I delitti contro il patrimonio (artt. 624-649 c.p.)

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine619-652
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Capitolo 12
Il patrimonio
Violenza
e frode
Prof‌ili generali
1
I DELITTI CONTRO
IL PATRIMONIO
(ARTT. 624-649 C.P.)
12
Il titolo XIII del libro II del codice penale incrimina condotte che offendono
gli interessi patrimoniali attraverso specif‌iche modalità di realizzazione.
Tali modalità di aggressione possono realizzarsi con condotte di “violenza”
(Delitti contro il patrimonio mediante violenza, Capo I) o di “frode (Delitti
contro il patrimonio mediante frode, Capo II).
All’interno di tale suddivisione i reati sono ulteriormente classif‌icabili a
seconda che aggrediscano esclusivamente beni patrimoniali (ad esempio, il
furto e l’appropriazione indebita), oppure anche beni di altra natura, quali
la libertà individuale o l’amministrazione della giustizia (è il caso, ad esem-
pio, dei reati di rapina, estorsione e ricettazione).
I reati contro il patrimonio possono essere suddivisi, sotto un diverso prof‌ilo,
tra delitti di aggressione o usurpazione unilaterale, caratterizzati da un ruo-
lo passivo della vittima (furto, rapina, appropriazione indebita, ecc.) e delitti
con la cooperazione artif‌iciosa della vittima (estorsione, truffa, ecc.).
La nozione di patrimonio” penalmente rilevante coincide, secondo alcuni,
con l’insieme degli interessi patrimoniali facenti capo a un soggetto, men-
tre secondo altri riguarda soltanto il complesso dei rapporti giuridici
economicamente valutabili, per cui se il bene oggetto di aggressione è
privo di valore di mercato (ad es., bene avente soltanto valore affettivo per il
suo possessore) ilreato non può realizzarsi. In realtà, il valore della cosa, il
cui possesso è tutelato dalla legge, non può essere inteso sotto un prof‌ilo pu-
ramente economico: è necessario anche tener conto dell’interesse del deten-
tore a che la cosa, con le specif‌iche caratteristiche che offre, continui a far
parte del suo patrimonio, per cui possa avvalersene nei modi comunemente
previsti secondo un uso normale della medesima (Cass., II, 8-7-1980).
Esaminando i delitti contro il patrimonio occorre def‌inire l’ambito operativo
delle nozioni di possesso e detenzione. Ai f‌ini penali deve ritenersi che vi
sia possesso quando esiste un rapporto tra il soggetto e il bene avente, come
contenuto, l’esercizio di un potere sulla cosa corrispondente alla proprietà
o ad altro diritto reale, indipendentemente dall’animus rem sibihabendie
Possesso e
detenzione
PARTE SPECIALE
620
Fatti
commessi a
danno
di congiunti
Cosa mobile
dalla liceità o meno della situazione possessoria; invece, la detenzione è
un mero rapporto materiale con la cosa, quale che sia l’animus che ispira
l’agente.
L’“altruità” della proprietà della cosa è quella di “non proprietà del bene”,
intesa come requisito negativo di soggettività. Se tali conclusioni sono va-
lide in tema di furto, poiché il termine “altrui” è utilizzato in senso ampio,
riferito a qualsiasi diritto reale o situazione favorevole, anche di carattere
obbligatorio, in altri casi il legislatore indica restrittivamente il diritto di
proprietà. Pertanto, il termine assume valenze diverse a seconda della de-
scrizione e del contesto nel quale è inserito.
Per cosa mobile deve intendersi qualsiasi entità di cui sia possibile la f‌isi-
ca detenzione, sottrazione, impossessamento o appropriazione e che sia in
grado di spostarsi autonomamente ovvero di essere trasportata da un luogo
a un altro, compresa quella che, pur non mobile originariamente, sia resa
tale mediante l’avulsione o l’enucleazione dal complesso immobiliare di cui
faceva parte.
In altre parole, la nozione penalistica di cosa mobile non coincide con
quella civilistica, rivelandosi, per certi aspetti, più ridotta e, per altri, più
ampia: è più ridotta laddove non considera cose mobili le entità immateriali
- come, appunto, le opere dell’ingegno e i diritti soggettivi - che, invece, l’art.
813 c.c., assimila ai beni mobili; è più ampia, laddove comprende beni che,
originariamente immobili o costituenti pertinenze di un complesso immobi-
liare (queste ultime assoggettate dall’art. 818 c.c., al regime dei beni immo-
bili), siano mobilizzati, divenendo quindi asportabili e sottraibili e, pertanto,
potenzialmente oggetto di appropriazione (Cass., II, 11-5-2010, n. 20647).
Ulteriore conferma di ciò si desume dall’art. 624 c.p., che considera cosa
mobile anche l’energia, elettrica o di altra natura, munita di valore econo-
mico.
Un trattamento di favore è previsto dall’art. 649 c.p., che prevede la non
punibilità qualora i reati contro il patrimonio siano commessi in danno
di soggetti legati all’autore del reato da vincoli di parentela, aff‌inità
o matrimonio, quali il coniuge non legalmente separato, gli ascendenti
e discendenti, l’adottante e l’adottato, nonché i fratelli o le sorelle purché
conviventi con il soggetto passivo.
È prevista la procedibilità a querela quando il delitto è commesso a danno
del coniuge legalmente separato, del fratello o della sorella non conviventi
con il soggetto passivo, nonché degli zii, dei nipoti e degli aff‌ini in secondo
grado con lui conviventi.
Questo regime privilegiato è giustif‌icato dall’opportunità di evitare un inter-
vento punitivo che potrebbe turbare rapporti familiari caratterizzati da una
comunanza di interessi non solo patrimoniali.
I DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO (ARTT. 624-649 C.P.)
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Capitolo 12
Bene
tutelato
Fattispecie
escluse
L’art. 649 c.p. è applicabile, nella parte in cui si riferisce al coniuge, an-
che quando si sia in presenza non di un rapporto matrimoniale ma di una
convivenza more uxorio (Cass., IV, 21-5-2009, n. 32190).
Il regime di favore presuppone che il familiare sia l’unico soggetto pas-
sivo del reato, e non opera, pertanto, se la cosa sottratta appartenga a
persona diversa dal congiunto, il quale ne abbia soltanto la custodia, anche
temporanea ed a qualsiasi titolo (Cass., VI, 14-4-2010, n. 17261).
Le ipotesi criminose che, ai sensi dell’art. 649, 3° comma, c.p. rimangono esclu-
se dalla causa di non punibilità riguardano, da un lato, tutti i delitti contro il
patrimonio, diversi da quelli espressamente elencati, commessi con violenza
alle persone, e dall’altro i reati di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p., anche se
posti in essere senza violenza alle persone; per questi ultimi occorre, peraltro,
fare riferimento alle sole ipotesi consumate e non a quelle tentate, data l’as-
senza, nella norma, di un esplicito richiamo a tali ultime ipotesi; richiamo che
invece si impone in vir tù della autonomia oggettiva e strutturale del delitto
tentato rispetto a quello consumato (Cass., II, 24-6-2009, n. 39008).
2Il furto (art. 624 c.p.)
Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la de-
tiene, al f‌ine di trarne prof‌itto per sé o per altri, è punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516.
Agli effetti della legge penale, si conside ra cosa mobile anche l’ene rgia
elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una
o più delle circostanze di cui agli artt. 61, n. 7 e 625”.
L’interesse protetto dalla norma è il pacif‌ico rapporto materiale tra i sog-
getti e i beni, l’interesse di ciascuno che nulla gli sia illecitamente sottratto,
sia che la cosa abbia valore patrimoniale, sia che l’interesse alla sua conser-
vazione venga ritenuto rilevante secondo il comune sentire dei consociati.
Pertanto, avrà un interesse penalmente tutelato a non vedersi sottratta la
cosa sia il proprietario, sia il mero detentore, anche quando quest’ultimo
abbia ottenuto la detenzione stessa con un comportamento penalmente
illecito.
Nell’ipotesi di sottrazione della res furtiva a danno dello stesso ladro,
questi è solo il soggetto sul quale ricade l’azione, mentre soggetto passivo
resta il titolare del rapporto giuridico con la cosa sottratta (Mantovani).
Furto di cosa
rubata

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