Imporre una fede religiosa è maltrattamento in famiglia. Famiglia, libertà e religione nella società d'oggi

AutoreRaffaella Losurdo
Pagine139-154
RAFFAELLA LOSURDO
IMPORRE UNA FEDE RELIGIOSA
È MALTRATTAMENTO IN FAMIGLIA.
FAMIGLIA, LIBERTÀ E RELIGIONE
NELLA SOCIETÀ D’OGGI
S: 1. La sentenza 64/2010 e la fattispecie giuridica oggetto della stessa. –
2. Libertà religiosa e famiglia. – 3. Libertà religiosa e nuovi modelli familiari.
1. I giudici della Corte di Cassazione, investiti della questione che concer-
neva un Testimone di Geova che pretendeva di imporre il proprio credo reli-
gioso alla moglie hanno asserito che «obbligare il coniuge ad abbracciare una
scelta di fede nella quale non si riconosce equivale a maltrattarlo», ovvero
«l’imposizione ad altri delle proprie convinzioni religiose» costituisce una
«condotta consapevolmente antigiuridica», un comportamento illecito perse-
guibile ex art. 572 c.p. che punisce i maltrattamenti in famiglia. La vicenda è
purtroppo finita tragicamente con la morte della donna, ma il marito omicida
è stato condannato anche a norma del suddetto art. 572 c.p. (maltrattamenti in
famiglia: un reato che prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni).
L’imputato ha tentato di difendersi sostenendo che la visione dei rapporti
familiari interna alla sua confessione religiosa è «caratterizzata da un rappor-
to di coppia basato sulla supremazia dell’uomo» e che, quindi non si potreb-
be parlare di imposizione, ma di normali regole su cui si fonda il rapporto tra
coniugi «alla luce dell’adesione a quella visione di vita». Dunque, l’imputato
riteneva assolutamente normale l’imposizione alla donna del proprio credo
religioso, non riuscendo a ravvisare in ciò nulla di illecito.
Tale tesi difensiva appare debole anche nel contenuto religioso, poiché i
Testimoni di Geova condannano ogni tipo di violenza fisica, verbale e psico-
logica e ritengono che nell’ambito familiare ciascuno sia libero di professare
la propria religione, come si evince dalle pubblicazioni degli stessi: «L’esem-
pio di Gesù insegna ai mariti che l’autorità cristiana non conferisce un potere
dispotico. Implica invece rispetto e amore altruistico» e ancora «Se tua mo-
glie ha una fede diversa dalla tua, cerca in modo particolare di mostrarle ri-
spetto e di tenere conto dei suoi sentimenti»1.
1 Cfr. La Torre di Guardia, 15 luglio 2009, p. 8 e Il segreto della felicità familiare, p. 132.
140 Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto — Anno III
La Suprema Corte ha stabilito il diritto della persona di autodeterminarsi
per quanto riguarda la sfera religiosa. Ha conseguentemente affermato che il
proselitismo è la libertà di manifestare la propria fede, ma non certo di im-
porla con forza. Il diritto alla libertà religiosa, come sancito dall’art. 19 Cost.,
stabilisce che ciascuno può liberamente professare la propria fede e farne
propaganda, ma la Corte di Cassazione nella sentenza in esame ha posto un
limite: la religione non si può imporre.
La pronuncia n. 64/2010 assume rilevanza, perché insegna che attraverso
il credo religioso la personalità dell’individuo può esprimersi nelle sue diver-
se forme e possibilità ed è, quindi, necessario che non ci siano forzature,
soprattutto all’interno della famiglia, quale luogo in cui il carattere e la per-
sonalità dell’individuo si formano.
L’art. 572 del Codice penale disciplina il reato di “Maltrattamenti in fami-
glia o verso fanciulli” e stabilisce che «chiunque (…) maltratta una persona
della famiglia, o un minore degli anni 14, o una persona sottoposta alla sua
autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza
o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la
reclusione da uno a cinque anni»; se dal fatto derivano lesioni personali o la
morte, la pena è aggravata.
La famiglia diventa, in alcuni casi, scenario di violenze e maltrattamenti
che comportano la lesione di diritti personalissimi di rilevanza penale, oltre
che ledere l’osservanza dei diritti e l’adempimento dei principali obblighi
nascenti dal matrimonio. Tale fenomeno ha una portata piuttosto ampia e ri-
guarda numerosi beni giuridici penalmente rilevanti, quali ad esempio l’ono-
re e la libertà morale e diversi soggetti passivi appartenenti alla compagine
familiare.
La norma testé citata è contenuta nel Capo IV del Titolo XI del Codice
penale, che si occupa dei delitti contro l’assistenza familiare e, precisamente,
l’art. 570 c.p. tutela la famiglia nel suo complesso, disciplinando la violazio-
ne degli obblighi di assistenza familiare, l’art. 571 c.p. punisce l’uso dei
mezzi di correzione o di disciplina, gli artt. 573 e 574 c.p. si occupano della
sottrazione consensuale di minorenni e di persone incapaci. L’art. 572 c.p.
secondo l’interpretazione attualmente prevalente2, oltre a tutelare la famiglia,
quale bene giuridico di categoria, tutela anche «l’integrità psicofisica del
soggetto passivo». Altra corrente interpretativa ritiene, invece, che i maltrat-
tamenti ledano l’intera personalità dell’individuo – in quanto ripetuti nel
tempo – che diventa dunque il vero bene giuridico tutelato3.
L’art. 572 c.p., come si dirà meglio in seguito, si riferisce alla famiglia
intesa non solo come famiglia tradizionale, ma anche come famiglia di fatto,
non essendo fondamentale il riconoscimento civile dell’unione, ma l’esisten-
za di relazioni e rapporti umani giuridicamente rilevanti, indipendentemente
2 Cfr. in Giurisprudenza: Cass. Pen. del 9.1.1992, in Riv. Pen., 1992, p. 651 ss. e Cass. Pen. del
16.10.1990, in Riv. Pen., 1991, pp. 712-713.
3 A. G, I maltrattamenti del coniuge, in Altalex, 30 luglio 2005.

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