Capitolo quarto. Amministrazione elettronica in Italia

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@1. Piano e-government

La realtà descritta dà la misura dello sviluppo delle iniziative che nell'ultimo decennio si sono succedute in Italia in materia di innovazione delle pubbliche amministrazioni. Abbiamo visto l'evolvere del quadro normativo legato allo sviluppo degli indirizzi dell'Unione europea, esaminato le iniziative dell'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, che è stata indubbiamente protagonista di questo processo e abbiamo infine descritto alcuni dei principali progetti realizzati dalle amministrazioni. In questo scenario, che interessa sia le amministrazioni centrali che gli enti locali e gli enti pubblici non economici, ben s'innestò il Piano e-government, varato dal governo italiano nel giugno 2000 a seguito dell'iniziativa e-Europe 2002.

Il Piano e-government considera la transizione verso la società dell'informazione come priorità strategica per lo sviluppo del paese, a partire dalla riflessione che in Italia è in atto un processo spontaneo di investimento da parte di attori pubblici e privati e che tale realtà coincide con la logica della Rete, intesa come comunità di soggetti che interagiscono sviluppando la cultura del decentramento, sia per quanto riguarda i luoghi delle decisioni che per le funzioni. In particolare il piano si propone di facilitare e accelerare tale processo attraverso la cooperazione e l'integrazione tra tutti i soggetti interessati (imprese, mercati finanziari, Università, istituzioni no-profit, lavoratori, cittadini, amministrazioni pubbliche), attraverso il sostegno alla ricerca e all'istruzione e attraverso l'adozione di iniziative che favoriscano la concorrenza nel settore della ICT.

Il piano prosegue e dà unitarietà a un processo già attivo in Italia che ha visto un interessante evolversi del quadro normativo in materia di semplificazione dei procedimenti amministrativi e di utilizzazione delle nuove tecnologie negli uffici pubblici (v. cap. V, par. 1).

Si parte dal presupposto che un apparato burocratico più snello favorisca e renda competitivo il sistema-paese, attraverso una rete diPage 82 servizi, di regole e di organismi che, all'interno di un'unica strategia, siano funzionali al consolidamento di un rapporto di fiducia tra cittadino e/o impresa e pubblica amministrazione, nel segno dell'innovazione, della modernità e dell'efficienza.

La filosofia sottesa alle norme che in questo decennio si sono elaborate e che trovano conferma nella stesura del Piano e-government per l'Italia, a partire dai primi anni '90, prefigurano una P.A. vista come un soggetto unico, in grado di rapportarsi con il cittadino all'interno di un processo di interoperabilità che consenta di gestire informazioni e servizi e di scambiarle in rete, secondo un'impostazione che garantisca trasparenza, rapidità di processi e sicurezza, in una visione in cui il cittadino è al centro dell'attenzione.

Se a questa architettura si riportano anche le norme recenti sul decentramento amministrativo, si comprende come sia complesso e davvero innovativo il quadro di riferimento e quanto ampi siano i margini per la trasformazione nel senso auspicato dal Piano e-government, del nostro apparato pubblico.

Il percorso non appare semplice, in quanto l'Italia muove da una situazione contraddistinta da uno stato di generale arretratezza delle strutture amministrative pubbliche e da un contesto culturale e organizzativo non ancora pronto ad accettare la modernizzazione.

Se a questo si aggiunge la generale rigidità che caratterizza la componente amministrativa delle singole realtà e un livello di informatizzazione e di sviluppo delle reti non ancora adeguato, e soprattutto non ancora sufficientemente orientato alla modifica strutturale dei processi di lavoro, il quadro risulta davvero abbastanza deludente.

L'obiettivo da raggiungere invece è chiaro e si basa su presupposti tecnologici e normativi. Innanzitutto è necessario realizzare reti telematiche veloci e sicure attraverso cui scambiare le informazioni, in secondo luogo si devono creare le condizioni perché cittadini o imprese siano posti in grado di entrare in contatto con la P.A. nel suo complesso, con le medesime modalità operative, indipendentemente dall'amministrazione con cui interloquiscono, o dal luogo geografico da cui si attiva il contatto, in un contesto di sicurezza garantita.

Scorrendo le linee guida del piano emerge l'idea di un modello architetturale orientato alla condivisione di dati fra amministrazioni ePage 83 vengono identificati in modo molto concreto gli interventi considerati prioritari1.

Un ruolo significativo è assegnato all'integrazione e all'interoperabilità telematica tra amministrazioni, con l'obiettivo di liberare il cittadino dalla necessità di conoscere l'organizzazione e le competenze degli uffici pubblici nel momento in cui attiva l'interazione con la P.A.

L'utente della rete potrà richiedere servizi esclusivamente in base alle proprie esigenze, indipendentemente da ogni vincolo di competenza amministrativa, territoriale o di residenza e non dovrà più fornire alcuna informazione che lo riguardi già in possesso di una qualche amministrazione.

Gli strumenti normativi per realizzare il piano, come abbiamo visto, sono già tutti disponibili, grazie alle leggi Bassanini e all'iniziativa di regolazione del governo: ci si riferisce a tutta la normativa relativa alla carta d'identità elettronica, alla firma digitale, al protocollo informatico, al testo unico sulla documentazione amministrativa (v. cap. V, par. 1 e 4).

Per favorire l'attuazione del piano venne costituita, presso la Presidenza del Consiglio, l'Unità permanente per l'elaborazione della strategia di e-government. Essa aveva il compito di formulare le linee guida ed elaborare gli indirizzi strategici del programma, con particolare riguardo agli aspetti della interoperabilità, assicurando l'adesione e il coinvolgimento di tutte le amministrazioni e garantendo l'unitarietà dei servizi del sistema informativo integrato del paese.

Tuttavia non esiste ancora, come sappiamo, l'infrastruttura di rete che consenta l'interoperabilità secondo il modello «tutti a tutti». Per realizzarla è necessario coordinare le iniziative di rete in atto e provvedere in modo sussidiario alla connessione delle amministrazioni nelle aree non servite. Saranno connesse al sistema nazionale di connettività le reti di numerose regioni e le altre reti di area territoriale o di categoria (le reti delle province, delle Camere di commercio, dellePage 84 comunità montane, ecc.), oltre a quelle di settore delle varie amministrazioni centrali.

Tra le azioni centrali del piano giova ricordare l'integrazione delle anagrafi, attraverso cui sarà possibile eliminare effettivamente qualsiasi forma di certificazione, accedendo ai servizi da un qualsiasi sportello, indipendentemente dal luogo di residenza, sia fisicamente sia virtualmente, tramite un portale2. L'integrazione delle anagrafi è il presupposto per la realizzazione del portale per i servizi al cittadino e di quello per l'accesso alle certificazioni. Sono previsti altri portali destinati a specifiche classi di utenza, quali il portale per i servizi all'impiego e il portale per i servizi alle imprese. Il piano infine promuove l'adozione di «sistemi di protocollo informatico» presso gli enti locali per protocollare sia documenti cartacei che digitali e per gestirne elettronicamente tutti i flussi, allo scopo di garantire forme più efficaci di accesso agli atti amministrativi.

@2. Uffici pubblici on-line

Il processo di attuazione dell'e-government si è ormai avviato a livello nazionale e locale, anche se si va realizzando secondo modelli e tempi diversi tra realtà e realtà.

E molto difficile, nonostante i piani nazionali, veicolare nella P.A. la logica della cooperazione tra enti e del riuso delle soluzioni e così avviene che le politiche dello Stato (in parte) e delle regioni (più convinte in questa direzione) non incidano a sufficienza sulle strategie locali.

Le amministrazioni comunali tengono a mantenere la loro autonomia sia sui progetti che sulle soluzioni tecnologiche, preoccupati dall'idea, difficile da superare, di dare troppo spazio alle amministrazioni regionali, queste ultime non ancora percepite come strumenti essenziali per il decentramento delle funzioni e la sussidiarietà, bensì come interlocutori da cui le «municipalità» devono piuttosto difendersi.

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E in questo senso certo non sono state di aiuto alcune strategie che hanno ispirato importanti progetti nazionali, orientati a sviluppare collaborazioni fra più comuni, piuttosto che favorire le associazioni territoriali attraverso progettualità congiunte fra regione, province, comuni.

Purtroppo tali progetti non hanno tenuto in alcuna considerazione il ruolo che i sistemi regionali avrebbero potuto svolgere. Anche le amministrazioni provinciali sono state tentate in questi anni dall'autosufficienza e da una sorta di competizione con le amministrazioni regionali. È del tutto evidente la miopia di tali comportamenti. La dichiarate...

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