Tutela dell'ambiente marino, risorse ittiche e patrimonio culturale sommerso

AutoreNicolò Carnimeo
Pagine153-209
Capitolo IV
TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO,
RISORSE ITTICHE
E PATRIMONIO CULTURALE SOMMERSO
Nicolò Carnimeo
SOMMARIO: 1. Protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento. – 2. Segue: normativa eu-
ropea e nazionale. – 3. Port State Control e Flag State Control. – 4. I luoghi di rifugio.
– 5. Le aree marine protette.6. La pesca. Inquadramento sistematico della materia. – 7.
La legislazione nazionale sulla pesca. – 8. L’azione normativa dell’Unione europea, la
politica comune della pesca (PCP). – 9. Le organizzazioni regionali di gestione della
pesca. – 10. La prevenzione della pesca illegale (INN): l’attività di vigilanza e i Centri di
controllo nazionali pesca. – 11. La disciplina del pescaturismo. – 12. La tutela dei beni del
patrimonio archeologico sommerso. Le norme convenzionali e l’applicazione nel diritto
interno. – 13. Segue: il ritrovamento. – 14. Segue: i parchi archeologici subacquei. La
valorizzazione in situ. – 15. Segue: Organi di vigilanza e regime sanzionatorio.
1. PROTEZIONE DELLAMBIENTE MARINO DALLINQUINAMENTO
La tutela dell’ambiente marino dall’inquinamento è oggetto di numerose con-
venzioni internazionali, prima fra tutte la CNUDM1, la quale detta principi generali
in materia2. Essa, nella XII parte dedicata al tema della “Protezione e preservazione
dell’ambiente marino”, sancisce il generale obbligo per gli Stati “di proteggere e
preservare l’ambiente marino”3, soprattutto, dal l’inquinamento4. Questo comporta
1 Cfr. art. 123. Sugli aspetti ambientali della Convenzione di Montego Bay v. BOYLE, Marine
Pollution Under the Law of the Sea Convention, in AJIL, 1985; OUDEN, ELFERINK (eds.), Stability and
Change in the Law of the Sea: The Role of the LOS Convention, Leiden, 2005.
2 Tale Convenzione segna il passaggio da una disciplina di tipo privatistico ad una a carattere
pubblicistico, in quanto è finalizzata a realizzare l’interesse generale della Comunità internazionale
per la tutela del mare. Cfr. SCASSERA, Evoluzione storica della tutela dell’ambiente marino, in “Il
diritto della pesca”, Napoli, 2003.
3 Cfr. art. 192 della CNUDM.
4 L’inquinamento può essere definito come l’introduzione, diretta o indiretta, a opera dell’uomo,
di sostanze o energie che provochino, o possano presumibilmente provocare, effetti deleteri, quali il
154 Elementi di Diritto e Geopolitica degli spazi marittimi
che gli Stati dovranno adottare, singolarmente o congiuntamente, tutte le misu-
re conformi alla Convenzione che siano adatte a prevenire, ridurre e tenere sotto
controllo l’inquinamento marino, avvalendosi degli strumenti più idonei in loro
possesso, secondo quelle che sono le proprie capacità, adoperandosi, inoltre, per
armonizzare le rispettive politiche in questo ambito. Gli Stati devono perseguire
tutte le necessarie misure affinché le attività ricadenti sotto la loro giurisdizione e
sotto il loro controllo siano condotte in maniera da non provocare danno da inqui-
namento ad altri Stati e al loro ambiente, e, in caso di inquinamento, affinché esso
non si propaghi al di là delle zone dove essi esercitano diritti sovrani5.
La comunità internazionale ha mostrato attenzione per la tutela del mare an-
che attraverso altre convenzioni, per lo più incentrate sulle problematiche legate
all’inquinamento delle acque.
Tra le più importanti, segnaliamo la Convenzione di Bruxelles 1969 (c.d.
CLC 1969) sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da
idrocarburi6, integrata dalla Convenzione di Bruxelles 1971 (c.d. IFC) che ha
istituito un Fondo internazionale per il risarcimento dei danni da inquinamento di
idrocarburi7. La CLC sancisce, nelle ipotesi di danni da inquinamento da idro-
carburi trasportati su navi cisterna, scaricati o fuoriusciti dalla nave a seguito di
un sinistro, i quali vadano a colpire il territorio o il mare territoriale o la zona eco-
nomica esclusiva di uno Stato contraente, la responsabilità del proprietario della
nave, fatti salvi limitatati casi di esonero. Resta escluso il danno all’ambiente8.
Vi è, poi, la Convenzione di Bruxelles 1969 (c.d. Intervention 1969) sull’in-
tervento in alto mare in caso di sinistri che determinino inquinamento da idrocar-
buri9, poi estesa a sostanze diverse dagli idrocarburi.
Ancora, la Convenzione di Londra 1973 sulla prevenzione dell’inquinamento
da navi e successivi Protocolli del 1978 e del 1997 (MARPOL 1973/1978)10 che
danneggiamento delle risorse biologiche e della vita marina, rischi per la salute umana, impedimenti al-
le attività marittime, ivi compresi la pesca e altri usi legittimi del mare, alterazioni della qualità dell’ac-
qua che ne compromettano l’utilizzazione, oppure il degrado delle attrattive ambientali. Così, ANGELO-
NI, SENESE, La tutela dell’Ambiente Marino nella Convenzione di Montego Bay, in www.seaspin.com.
5 Cfr. art. 194, §§ 1-2 della CNUDM.
6 Resa esecutiva in Italia con l. n. 185/1977, in vigore dal 28.5.1979. Per un approfondimen-
to, si veda COMENALE PINTO, La responsabilità per inquinamento da idrocarburi nel sistema della
CLC 1969, Padova, 1993.
7 Entrambe sono state modificate con i due Protocolli del 27.11.1992, resi esecutivi in Italia
con l. 27.5.1999, n. 177, ed entrati in vigore il 16.09.2000. La Convenzione di Bruxelles del 1969,
come modificata nel 1992, prende il nome di “1992 Liability Convention”.
8 Per un approfondimento cfr. POLI, La responsabilità per danno da inquinamento transfron-
taliero nel diritto comunitario e internazionale, Milano, 2006.
9 Tale Convenzione è stata resa esecutiva in Italia con l. n. 185/1977 ed è in vigore dal
28.5.1979. È stata integrata, con il Protocollo di Londra del 2 novembre 1973, reso esecutivo in
Italia con l. n. 662/1980 e in vigore dal 30.3.1983.
10 La Convenzione del 1973 è stata ratificata in Italia con l. 462/1980 ed è in vigore dal
2.10.1983; il Protocollo del 1978 (c.d. TSPP ’78), che ha parzialmente modificato la convenzione,
è stato ratificato in Italia con la l. 438/82 ed è in vigore anch’esso dal 2.10.1983. Il Protocollo del
1997 è stato ratificato in Italia con la l. 57/2006 ed è in vigore dal 22.08.2006.
IV. Tutela dell’ambiente marino, risorse ittiche e patrimonio culturale sommerso 155
consta di sei Allegati, riguardanti, rispettivamente, la prevenzione dell’inquina-
mento da idrocarburi, il controllo dell’inquinamento causato da sostanze liquide
nocive alla rinfusa, la prevenzione dell’inquinamento da sostanze pericolose tra-
sportate via mare in appositi imballaggi, la prevenzione dell’inquinamento cau-
sato dalle acque di scarico delle navi, la prevenzione dell’inquinamento da rifiuti,
la prevenzione dell’inquinamento atmosferico causato dalle navi11. Si tratta della
principale convenzione finalizzata alla prevenzione dell’inquinamento marino
derivante sia dalla normale attività delle navi che da eventi eccezionali.
La Convenzione di Londra 2001 (c.d. BUNKERS 2001) sancisce la responsa-
bilità dell’armatore della nave per i danni da inquinamento12, causati nel territorio
di uno Stato parte, incluso il suo mare territoriale, nonché nella zona economica
esclusiva, o, qualora questa non sia stata istituita, nella zona di mare oltre il mare
territoriale (entro il limite massimo di 200 miglia dalle linee di base), da qualsiasi
combustibile (e ogni suo residuo) utilizzato o destinato ad essere utilizzato per i
servizi o la propulsione della nave. Tale Convenzione si applica, altresì, alle mi-
sure preventive, ovunque siano adottate, destinate ad evitare o ridurre al minimo
i suddetti danni13.
Di rilievo è anche la Convenzione internazionale di Londra sulla predispo-
sizione degli strumenti, modalità di risposta e cooperazione in materia di inqui-
namento da idrocarburi (c.d. OPRC 1990), la quale disciplina l’inquinamento
da navi, da unità offshore, porti, oleodotti e raffinerie. Tale Convenzione è stata
emendata dal Protocollo del 15 marzo 2000 (HNS-OPCR) che ne estende l’ambi-
to di applicazione, includendo anche le sostanze pericolose e nocive.
Un cenno a parte merita la Convenzione di Barcellona del 1976, emendata
nel 199514, il cui nome è mutato in “Convenzione per la protezione dell’ambiente
11 Per quanto riguarda i rapporti tra la Convenzione Marpol e la normativa italiana, si veda
DM, 2011, 181 e ss. e DM, 2008, 118 e ss.
12 Ai sensi dell’art. 1, § 1, n. 9, per danno da inquinamento deve intendersi qualunque perdita
o danno che si verifiche all’esterno della nave e che siano dovuti all’inquinamento derivante da una
fuga o dallo scarico di combustibile, ovunque essi si verifichino. La norma specifica che la misura
dell’indennizzo per il degrado dell’ambiente, a prescindere dal mancato guadagno dovuto a tale
degrado, è comunque limitato ai costi di ragionevoli misure di ripristino effettivamente intraprese
o da intraprendere. Danni, inoltre, si considerano anche i costi delle misure preventive e le perdite
o i danni ulteriori causati da tali misure.
13 Cfr. artt. 1-2 della Convenzione internazionale sulla responsabilità civile per i danni causati
dall’inquinamento derivante dal combustibile delle navi di Londra del 2001.
14 La Convenzione di Barcellona 1976 sulla salvaguardia del Mar Mediterraneo dall’inqui-
namento è stata resa esecutiva in Italia con l. 30/1979 ed è entrata in vigore il 15.3.1979. È stata
successivamente sostituita dalla Convenzione di Barcellona 1995 – Convenzione per la protezione
dell’ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo – resa esecutiva con l. 175/1999 ed in
vigore dal 9.07.2004. Sull’argomento v. LEANZA, Il principio dello sviluppo sostenibile e il “Sistema
di Barcellona”, in FOIS (a cura di) Il principio dello sviluppo sostenibile nel diritto internazionale
ed europeo dell’ambiente, XI Convegno Alghero 16-17 giugno 2006, Napoli, 2007, 279 e ss. La
Convenzione, unitamente ai suoi Protocolli, un importante esempio di cooperazione fra Stati per
la protezione dei mari semi-chiusi ed un effettivo strumento per preservare il patrimonio naturale
comune appartenente a tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Così SCOVAZZI, The 2008

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