Francesco Carnelutti e la procedura civile

AutoreFranco Cipriani
Pagine1793-1811
Franco Cipriani
Francesco Carnelutti e la procedura civile
S: 1. Premessa. – 2. Il libro su La prova civile per la cattedra di Padova. – 3. La fondazione della
“Processuale” con Chiovenda. In nota: una lettera del 1921 a Calamandrei. – 4. Il Progetto del 1925-
26. – 5. Le precoci onoranze a Chiovenda e gli attacchi di Calamandrei in Germania e sul concetto di
“lite” in Italia. – 6. Lo scavalcamento a sinistra del 1936 sulla concezione pubblicistica del processo.
– 7. Dalle Lezioni al Sistema (alle Istituzioni e a Diritto e processo). – 8. La rivendicazione della pater-
nità del nuovo c.p.c. e del giudice istruttore. – 9. Le recensioni. – 10. Il lungo contrasto con Calaman-
drei. – 11. La difesa del codice, il passaggio alla Procedura penale e l’isolamento nale.
1. È per me una sfortuna e al contempo una fortuna prendere la parola quasi alla
ne di questa “Giornata in memoria di Francesco Carnelutti”, quando hanno già parla-
to quasi tutti i relatori. Una sfortuna perché è inevitabile che siano fatti dei paragoni e
ho idea che non torneranno certo a mio favore; una fortuna perché, dopo tutto quello
che si è detto stamattina e oggi pomeriggio, si sarà sicuramente capito, per l’eventualità
non lo si fosse saputo, che Francesco Carnelutti non è stato soltanto un processualcivili-
sta, ma uno studioso che si è occupato, e ad altissimo livello, di una pluralità di discipli-
ne, un gigante del pensiero e dell’azione, una personalità impetuosa e straripante, uno
dei più grandi oratori di tutti i tempi, un avvocato tuttora celeberrimo, un giurista, in-
somma, che ha dominato la scena accademica e giudiziaria italiana per 65 anni e che ci
ha donato opere che sono tuttora fondamentali.
2. Con questa premessa, dovendo qui occuparmi soltanto del Carnelutti processual-
civilista, è il caso che io ricordi subito che egli, pur avendo scritto molti libri di procedura
e pur avendo insegnato per molti anni dapprima “Procedura civile e ordinamento giudi-
ziario” e poi “Diritto processuale civile”, non nacque processualcivilista, non si laureò con
una tesi in Procedura civile, non ebbe per maestro un processualista, non fece da proces-
sualista l’apprendistato che nel mondo accademico tutti i processualisti per poco o per
molto fanno, ma approdò alla Procedura civile andando direttamente in cattedra, a 36
anni, nel 1915, quando era già professore di Diritto commerciale a Catania.
Egli a quell’epoca abitava a Venezia e ci ha raccontato che un giorno di luglio del 1914,
tornando da Catania, si fermò a Bologna, ove fece visita a Federico Cammeo e gli condò le
sue pene per la cattedra tanto lontana da casa. Ebbene, con sua sorpresa, Cammeo gli suggerì
di risolvere il problema partecipando al concorso per la cattedra di Procedura civile di Padova,
che era stato appena bandito, ma del quale egli non sapeva alcunché (cosa della quale mi
permetterei di dubitare). Carnelutti, ovviamente, si schermì, sostenendo di essere del tutto a
digiuno di procedura, ma Cammeo insisté: “Parigi val bene una messa, scrivi un libro”1.
1 Cfr. C, Mio fratello Daniele2, (1943), in I., Vita di avvocato, Mio fratello Daniele, In difesa di
uno sconosciuto, Milano, rist. 2006, 136.
1794 Studi in onore di Umberto Belviso
Fu così che Carnelutti (che non poteva non sapere che la cattedra patavina era stata
messa a concorso per altri, e precisamente per un giovanissimo discepolo di Carlo Les-
sona, Piero Calamandrei, che aveva dieci anni meno di lui, ma, come processualista, era
ovviamente più anziano di lui…), fu così, dicevo, che Carnelutti scrisse La prova civile,
che egli sostiene di avere scritto in tre mesi2, e cioè da luglio a ottobre 1914. In eetti, la
prefazione è datata ottobre 1914, ma, considerando che il libro porta la data del 1915,
che si trattava di un libro concorsuale e che la Commissione giudicatrice del concorso si
riunì ad aprile del 1915, sarei portato a dire che, mentre la data della prefazione deve
essere stata apposta all’edizione provvisoria, il libro vide la luce in edizione denitiva a
febbraio-marzo 1915 e cioè, quindi, che Carnelutti verosimilmente lo scrisse in sette-
otto mesi.
Che dire di quel libro? È un libro di teoria generale, che sul piano sistematico segna
indubbiamente un grande progresso rispetto alla dottrina precedente. Talune distinzioni
e talune simmetrie, nell’eettuare le quali il Nostro decisamente si esaltava, sono molto
sottili, ma bisogna dargli atto della loro puntualità: il perito non è una fonte di prova,
ma un ausiliare del giudice; altro è il documento altro è la dichiarazione scritta; i sensi
del giudice sono il primo dei mezzi di prova, altro è la fonte di prova, altro è il tema di
prova, ecc. Da segnalare l’ultimo paragrafo, dedicato alle “combinazioni della prova
complessa”: “ciascuna delle fonti di prova, in quanto è tema di prova, può essere provata
a sua volta con qualunque tipo di fonte di prova, cioè o mediante la prova storica o me-
diante la prova critica, e, nelle ipotesi di prova storica, o mediante la testimonianza o
mediante il documento. Soltanto questa vicendevolezza dei concetti di fonte e di tema di
prova riesce a rispecchiare teoricamente la organica complessità del processo probatorio
quale si presenta nella pratica”. Bisogna riconoscere che, prima di Carnelutti, nessuno
aveva mai eettuato riessioni tanto profonde e tanto intellettualmente impegnative.
Come ha ben osservato Vittorio Denti, in quel libro i cinque volumi del Trattato
delle prove di Carlo Lessona, che all’epoca era il più autorevole processualista dell’Univer-
sità italiana, il Trattato della prova testimoniale di Giovanni Cesareo-Consolo e il Contri-
buto alla dottrina della confessione di Giuseppe Messina, che costituivano la migliore lette-
ratura italiana sulle prove, sono sostanzialmente trascurati3. Non credo invece di poter
concordare con Denti allorché sostiene che nel libro “domina l’opera di Chiovenda”4,
non solo perché le prove non erano propriamente il forte di Chiovenda, ma anche perché
lo stesso Carnelutti ci ha condato che Chiovenda, sulle prove, diceva di “rivolgersi
altrove”5. Certo, Chiovenda (che avrebbe fatto sicuramente parte, e infatti fece parte,
della Commissione giudicatrice del concorso) vi è citato più che spesso, ma questo non
autorizza a dire, come ha invece fatto Giovanni Tarello, che in quel periodo Carnelutti
“sentì fortissimamente l’inuenza di Giuseppe Chiovenda6: basti dire che, come è stato
2 Cfr. C, Federico Cammeo nella storia della scienza italiana del diritto, (1961), in Dir fall., 1997,
I, 831.
3 Cfr. D, Prefazione, in C, La prova civile, (1915), Milano, rist. 1992, VIII.
4 Così D, (nt.3).
5 Cfr. C, (nt.1), 142.
6 Così, invece, T, Proli di giuristi italiani contemporanei: Francesco Carnelutti ed il Progetto del 1926,
in Materiali per una storia della cultura giuridica, IV, Bologna, 1974, 501.

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