La cittadinanza sociale europea tra mito e realtà

AutorePietro Gargiulo
Pagine229-255
PIETRO GARGIULO
LA CITTADINANZA SOCIALE EUROPEA
TRA MITO E REAL
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La cittadinanza sociale nazionale e il ruolo dello Stato sociale.
– 3. Lo status sociale del lavoratore comunitario migrante prima dell’istituzione della
cittadinanza europea. – 4. L’estensione del diritto di soggiorno ai cittadini degli Stati
membri economicamente inattivi: l’annuncio della cittadinanza europea. – 5. L’istitu-
zione della cittadinanza europea e il ruolo “sociale” della libertà di circolazione e sog-
giorno. – 6. La valenza “sociale” della giurisprudenza della Corte in materia cittadinanza
europea. – 7. La direttiva 2004/38/CE: un rafforzamento della dimensione sociale della
libertà di circolazione e soggiorno del cittadino europeo? – 8. Conclusioni: il futuro della
cittadinanza sociale europea dopo la riforma di Lisbona.
1. Esiste una cittadinanza “sociale” europea? E se sì, qual è il suo contenuto
e chi ne sono i soggetti titolari? Sono questi i quesiti al centro delle riflessioni
esposte in questo lavoro e che in qualche modo aiutano a capire il significato dei
termini “mito” e “realtà” che abbiamo utilizzato nel titolo e che, a parere di chi
scrive, caratterizzano la nozione di cittadinanza sociale europea.
In effetti, l’esistenza di una dimensione sociale della cittadinanza europea è
oggi – nell’Unione europea del dopo riforma di Lisbona e del valore giuridico
vincolante attribuito alla sua Carta dei diritti fondamentali – una realtà indiscuti-
bile. Infatti, lo status sociale ricollegabile alla cittadinanza dell’UE è il frutto di
un processo lungo – addirittura iniziato prima dell’istituzione della cittadinanza
europea stessa – e non sempre lineare, caratterizzato dall’azione “legislativa”
delle istituzioni politiche dell’Unione con l’inestimabile contributo della giuri-
sprudenza della Corte di giustizia.
Un percorso che parte dal riconoscimento di uno status sociale comunitario,
anzitutto, ai lavoratori (cittadini di Stati membri) migranti, successivamente
esteso anche ai cittadini economicamente non attivi già prima ma soprattutto
dopo l’istituzione della cittadinanza europea, per arrivare alla situazione attuale
nella quale le trasformazioni del processo d’integrazione – per quanto in un pe-
renne “in corso d’opera” – attraverso il riconoscimento della “solidarietà” come
valore fondamentale e indivisibile dell’Unione, sembrano poter costituire le basi
per un rinnovato approfondimento dello status sociale dei cittadini europei.
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Può, tuttavia, tutto ciò leggersi in termini di cittadinanza “sociale” europea?
La risposta a tale quesito non può non tenere conto della natura e del conte-
nuto della cittadinanza europea e della sua specificità in relazione ad una “comu-
nità” – l’Unione europea – che stenta ad assumere quella dimensione politica che
nelle esperienze nazionali ha permesso di ricostruire quegli elementi di apparte-
nenza e partecipazione che caratterizzano lo status di cittadino.
Le pagine che seguono costituiscono il tentativo di dare una risposta alle di-
verse questioni che in questa introduzione ci siamo posti.
2. Nel dibattito accademico sviluppatosi dopo la seconda guerra mondiale,
l’emergere del concetto di cittadinanza sociale è, com’è noto, indissolubil-
mente legato all’opera del sociologo inglese Thomas Humphrey Marshall che
per primo, nel 1950, nel suo oramai classico saggio su Cittadinanza e classe
sociale, ricostruì, in prospettiva storica, i tre elementi della cittadinanza: ci-
vile, politico e sociale1. L’elemento civile, sviluppatosi nel XVIII secolo, rac-
chiude i “diritti necessari alla libertà individuale: libertà personali, di parola, di
pensiero e di fede, il diritto di possedere cose in proprietà e di stipulare con-
tratti validi, e il diritto di ottenere giustizia”2. L’elemento politico, sviluppatosi
nel XIX secolo, fa riferimento al “diritto a partecipare all’esercizio del potere
politico, come membro di un organo investito di autorità politica o come elet-
tore dei componenti di tale organo”3. Infine l’elemento sociale, caratteristico
del XX secolo, nel quale Marshall ricomprende “tutta la gamma che va da un
minimo di benessere e sicurezza economica fino al diritto di partecipare piena-
mente al retaggio sociale e a vivere la vita di persona civile, secondo i canoni
vigenti nella società”4.
La teoria di Marshall, per quanto criticata5, ha non solo il merito di aver
messo in evidenza la presenza dell’elemento sociale come dato caratteristico
della cittadinanza nel XX secolo, ma anche di averne affermato l’autonomia ri-
spetto agli elementi civile e, soprattutto, per quella che sarà l’evoluzione succes-
siva dell’idea di cittadinanza, politico.
L’emergere della cittadinanza sociale – da Marshall descritta limitatamente al
contesto e all’esperienza del Regno Unito – può essere spiegata, più in generale,
ma comunque rispetto al contesto europeo per quello che qui ci interessa, in re-
lazione alle profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali che nel con-
tinente europeo innescarono la crisi dello Stato liberale a partire dalla fine del
XIX secolo e il cui approdo, nel XX secolo è costituito, sul modello costituzio-
1 T.H. MARSHALL, Cittadinanza e classe sociale, a cura di S. Mezzadra, Roma-Bari, 2002, p. 12.
2 Ibid., p. 13.
3 Ibid.
4 Ibid.
5 Per una ricostruzione della teoria marshalliana della cittadinanza e delle critiche alla stessa
rivolte si rinvia a D. ZOLO, Da cittadini a sudditi. La cittadinanza politica vanificata, Milano,
2007, p. 22 ss.

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