Debolezza contrattuale, asimmetrie informative e derogabilità assistita

AutoreRoberto Voza
Pagine1319-1336
Roberto Voza
Debolezza contrattuale, asimmetrie informative
e derogabilità assistita
S: 1. Premessa: l’inderogabilità come attributo genetico del diritto del lavoro. - 2. La compressione
della facoltà del lavoratore di disporre dei propri diritti. - 3. Il consenso assistito nelle rinunce e tran-
sazioni. - 4. Patti in deroga, individualismo responsabile e declino dell’interesse collettivo.
1. Se solo si sof‌f‌ia sulla coltre di polvere che abitualmente la ricopre, l’inderogabili-
tà af‌f‌iora quale attributo genetico del diritto del lavoro, in ragione di f‌inalità che «tra-
scendono gli interessi dei singoli»1, e – per questo – si impongono nei confronti della
libertà negoziale.
Irrompendo in un ambiente giuridico ancora ostile ad accettare una soluzione ete-
ronoma ai conf‌litti interprivati, le prime leggi sociali portavano un marchio che le acco-
munava, rendendole facilmente riconoscibili nel panorama giuridico dell’età liberale.
Era la cogenza delle loro norme, «f‌igura scomoda in un contesto teorico, come quello di
inizio secolo, ancorato al dogma dell’autonomia contrattuale»2, e in un ordinamento
giuridico che, pur menzionando l’illiceità della causa per contrarietà alla legge, al buon
costume o all’ordine pubblico (art. 1122 c.c. previgente), non conosceva ancora una
norma dedicata più genericamente al contratto posto in violazione di norme imperative3
(quale quella contenuta nell’attuale art. 1418 c.c.).
Per quanto timida e frammentaria, quella legislazione cominciava ad inoculare
nell’ordinamento i germi del «conf‌litto tra il principio di libertà (astratta) ed eguaglian-
za (formale), proprio della tradizione privatistica e quello di autorità (in nome di un
interesse generale, altrettanto astratto e formale), della tradizione pubblicistica»4.
Fu tale contraddizione (rectius: ambivalenza) a risvegliare l’attenzione della scienza
giuridica, di per sé «quasi indif‌ferente» ai problemi del lavoro, perché «imperturbabil-
mente borghese»5. Infatti, la legislazione in materia di lavoro sembrava rappresentare
«una sorta di cuneo capace di mettere in crisi la tradizionale distinzione diritto pubblico/
diritto privato»6, nei termini consacrati dalla Rivoluzione francese e, quindi, dalla lotta
contro le indebite ingerenze del Sovrano nella sfera di libertà dell’individuo.
Ciò che rendeva evanescente quella linea di conf‌ine era proprio la natura inderoga-
bile di provvedimenti legislativi, dettati sì da ragioni di ordine pubblico, ma – al con-
tempo – gravidi di rif‌lessi all’interno della dinamica contrattuale di una relazione fra
privati.
1 Levi Sandri 1983, 8.
2 De Luca Tamajo 2003, 547.
3 Villa 1993, 26, nonché Albanese 2003, 113.
4 Garofalo 1999, 456.
5 Carnelutti, 1913, XII.
6 Marchetti 2006, 24.
1320 Studi in onore di Edoardo Ghera
Insomma, se nel liberalismo classico, il regno del comando eteronomo è rappresen-
tato dal diritto pubblico, in contrapposizione all’area del mercato, consegnata alla capa-
cità (auto) normativa dei privati, il gioco si “spariglia” quando l’ordinamento pretende
di regolare la sfera dei rapporti inter-privati, al f‌ine di conseguire un dato assetto del
mercato: ne deriva l’alterazione di «uno dei tradizionali postulati dello Stato di diritto,
cioè la separazione tra la politica e l’economia, tra la sfera privata e la sfera pubblica»7.
Nella sua evoluzione successiva, il diritto del lavoro mantiene, anzi consolida, la
propria innata vocazione a porsi «come consapevole conf‌ine alla libertà contrattuale di
diritto comune»8.
Già al tempo della incorporazione del diritto del lavoro nel codice civile, l’indero-
gabilità poteva ormai considerarsi come un principio sistematico della nostra materia,
avendone accompagnato la genesi e lo sviluppo.
Infatti, ogniqualvolta manchi un’espressa indicazione (attraverso svariate formule)
che sancisca la prevalenza della fonte eteronoma sulla concorrente regola negoziale, l’in-
derogabilità del diritto del lavoro – come è stato ampiamente e autorevolmente argo-
mentato – trova il suo fondamento (e la sua giustif‌icazione) nel tipo di interessi tutelati
e quindi nei f‌ini perseguiti dalla norma, secondo un metodo teleologico largamente
impiegato nella nostra materia9.
Si tratta di un criterio ermeneutico di portata generale, essendo corretto identif‌ica-
re la norma inderogabile con quella che disciplina interessi sovraindividuali10, rintraccia-
bili anche al di fuori del diritto del lavoro: quest’ultimo – semmai – si caratterizza per la
frequenza di disposizioni preordinate alla tutela di interessi di questa natura, tanto da
rendere regola, ciò che altrove costituisce eccezione11 (per quanto schematica sia divenuta
– nel corso del tempo – una simile contrapposizione12).
Recentemente, tale prospettiva è stata sottoposta a revisione critica da parte di chi ha
rivendicato l’esistenza di norme imperative non giustif‌icabili in termini di utilità generale,
perché dettate a tutela di un interesse di pertinenza esclusiva del singolo contraente, assun-
to unicamente nella sua posizione di debolezza nei confronti della controparte.
Così, in assenza di una def‌inizione legale, il fondamento unitario della norma im-
perativa è stato ricostruito in ragione, non della natura dell’interesse tutelato, ma delle
conseguenze giuridiche previste dalla legge in caso di violazione della norma stessa, ossia
della nullità delle dif‌formi pattuizioni negoziali13. Sotto questo prof‌ilo, si è osservato
come il regime della nullità, tradizionalmente chiamato a salvaguardare interessi genera-
li, risulti ormai sempre più preordinato alla protezione dei soggetti deboli (perché appar-
7 Barcellona 1973, 99.
8 Cazzetta 2007, 145.
9 Come osserva, di recente, Novella 2004, 119. Il riferimento, per eccellenza, è a De Luca Tamajo 1976,
20, ma v., pure, D’Antona 1994, 46; Smuraglia 1971, 752; Napoletano 1953, 75.
10 Villa 1993, 87; cfr., pure, Galgano 1998, 80-85.
11 Ferri 1970, 138-139; De Luca Tamajo 1976, 49; più di recente, Pellacani 2002, XVI e Hernandez 2003,
20.
12 Basti pensare, solo per menzionare un esempio tra i più recenti, al massiccio impiego della tecnica della
inderogabilità all’interno del Codice del consumo (d.lgs. 6.9.2005, n. 206).
13 Albanese 2006, e, più ampiamente, Id. 2003, cap. I.

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