Il costo del credito bancario alla luce dell'art. 2-bis l. 2/2009 e della l. 102/2009: commissione di massimo scoperto, commissione di affidamento, usura

AutoreMarco Cian
Pagine1543-1562
Marco Cian
Il costo del credito bancario alla luce dell’art. 2-bis l. 2/2009
e della l. 102/2009: commissione di massimo scoperto,
commissione di adamento, usura
S: 1. La tendenza al riequilibrio del rapporto banca-cliente nei contratti bancari. – 2. Il riconosci-
mento legislativo della commissione di massimo scoperto. Funzione, causa, struttura, nella prassi an-
teriore alla riforma. – 3. (segue): e nel d.l. 185/2008. – 4. (segue); il presunto “divieto” della commis-
sione di massimo scoperto nel d.l. 78/2009. La sua ancora persistente legittimità e la relativa discipli-
na. – 5. Le modalità di introduzione nel testo contrattuale delle commissioni di adamento e di
massimo scoperto, della loro soppressione e modica. – 6. Le invalidità dell’art. 2-bis come ipotesi di
nullità di protezione? – 7. L’inserimento della commissione di massimo scoperto (e della commissione
di adamento) nel paniere degli oneri rilevanti per la valutazione di usurarietà del tasso applicato.
1. In tempi di crisi si realizzano interventi che, lungi dal fronteggiare con mezzi
straordinari situazioni di emergenza, niscono per introdurre nel tessuto normativo re-
gole che dovrebbero permeare i rapporti negoziali anche in condizioni di stabilità eco-
nomica; regole che risolvono disequilibri o sciolgono nodi ormai allignati in certe dina-
miche contrattuali, e che contribuiscono dunque, più o meno ecacemente e più o
meno capillarmente, a normalizzare queste dinamiche. Sicché una perturbazione econo-
mico-nanziaria, acutizzando le conseguenze di sbilanciamenti, che in condizioni di
benessere avevano potuto perpetuarsi nel disinteresse collettivo, nisce per generare be-
neci a lungo termine e per produrre risultati che vanno ben oltre la contingente solu-
zione dell’emergenza.
I recenti decreti anti-crisi (d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in l. 28 gen-
naio 2009, n. 2, e d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in l. 3 agosto 2009, n. 102) con-
tengono alcuni di questi singolari interventi, e non è un caso che, in un contesto globa-
le in cui il settore bancario ha veicolato il tracollo economico ed è tuttora al centro delle
conseguenti tensioni nanziarie, almeno una parte di essi sia stata indirizzata proprio su
questo settore, e persegua l’obiettivo di favorire un più congruo allineamento delle reci-
proche posizioni contrattuali nei rapporti bancari: sia, probabilmente, per uno sforzo
normativo di moralizzazione di un comparto professionale oggi esposto ad una non in-
signicante contrazione della ducia da parte della clientela, sia, certamente, per soste-
nere anche in questa direzione il rilancio delle iniziative imprenditoriali, fortemente
colpite quasi senza eccezioni dalla crisi.
Per la verità non si può dire che l’art. 2-bis del primo dei due decreti si distingua per
chiarezza, e la stessa tecnica espressiva risulta, dal punto di vista linguistico e giuridico,
talvolta poco felice; una caratteristica, questa, condivisa dall’ulteriore ritocco apportato
con il secondo decreto estivo. Il senso generale del complesso delle disposizioni emanate
è tuttavia abbastanza facilmente intuibile, e la linea di tendenza che esse seguono coin-
cide con quella di altri interventi normativi del recente passato, tra cui può citarsi, a ti-
tolo di esempio, la modica dell’art. 118 t.u.b., risalente al 2006, con la circoscrizione
1544 Studi in onore di Umberto Belviso
della facoltà di esercizio dello ius variandi da parte degli istituti bancari alle sole ipotesi
e nella sola misura in cui sussista un giusticato motivo.
La previsione contenuta nel primo periodo del citato art. 2-bis, comma 1°, mira
palesemente a contenere gli eccessi nei costi a carico del cliente, che si producevano per
eetto dell’applicazione – diusissima – della commissione di massimo scoperto sul
picco dell’utilizzato ed a prescindere dalla durata dell’esposizione debitoria, ossia anche
in caso di utilizzi limitatissimi nel tempo.
Il collegamento, introdotto come necessario dalla norma, tra la commissione e un
periodo minimo e signicativo (trenta giorni continuativi), in cui deve perdurare il saldo
negativo, e su cui la prima è calcolata, ha però sottratto agli istituti bancari una non
marginale fonte di guadagno, il che avrebbe potuto indurli a cercare altre formule giuri-
diche per accollare ai clienti oneri sostanzialmente sostitutivi della commissione steriliz-
zata. Una di queste formule è d’altra parte indicata nello stesso art. 2-bis, nella commis-
sione cd. di adamento, parametrata alla somma messa a disposizione dalla banca e
dovuta indipendentemente dal suo eettivo impiego da parte dell’adatario.
I mesi immediatamente successivi alla conversione del decreto di ne novembre
2008 hanno in eetti mostrato un non secondario (massiccio, secondo gli organi di
stampa) ricorso a formule di questo tenore, e talora un proliferare di voci di costo pro-
poste dagli istituti congiuntamente, in occasione dell’adeguamento obbligatorio dei rap-
porti contrattuali in essere (entro centocinquanta giorni: comma terzo) alla nuova disci-
plina. In questo scenario, si prolava il rischio che il provvedimento, lungi dal condurre
ad una riduzione degli oneri del credito bancario, portasse paradossalmente ad un loro
incremento. Ed è dunque per ovviare a tale inconveniente che il legislatore è tornato nel
breve volgere di pochi mesi sull’argomento, arricchendo l’articolo in questione di una
nuova disposizione, che limita (non senza qualche ambiguità) l’ammontare delle com-
missioni applicabili ad una misura massima predeterminata, pari allo 0,5 % dell’ada-
to, su base trimestrale (art. 2, comma 2°, d. l. 78/2009).
Nella stessa ottica si pone anche la disposizione (contenuta nel comma secondo
dell’art. 2-bis) in forza della quale tutte le remunerazioni, a favore degli istituti, dipen-
denti dall’eettiva durata dell’utilizzazione dei fondi, devono essere computate ai ni
della determinazione del tasso applicato al cliente, da rapportare all’indice previsto dalla
disciplina in tema di usura. Anche sotto questo prolo è noto infatti che la commissione
di massimo scoperto niva sovente per costituire un onere non modesto del nanzia-
mento, che tuttavia non era chiaro se concorresse o no ad elevare il costo rilevante nella
valutazione di usurarietà: i decreti ministeriali trimestrali di accertamento dei tassi medi,
sulla base delle istruzioni emanate dalla Banca d’Italia, non ne tenevano conto, e certo
non bastava qualche sentenza di merito di segno contrario a sciogliere il nodo gordiano,
reso ancora più ingarbugliato dal fatto che le stesse modalità di calcolo della commissio-
ne rendevano matematicamente non facile inserirla nella formula algebrica di determi-
nazione del tasso. L’intervento legislativo di ne 2008 parrebbe avere voluto dissipare
ogni ombra in proposito, sempre nella direzione della maggior tutela dei fruitori dei
servizi di credito.
A latere di queste disposizioni si colloca inne quella che impone la forma scritta ad
substantiam per ogni accordo che regoli tali commissioni, o, meglio, per ogni clausola
che preveda “una remunerazione … per la messa a disposizione di fondi … indipenden-

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