Sponsalia nelle differentiae di Modestino

AutoreMaria Casola
Pagine29-48
MARIA CASOLA
SPONSALIA NELLE DIFFERENTIAE
DI MODESTINO
S: 1. Età del fidanzamento. – 2. L’età del fidanzamento al tempo di Augu-
sto. – 3. L’età del fidanzamento secondo Modestino. – 4. A primordio aetatis. –
5. Si modo id fieri ab utraque persona intellegatur. – 6. Id est, si non sint mino-
res quam septem annis. – 7. Il contesto delle differentiae.
1. Il fidanzamento ed il matrimonio in quasi tutte le culture giuridiche
tendono ad essere monopolio delle famiglie. In Roma si riconobbe ampio
spazio alle scelte delle famiglie effettuate con le logiche proprie di esse, le
quali dipendevano dai poteri riconosciuti al pater1.
Il che non impedì che la familia fosse considerata nel complesso del con-
testo socio politico che confluiva nella res publica populi romani. Fu artico-
lata una visione che collocava la vita dell’uomo in una successione di aggre-
gati progressivi interconnessi, come centri concentrici, che si allargano man
mano che si passa dalla considerazione del singolo a quella della Civitas2.
1 Dalla copiosissima bibliografia v., riguardo al diritto romano, F. S, Diritto privato eco-
nomia e società nella storia di Roma 1, Jovene, Napoli, 1984, partic. p. 181 ss..
2 Lucide ed incisive sono, in tal senso, le considerazioni di Cicerone: Cic., De off. 1. 17. 53-54:
Gradus autem plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa infinita discedatur, proprior est eiu-
sdem gentis, nationis, linguae qua maxime homines coniunguntur; interius etiam est eiusdem esse
civitatis: multa enim sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudi-
cia, suffragia, consuetudines praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque con-
tractae. Artior vero colligatio est societatis propinquorum; ab illa enim immensa societate humani
generis in exiguum angustumque concluditur. 54: Nam cum sit hoc natura commune animantium,
ut habeant libidinem procreandi, prima societas in ipso coniugio est, proxima in liberis, deinde una
domus, communia omnia; id autem est principium urbis et quasi seminarium rei publicae. Sequun-
tur fratrum coniunctiones, post consobrinorum sobrinorumque, qui cum una domo iam capi non
possint, in alias domos tamquam in colonias exeunt. Sequuntur conubia et affinitates ex quibus
etiam plures propinqui; quae propagatio et suboles origo est rerum publicarum. Sul brano e, più in
generale sul punto, per tutti, v. S. T, Famiglia e matrimonio: le radici romanistiche, in Rodiz-
na i spoleczenstwo wczoraj i dzis. Atti del Convegno svoltosi a Bialystok nel novembre del 2004
sulla Famiglia [cur. F. Lempa e S. Tafaro], Temida 2, Bialystok, 2006, p. 11 ss..
30 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno III
Tale concezione comportò una necessaria condivisione delle finalità della
Civitas da parte delle famiglie, imponendo loro vincoli di diversa natura, che
crebbero nel corso della storia di Roma, determinando tensioni tra i padri che
volevano essere i soli arbitri dei componenti della propria familia e la Città
che tendeva a proporsi ai cives attraverso un rapporto diretto, prescindente il
più possibile dalla mediazione dei patres3.
Ciò si rifletté in misura considerevole nella disciplina del fidanzamento e
del matrimonio, poiché mentre i padri tendevano a finalizzare i legami per
creare legami con altre famiglie, la Civitas aveva come obiettivo primario la
propria ‘crescita’ e riconosceva legittimità alle unioni solo se in grado di as-
sicurare la procreazione, essenziale alla finalità centrale della comunità:
l’augescere4.
Punto cruciale delle scelte che ne conseguirono doveva necessariamente
essere la definizione dell’età degli sposi o dei nubendi.
Per il matrimonio infatti fu richiesto il raggiungimento di un’età minima,
coincidente con la pubertà e/o con il quattordicesimo anno per gli uomini ed
il dodicesimo anno per le donne e sembra che la richiesta di essa risalga ad
età risalente dell’età repubblicana5.
Diversamente sembra che per i fidanzamenti la fissazione di un’età mini-
ma sia avvenuta solo molto tardi. Ma al riguardo le stesse fonti romane appa-
iono di difficile lettura ed hanno generato interpretazioni contrastanti nella
romanistica.
Le fonti pervenuteci sono di epoca relativamente tarda e si riducono ad
una affermazione di Dione Cassio, ripresa da Zonara, e ad un notissimo e
disputatissimo frammento del Digesto, tratto dalle differentiae di Modestino.
Dione affermava che per le donne al tempo di Augusto l’età del fidanza-
mento fu fissata al compimento del decimo anno.
Modestino dà una differente indicazione, stante alla quale l’età non sareb-
be stata stabilita; tuttavia sarebbe stata richiesta la capacità di comprensione
da parte degli sposi dell’atto che dovevano compiere, la quale si sarebbe rite-
nuta raggiunta a sette anni.
Le letture dei due brani hanno dato luogo ad interpretazioni divergenti;
poiché le discussioni sorte intorno ad essi non possono dirsi ancora sopite,
non appare oziosa la loro rivisitazione.
2. Dione Cassio riferisce che Augusto estese i benefici previsti dalle sue
leggi per gli ammogliati anche ai fidanzati. In seguito però si accorse che i
suoi contemporanei ricorrevano a fidanzamenti con fanciulle lontane dall’età
matrimoniale al solo scopo di usufruire del regime favorevole previsto per gli
3 V. S. T, Pubes e viripotens nella esperienza giuridica romana. Cacucci, Bari, 1988, p.
143 ss..
4 V. S. T, Famiglia e matrimonio: le radici romanistiche, op. cit., p. 27 ss. ed ivi bibl..
5 Le fonti che depongono in tal senso sono molte ed in equivoche e vi è una copiosissima lette-
ratura, riguardo alla quale rinvio a S. T, Pubes e viripotens, op. cit., p. 157 ss..

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