Beni demaniali e gestione portuale

AutoreNicolò Carnimeo
Pagine253-300
Capitolo VII
BENI DEMANIALI E GESTIONE PORTUALE
Nicolò Carnimeo
SOMMARIO: 1. Il demanio marittimo. – 2. Il riparto di competenze. – 3. Le concessioni. – 4.
Segue: regime e gestione. – 5. I porti. Autorità portuale e Autorità marittima. – 6. I
servizi tecnico-nautici. – 7. Impresa portuale ed impresa terminalista. – 8. Le inchie-
ste (cenni).
1. IL DEMANIO MARITTIMO
I beni del demanio marittimo assumono nel nostro ordinamento un partico-
lare rilievo che deriva non solo dalla loro conformazione, nello specifico essi
rappresentano l’intero litorale nazionale e la pluralità di interessi e prerogative
ad esso collegate, ma soprattutto affonda le proprie ragioni “nel fulcro dell’in-
teresse pubblico generale collegato ad una categoria di beni cui la dottrina ha
sempre riconosciuto una singolare pluralità di rationes a fondamento della loro
pubblicità”1.
L’art. 822, primo comma, cod. civ., li inserisce tra quelli facenti parte del de-
manio statale esclusivo (c.d. demanio necessario) specificando che appartengono
a quest’ultimo il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti. L’art. 28 cod. nav. ri-
prende, alla lettera a), la classificazione contenuta nel testo civile e, alla lettera b),
aggiunge che rientrano nel demanio marittimo anche “le lagune, le foci dei fiumi
che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una
parte dell’anno comunicano liberamente al mare” e “i canali utilizzabili ad uso
pubblico marittimo”.
Una descrizione analitica aiuta meglio a comprendere la natura di questi beni
che, in quanto appartengono al demanio statale necessario, ne posseggono tutte
1 CAPUTI JAMBRENGHI, Beni pubblici, in EG, Roma, 1988; cfr. inoltre, stesso Autore, Beni
pubblici e d’interesse pubblico, in AA.VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2005.
254 Elementi di Diritto e Geopolitica degli spazi marittimi
le caratteristiche e sono, quindi, caratterizzati da inalienabilità, inusucapibilità ed
imprescrittibilità:
a) il «lido» del mare è la zona di riva che si estende all’interno fino al limite
massimo delle mareggiate ordinarie, escluse quindi quelle dei momenti di
tempesta2;
b) la «spiaggia» è qualificata nell’analisi dottrinale e giurisprudenziale come
quella parte di terra che risulta dal naturale ritirarsi del mare, ma che non
può essere una volta per tutte determinata, in quanto non possiede confini
certi, bensì mutevoli, in relazione all’avanzarsi e al ritirarsi delle acque. Fa
parte del demanio marittimo, pur se non esplicitamente indicato nell’art. 28,
l’«arenile», che è quell’area, contigua in senso espansivo rispetto alla spiag-
gia, conseguente, come relitto del mare, al ritirarsi delle acque nel corso dei
secoli e che è idonea, potenzialmente, per la realizzazione dei pubblici usi del
mare3. Ma è essenziale in questo caso stabilire se e da quando inizi e cessi la
demanialità marittima4.
c) i «porti» e le «rade», spazi di mare prossimi al porto, sono quelle strutture
permanentemente utilizzate per il riparo e l’approdo delle navi;
d) le «lagune», le «foci dei fiumi che sboccano in mare», i «bacini di acqua
salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano libe-
ramente col mare». Le «lagune» sono specchi d’acqua stagnanti separati dal
mare (lagune «morte») ovvero con esso comunicanti (lagune «vive»). I canali
utilizzabili ad uso pubblico marittimo sono quelli che servono al ricovero di
imbarcazioni ed alle operazioni di carico e scarico di merci e passeggeri.
La natura stessa di questi beni ne qualifica la destinazione tesa a realizzare i
c.d. “pubblici usi del mare”, i quali vengono identificati nella elaborazione dottri-
nale e giurisprudenziale secondo il criterio finalistico-funzionale nonché quello
naturalistico-morfologico5. Ne consegue che i beni del demanio marittimo svol-
gono la funzione di realizzare particolari interessi legati al mare i quali, però, data
la loro elasticità, sono estranei ad una tipizzazione che ne indichi una particola-
2 Cfr. Cass. civ., sez. un., 2.5.1962, n. 849.
3 Cfr. Cass. civ., sez. I, 6.5.1980 n. 2995.
4 Secondo la dottrina e la giurisprudenza assolutamente prevalenti, l’acquisto della qualità di
bene demaniale ricompreso nel demanio naturale non dipende da un atto giuridico di destinazione,
in quanto la demanialità, come si è visto, è derivante dalla sua stessa natura intrinseca: perciò, un
bene appartiene al demanio marittimo se rientra tra i tipi e categorie previsti dal citato art. 28 e
se, come circostanza di fatto accertabile in caso di contestazioni, dal giudice ordinario, sia adibito
ad usi attinenti alla navigazione e sia idoneo a soddisfare bisogni collettivi. Eventuali atti formali
dell’amministrazione, compreso il provvedimento conclusivo del procedimento di delimitazione di
zone del demanio marittimo disciplinato dall’art. 32 del codice della navigazione, hanno dunque,
secondo questa impostazione, carattere solo dichiarativo o ricognitivo, non costitutivo, della dema-
nialità, in quanto qualifica giuridica preesistente a tali atti.
5 In dottrina, circa i criteri sopra detti, si veda: GAETA, Lido e spiaggia, in NDI, Torino, 1968;
CORBINO, Il demanio marittimo. Nuovi profili funzionali, Milano, 1990; GRIGOLI, Sulla ricognizione
dei tratti peculiari della demanialità marittima, in Giust. civ., 1995, 6, 1649; CASANOVA, Demanio
marittimo e poteri locali, Milano, 1986.
VII. Beni demaniali e gestione portuale 255
re destinazione. In generale accanto agli usi più tradizionali come la difesa del
territorio – il demanio marittimo rappresenta il limes statale e riguarda anche la
difesa militare – vi è la destinazione alla navigazione intesa come traffico marit-
timo e attività di pesca, alla ricerca scientifica o, ancora, allo sfruttamento delle
risorse dei fondali marini. Le varie tipologie di uso, corrispondenti ad un radicato
interesse pubblico, si sono ampliate nel tempo con lo sviluppo economico ed
industriale (si pensi, ad esempio, all’utilizzo del demanio per l’attività turistica o
di balneazione).
Bisogna notare che l’uso del bene può essere non solo “attuale” ma anche po-
tenziale nel senso che “basta la semplice idoneità a svolgere una siffatta funzione
pubblica (…) secondo criteri di accertamento che devono essere applicati con
particolare rigore, posto che è in questione la natura pubblica o meno di un bene
astrattamente demaniale per forza di legge”6.
Ai fini della determinazione degli interessi sottesi alla demanialità del bene
e cioè l’idoneità a realizzare i pubblici usi del mare, nell’elaborazione giurispru-
denziale sempre maggiore rilievo ha assunto il criterio finalistico-funzionale7.
Sul punto, a titolo esemplificativo e riguardo alla demanialità dei bacini di acqua
salsa e salmastra, la suprema Corte in una recente pronuncia, ribadendo un princi-
pio ormai consolidato, ha affermato che “l’indispensabile elemento fisico – mor-
fologico della comunicazione con il mare, pur essendo irrilevante che questa sia
assicurata attraverso l’opera dell’uomo che impedisca il progressivo interramento
delle acque, non costituisce di per sé solo il fattore decisivo e qualificante della
demanialità, ma esso deve essere accertato e valutato in senso finalistico-funzio-
nale, in quanto, cioè, si presenti tale da estendere al bacino di acqua salmastra le
stesse utilizzazioni cui può adempiere il mare, rivelando l’idoneità attuale, e non
meramente potenziale e futura, del bene, secondo la sua oggettiva conformazione
fisica, a servire ai pubblici usi del mare, anche se in atto non sia concretamente
destinato all’uso pubblico”8.
Del demanio marittimo fanno parte anche le pertinenze (art. 29 cod. nav.) che
assicurano un migliore utilizzo dello stesso poiché sono al servizio della naviga-
zione e degli altri pubblici usi del mare. Le pertinenze (art. 817 cod. civ.) sono
comprese negli atti e rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale,
6 Cass. civ., sent. n. 7564/2012.
7 L’importanza assunta dal criterio finalistico-funzionale è ormai pacificamente riconosciuta
dalla giurisprudenza. A tal fine, ex multis, si veda Cass. civ., sent. n. 15846/2011.
8 Cass. civ., sent. 9118/2012. Stesso principio, tra le altre, nelle sentenze: n. 1863/1984; n.
1300/1999; n. 15846/ 2011. In questa sede pare opportuno anche richiamare la nota sentenza della
Corte di cassazione, 27.01.1975, n. 316, che ha riconosciuto la demanialità dei c.d. stagni di Cabras
affermando per prima che «Non altro che la destinabilità immediata all’uso pubblico, che si sovrap-
pone escludendolo all’uso privato, giustifica che un bene per forza stessa della legge e finanche
senza bisogno di formalità accertative, appartenga allo Stato e vi appartenga in quella forma parti-
colare per la quale neppure lo Stato come entità soggettiva può’ liberamente disporre contro la sua
conservazione per la utilizzabilità generale da parte di tutti, sia pure con quella serie di condizioni
formali che sono giustificate dalla necessità di un ordinato svolgimento dell’uso».

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT