I prodotti previdenziali di terzo pilastro alla prova della crisi

AutoreGiuliana Martina
Pagine1619-1635
Giuliana Martina
I prodotti previdenziali di terzo pilastro alla prova della crisi*
S: 1. Notazioni introduttive. – 2. Il piano pensionistico individuale: i contorni della fattispecie. – 3.
I prodotti previdenziali di terzo pilastro: modalità di attuazione ed interventi della C. – 4. Segue:
gli andamenti degli ultimi mesi del 2008 e la “combinazione” dei rami assicurativi. – 5. Piani pensioni-
stici individuali e regime di contribuzione denita: le reazioni alla crisi nanziaria. – 6. Crisi nanziaria
ed elementi tipici della previdenza complementare: in particolare, la separazione patrimoniale.
1. L’attuale crisi dei mercati nanziari rischia di travolgere anche il risparmio con
nalità previdenziali, minando quindi le fondamenta stesse del sistema pensionistico
cosiddetto complementare che, nelle intenzioni del legislatore storico, avrebbe dovuto
consentire il mantenimento di standards pensionistici un tempo assicurati unicamente
dal sistema pensionistico obbligatorio.
Allo scopo di accostarsi ai prodotti previdenziali di terzo pilastro e alla loro capacità
di attraversare indenni la tempesta nanziaria in atto, appare opportuno muovere da una
considerazione che potrà apparire ovvia: la debolezza dei prodotti ad elevato contenuto
nanziario, che genera una diusa domanda di sicurezza da parte degli investitori al
dettaglio, generalmente avversi al rischio, assume contorni ancor più inquietanti ove tali
prodotti siano strumento di attuazione di forme pensionistiche complementari indivi-
duali (cd. PIP), com’è consentito dal sistema, sia pure entro certi limiti.
Merita ricordare preliminarmente l’avvio incerto dei PIP del 20001 e comunque
destinato a relegare le forme pensionistiche individuali realizzate mediante contratti di
assicurazione sulla vita ad un ruolo marginale rispetto a quello che il legislatore aveva as-
segnato ai fondi pensione nell’originaria disciplina della previdenza complementare del
19932. Per converso, la riforma recata dal d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, ha radicalmen-
te riscritto la funzione dei piani pensionistici individuali, che ora si collocano in posizione
tendenzialmente paritaria rispetto alle forme pensionistiche complementari collettive (cd.
secondo pilastro)3. Fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti, piani pensionistici
* Il presente contributo costituisce la versione rielaborata, e completa delle note, della relazione presentata
al Convegno «La bancassicurazione: quale reazione all’incertezza nanziaria» – organizzato dalla Fondazione
CESIFIN Alberto Predieri e dalla Sezione toscana dell’AIDA – svoltosi a Firenze il 23 gennaio 2009.
1 I prodotti previdenziali di terzo pilastro erano stati introdotti dal d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 con l’in-
serimento dell’art. 9-ter nella disciplina storica della previdenza complementare, recata dal d.lgs. 21 aprile
1993, n. 124.
2 Il tema è stato ampiamente perlustrato in dottrina; ex multis si vedano i contributi di B, Previden-
za complementare, Torino, 2000, 65 ss.; V P, Le forme pensionistiche individuali, in A.V., La
previdenza complementare a cura di Carinci e B, Torino, 2004, 454 ss. e P, Le “altre” forme
pensionistiche complementari: fondi pensione aperti e forme pensionistiche individuali, in A.V., La nuova
disciplina della previdenza complementare. Commentario sistematico a cura di Tursi, 766 ss., spec. 778 ss.
3 Vale la pena ricordare che, accanto ai piani individuali pensionistici attuati mediante contratti di assicu-
razione sulla vita, si collocano le forme pensionistiche individuali attuate mediante adesione, su base indivi-
1620 Studi in onore di Umberto Belviso
individuali sono strumenti alternativi per il perseguimento del medesimo obiettivo –
l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio – al ne
di consentire al lavoratore attivo di scegliere la forma pensionistica più adatta alle sue
personali esigenze previdenziali4. Peraltro, al ne di evitare che il lavoratore rimanga pri-
gioniero della forma pensionistica complementare inizialmente prescelta, è stata appron-
tata una puntuale disciplina volta a facilitare la “portabilità” della propria posizione indi-
viduale, che dunque potrà essere trasferita in un’altra forma pensionistica complementare,
giudicata successivamente più idonea al soddisfacimento dei mutati bisogni previdenziali,
senza che il trasferimento generi alcun costo5. Più precisamente, vige il divieto di inserire
negli statuti e nei regolamenti dei fondi pensione clausole limitative del diritto alla “por-
tabilità” dell’intera posizione individuale, ed è altresì prevista l’inecacia delle clausole
che comportano costi più elevati rispetto a quelli applicati nel corso del rapporto, e che
quindi possono costituire un ostacolo alla “portabilità” medesima6. Va inoltre ricordato
che i piani individuali pensionistici si dierenziano dai fondi pensione per l’assenza di un
gruppo, di una “collettività” di soggetti accomunati da interessi denibili di categoria e
che si impegnano a contribuire alla formazione di un patrimonio comune per il persegui-
mento di un interesse di categoria. Al contrario, chi pone in essere una forma pensioni-
stica individuale alimenta singolarmente una posizione che si tradurrà nel diritto ad una
prestazione previdenziale a completamento di quella obbligatoria, ovvero in luogo di
quella obbligatoria. Alle forme pensionistiche individuali possono infatti accedere anche
coloro che non siano destinatari del trattamento pensionistico obbligatorio (art. 13, com-
2. Il PIP è un contratto di assicurazione sulla vita avente le caratteristiche indivi-
duate dalla normativa delle forme pensionistiche complementari (art. 13 d.lgs. n.
252/2005). Vale la pena segnalare da subito che la funzione in concreto assolta da questo
particolare contratto – il quale in linea generale è nalizzato ad obbligare l’assicuratore a
pagare all’assicurato un capitale o una rendita al vericarsi di un evento attinente alla
vita umana, secondo il paradigma dell’ art. 1882 c.c. – si riette sulla disciplina applica-
bile – che presenta aspetti del tutto peculiari – e dunque sui rapporti che intercorrono
tra impresa di assicurazione e assicurato. In via di prima approssimazione, è possibile
aermare che il PIP si presta ad essere attuato mediante la conclusione sia di un contrat-
to tipicamente assicurativo sia di un contratto assicurativo con prevalente contenuto -
nanziario. In quest’ultima ipotesi – utilizzando il linguaggio proprio del testo unico
dell’intermediazione nanziaria – prima facie si sarebbe in presenza di un prodotto -
nanziario emesso da impresa di assicurazione, secondo la denizione dell’art. 1, comma
1°, lett. w-bis, t.u.f. Il condizionale è tuttavia d’obbligo, per le ragioni che si diranno
duale, a fondi pensione aperti, secondo l’art. 13, comma 1°, lett. b), d.lgs. n. 252/2005. In argomento v.
P (nt. 2), 777 ss.
4 IBIDEM, 767.
5 Sul punto v. P, La «mobilità» tra le forme pensionistiche complementari, in A.V., La nuova discipli-
na della previdenza complementare (nt. 2), 780 ss.
6 Cfr. art. 14, comma 6°, d.lgs. n. 252/2005.

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