La titolarità dei diritti sociali nelle Costituzioni europee: cittadini e stranieri

AutoreAndrea Gratteri
Pagine469-488
ANDREA GRATTERI
LA TITOLARITÀ DEI DIRITTI SOCIALI
NELLE COSTITUZIONI EUROPEE:
CITTADINI E STRANIERI
SOMMARIO: 1. Definizione dell’oggetto. – 2. Ventisette Costituzioni e quanti modelli di
protezione dei diritti sociali? – 3. Il modello dominante: l’assimilazione degli stra-
nieri ai cittadini fatte salve le eccezioni. – 4. La riserva di legge. – 5. La riserva di
legge rinforzata (dai trattati internazionali). – 6. La riserva di legge e le puntuali limi-
tazioni dettate da norme costituzionali. – 7. Le distinzioni puntuali attraverso norme
costituzionali. – 8. Il dominio della legge: norme programmatiche e assenza di garan-
zie costituzionali. – 9. Il nucleo duro dei diritti sociali riconosciuti agli stranieri irre-
golari: il ruolo della giurisprudenza costituzionale in Belgio e in Spagna. – 10. Con-
clusione.
1. Nella prospettiva di definire i contenuti della cittadinanza sociale euro-
pea può essere interessante esaminare le Costituzioni degli Stati membri
dell’Unione europea per indagare in quale misura i diritti sociali sono ricono-
sciuti a categorie di persone diverse dai cittadini nazionali. In prima battuta i
cittadini sono i naturali destinatari della protezione derivante dalla presenza di
un catalogo di diritti sociali garantiti a livello costituzionale; tuttavia, sul piano
interpretativo o direttamente dal testo costituzionale, emergono situazioni in
cui la titolarità di tali diritti può essere ricondotta anche a persone prive della
cittadinanza.
Nell’Unione europea la titolarità dei diritti sociali è strettamente connessa
alla posizione giuridica del soggetto interessato definita attraverso atti normativi
puntuali che consentono una ricognizione schematica: cittadini dell’Unione e
loro familiari (direttiva 2004/38/CE); soggiornanti di lungo periodo (direttiva
2003/109/CE); lavoratori altamente qualificati (direttiva 2009/50/CE); studenti e
tirocinanti (direttiva 2004/114/CE); rifugiati (direttiva 2004/83/CE); familiari di
stranieri extra-comunitari legalmente residenti (direttiva 2003/86/CE); vittime
della tratta di esseri umani (direttiva 2004/81/CE).
Complessivamente questi atti normativi contribuiscono a definire, da un lato,
le condizioni di ingresso, soggiorno e circolazione degli stranieri sul territorio
dell’Unione europea e, dall’altro, stabiliscono i diritti loro riconosciuti nello Stato
membro in cui soggiornano legalmente e, eventualmente, negli altri Stati in cui
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possono liberamente circolare e soggiornare1. Il principio ispiratore è che tutte le
persone legalmente presenti sul territorio dell’Unione siano trattate senza discri-
minazioni e che pertanto gli Stati membri riconoscano loro gli stessi diritti sociali
che sono riconosciuti ai cittadini nazionali. L’approccio dell’Unione europea è
quindi un approccio volto all’integrazione che, tuttavia, lascia significativi ambiti
di intervento agli Stati, in particolare per quanto riguarda gli stranieri che soggior-
nano illegalmente in uno Stato membro e i lavoratori stranieri legalmente soggior-
nanti ma privi dello status di residenti di lungo periodo.
Come è stato notato, a causa della volontà degli Stati di definire autonoma-
mente i flussi di ingresso dei lavoratori e come conferma l’art. 79 TFUE così
come modificato dal Trattato di Lisbona, “mancano da parte dell’Unione norma-
tive che riguardano l’aspetto di maggiore rilevanza, cioè quello relativo alle con-
dizioni per l’ottenimento di un visto di ingresso per motivi di lavoro”2.
Al fine dell’attribuzione della titolarità dei diritti sociali, le persone fisiche
presenti sul territorio dell’Unione possono essere raggruppate in quattro macro-
categorie: 1) cittadini europei; 2) stranieri presenti legalmente e liberi di circo-
lare; 3) stranieri presenti legalmente sul territorio di un solo Stato membro; 4)
stranieri presenti illegalmente3.
Lo scopo dell’indagine è la verifica della garanzia costituzionale dei diritti
sociali di questi gruppi di persone al fine di meglio descrivere il contenuto
della cittadinanza sociale europea che, in termini sostanziali, sembra essere
sempre meno legata al carattere formale del possesso della cittadinanza (nazio-
nale e quindi anche europea). Il contenuto della cittadinanza sociale europea,
infatti, non può essere definito solo attraverso l’analisi dei diritti garantiti in
ambito comunitario: la libertà di circolazione e soggiorno determina una conti-
nua e reciproca interazione fra la tutela dei diritti sociali a livello comunitario
e il loro concreto dispiegarsi nei singoli ordinamenti degli Stati membri. Non
solo in virtù del ruolo centrale che gli Stati hanno nel definire le proprie politi-
che sociali, ma anche per il tipo di garanzia che i diritti sociali ricevono sul
piano costituzionale.
Nell’analisi che segue, salvo casi particolari, lo status dei cittadini europei è
assimilato, per approssimazione, a quello dei cittadini nazionali; accanto alla
loro posizione sarà descritta la tutela garantita agli stranieri legalmente presenti
sul territorio dello Stato (categorie sub 2) e, salvo il caso delle migrazioni illegali
da Stato membro a Stato membro, sub 3) nella precedente schematizzazione).
Infine, sarà affrontato il tema dei diritti sociali intesi come diritti universali spet-
tanti anche agli stranieri illegalmente presenti sul territorio dello Stato.
1 Per una ricostruzione organica della disciplina europea v. S. CARRERA, In Search of the
Perfect Citizen?, Leiden-Boston, 2009.
2 Cfr. P. GARGIULO, paper presentato al Seminario SPI-CGIL del 12 maggio 2011, Roma, che
tuttavia ricorda che il regolamento (CE) n. 859/2003 ha esteso la normativa sulla sicurezza anche
ai cittadini degli Stati terzi regolarmente occupati (testo cortesemente fornito dall’autore).
3 Ovviamente all’interno di ciascuna categoria si potranno riscontrare situazioni differenti.

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