanto riguarda quello profes-
sionalizzante) ha comunque sicuramente contribuito in misura decisiva a rallentare il
processo di consolidamento dell’istituto: non a caso la questione dell’intreccio delle fon-
ti (legge statale, “regolamentazione” regionale, contrattazione collettiva di vario livello),
su cui si è concentrata l’attenzione di tutti i primi commentatori4, appare ancora oggi «il
nodo più intricato e dif‌f‌icile da sciogliere»5.
La dif‌f‌icoltà permane anche dopo la pronuncia, con la quale la Corte costituziona-
le ha respinto i ricorsi presentati da alcune regioni, che lamentavano la violazione delle
proprie competenze legislative da parte del legislatore nazionale6. La Corte, com’è noto,
«ha fatto strame»7 della quasi totalità delle censure proposte nei confronti dell’impianto
regolatorio della «legge Biagi». Almeno per quanto riguarda la questione del riparto di
competenze in materia di apprendistato, ad ogni modo, appare improntato ad un ecces-
so di ottimismo l’assunto che con quella sentenza sia stato sgombrato «il campo da ogni
incertezza circa gli assetti di disciplina previsti dal legislatore nazionale»8: se ogni incer-
tezza in proposito fosse stata davvero superata, del resto, non si comprenderebbe perché
il governo abbia ritenuto di dover impugnare innanzi alla Corte costituzionale diverse
normative regionali proprio perché considerate esorbitanti l’ambito di competenza rico-
nosciuto al legislatore regionale.
L’elemento fondamentale di chiarezza apportato dalla Corte costituzionale,
l’argine insormontabile nei confronti delle suggestioni “federaliste” del Libro bianco,
è certamente riconoscibile nell’af‌fermazione che «la disciplina intersoggettiva di
qualsiasi rapporto di lavoro […] rientra nella materia “ordinamento civile”, di
competenza esclusiva dello stato»9. L’indicazione riguarda anche l’apprendista -
2 Guarriello 2004, 272.
3 Va rammentato, per la verità, che nella prima versione dello schema di decreto legislativo, attuativo della
l. n. 30, si prevedeva che l’intera disciplina dell’apprendistato, compresi i prof‌ili attinenti alla regolazione del
rapporto di lavoro, sarebbe stata devoluta alle regioni (Guarriello 2004, 272; Garofalo 2005, 6): simile
impostazione, peraltro, non ha poi lasciato traccia di sé nel testo del d.lgs. n. 276/2003.
4 Il lavoro più specif‌ico sul tema è quello di Orlandini 2004. Cfr. anche, fra i tanti, D’Onghia 2004, 279
ss.; Lof‌fredo 2004, 494 ss.; Zoppoli 2004, 546 ss.; Guarriello 2004, 282 ss.; Garofalo 2004, 602 ss.; Men-
ghini 2004, 212 s.; Bellocchi 2004, 584 ss.; Loy 2005, 485 ss.
5 Ballestrero 2006, 88.
6 C. Cost. 13.1.2005 n. 50, ADL, 2005, 391 ss. La sentenza è stata ampiamente, e variamente, commen-
tata: v., fra i tanti, Albi 2005; Garilli 2005; Pessi 2005; Salomone 2005, 189 ss.; Servello 2005.
7 Garilli 2005, 441.
8 Tiraboschi M. 2006, 370.
9 C. Cost. 13.1.2005 n. 50, cit. a nt. 6, 398. Per questo cruciale aspetto l’orientamento della Corte appare
ormai consolidato: v. infatti la successiva C. Cost. 14.10.2005 n. 384, ADL, 2006, 187 ss. (a proposito

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