Riciclaggio e paradisi fiscali

AutoreMichele Carbone
Pagine347-393

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@1. Quadro di situazione

La globalizzazione dei mercati e l'abbattimento delle barriere hanno profondamente inciso sui sistemi economici dei singoli Paesi, favorendo il proliferare di regimi o territori che adottano politiche fiscali di vantaggio per attirare capitali. La costituzione dei cosiddetti paradisi fiscali fu inizialmente assecondata dagli Stati economicamente più industrializzati, in particolare dagli U.S.A., Canada e Regno Unito, che, a fronte della riduzione degli aiuti, concessero ad alcuni Paesi in via di sviluppo la libertà di garantire incentivi fiscali alle imprese multinazionali che avessero deciso di investire sul loro territorio. Furono poi le grandi banche e la City di Londra ad appoggiarne lo sviluppo contestualmente all'emergere, negli anni '60 e '70, del mercato degli eurodollari e dei petrodollari e, poi, con la liberalizzazione finanziaria e l'assenza di controlli sui movimenti di capitali.

Negli anni dal 1985 al 1994 i capitali trasferiti a titolo di investimento dai sette Paesi più industrializzati verso Stati dei Carabi e isole del Sud Pacifico registrarono una crescita superiore di cinque volte rispetto a quella del decennio precedente643. Page 348

In effetti, con i capitali liberi di spostarsi ovunque, le imprese - e in particolare quelle meno radicate nel territorio - sono alla continua ricerca di localizzazioni più convenienti per accrescere la propria competitività, anche mediante pianificazioni fiscali internazionali, volte a minimizzare il carico tributario644. Poiché, inoltre, l'afflusso di capitali crea un diffuso indotto ad opera degli insediamenti di banche, società finanziarie, di servizi o di consulenza, molti Stati sono stati progressivamente invogliati ad adottare regimi fiscali di particolare favore. Tutto ciò ha acuito, sia in ambito internazionale che comunitario, le divergenze tra regimi impositivi ed aliquote di imposta applicati dai diversi Paesi, territori e giurisdizioni, riflettendosi inesorabilmente sulle politiche di bilancio.

Dal canto loro, le organizzazioni criminali sfruttano le possibilità di arbitraggio tra regolamentazioni, collocando le diverse fasi della propria attività nello Stato che offre, per ciascuna di esse, le clausole più favorevoli in termini di maggiori garanzie di impunità, migliori occasioni per l'occultamento dei proventi, più elevati margini di profitto per il loro impiego. E giacché le misure antiriciclaggio comportano costi significativi, anche gli intermediari finanziari, a parità di altre condizioni, sono indotti a insediarsi negli ordinamenti il cui livello di regolamentazione comporta minori oneri di compliance645.

Pertanto, le opportunità di evasione ed elusione fiscale646 si sono sempre più venute intrecciando con il riciclaggio. Occorre, comunque, evidenziare che accanto Page 349 a Paesi che considerano i reati tributari quali presupposto del reato di riciclaggio (vds. Italia, Austria), esistono ordinamenti giuridici nei quali tale previsione non sussiste (ad esempio, Australia, Stati Uniti, Giappone).

La dissimulazione dell'origine o dell'esistenza stessa dei capitali, che accomuna i due fenomeni, si avvale di transazioni finanziarie destinate in Stati che non solo adottano discipline fiscali di favore, bensì garantiscono il segreto bancario, l'anonimato, regole di diritto societario poco trasparenti. In particolare, per il trasferimento dei capitali illeciti, oltre ai canali telematici di grandi banche specie estere, vengono utilizzate attività e procedure operative poste in essere dai cosiddetti "spalloni", da private banking, consulenti e promotori finanziari, piccole fiduciarie aperte da ex dipendenti di istituti di credito stranieri, agenzie parabancarie, frontalieri, professionisti soprattutto dell'area giuridico-economica647.

Non mancano le stime per quantificare, sia pure in modo approssimativo, il tesoro accumulato nei paradisi fiscali: l'O.C.S.E. indica la somma occultata in 7.000 miliardi di dollari, di cui 1.600 riconducibili ad attività criminose648; per il Dipartimento del Tesoro U.S.A., i capitali nascosti ammonterebbero a 7.300 miliardi di Page 350 dollari, di cui il 29 per cento in Svizzera, il 23 per cento a Jersey, il 14 per cento in Lussemburgo e il 34 per cento in altre giurisdizioni649.

Secondo dati del "Boston Consulting"650 transitano, ogni anno, sui conti offshore esentasse circa 7.000 miliardi di dollari, di cui 2.000 in Svizzera, 1.000 nei Caraibi (Bahamas, Cayman, Antille), 850 in Lussemburgo. Seguono Delaware (U.S.A.), Isole del Canale (500 milioni), Singapore e Hong Kong (450 milioni), Liechtenstein (165 milioni)651.

Per quanto riguarda l'Italia, nei caveau dei paradisi tributari viene stimato un tesoro da 550 miliardi di euro652, geograficamente così distribuito: Svizzera 58%, Lussemburgo 14%, Germania 10%, Principato di Monaco 3%, San Marino 2%, altri Paesi 13%653. Il Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti ha paragonato i paradisi fiscali alla "caverna di Alì Babà". Ê facile, peraltro, osservare che la cartografia del nostro Paese è caratterizzata dalla concentrazione sull'arco alpino di giurisdizioni fiscali privilegiate, con una specifica interna rappresentata dalla Repubblica del Titano.

Sul punto giova sottolineare come il tema in questione non sia sfuggito alla dottrina sociale della Chiesa: la nuova enciclica del pontefice Benedetto XVI, Caritas in veritate (29.06.2009), richiama quanto già riportato da Paolo VI nell'enciclica Populorum progressio (26.03.1967), ossia l'invito "a valutare seriamente il danno che il trasferimento all'estero di capitali a esclusivo vantaggio personale può produrre alla propria Nazione".

I paradisi fiscali sono divenuti, altresì, paradisi societari dove l'intreccio tra benefici tributari, evasione, riciclaggio, occultamento di beni a creditori o altri "pretendenti" di ogni tipo è diventato più stretto con l'abbattimento dei tempi e dei costi di costituzione e gestione di corporate vehicle offshore654.

Infatti, l'ordinamento Page 351 di molti Paesi prevede ridotte formalità societarie e contabili, società anonime, possibilità di limitare la responsabilità dei soci e di emettere azioni al portatore e si caratterizza, quindi, per una sostanziale mancanza di trasparenza. Tale fenomeno non è, tuttavia, esclusivo dei paradisi fiscali, riscontrandosi, talvolta, anche in Stati a normale livello impositivo, i quali permettono la costituzione, al loro interno, di organismi particolarmente flessibili (fondazioni, trust, ecc.) o opachi.

Infine, anche attività soggette a regolamentazione e supervisione particolarmente severe, quali quelle finanziarie e assicurative, si sono collocate, in modo crescente, in centri offshore, sfuggendo alle regole e agli ordinari strumenti di vigilanza e controllo da parte delle competenti autorità degli effettivi Paesi di origine. Di conseguenza numerosi paradisi fiscali si sono trasformati anche in paradisi finanziari655, creando un vero e proprio sistema bancario parallelo non regolato che consente di realizzare non solo benefici tributari, ma anche di altra natura, come la previsione di regole minime per ottenere l'operatività di fondi di investimento, la costituzione di istituti di credito, la limitazione della responsabilità degli azionisti, l'occultamento del rischio connesso all'emissione di titoli obbligazionari strutturati.

@2. La reazione degli organismi internazionali

La governance mondiale risponde con crescente intensità alle nuove sfide. In particolare, le Organizzazioni internazionali agiscono con molto impegno affinché il contrasto del riciclaggio e dell'evasione fiscale operino in maniera sinergica, sfruttando al massimo le possibilità offerte dalla collaborazione reciproca656, dall'adozione di appropriate contromisure, dal superamento di molti ostacoli allo scambio di informazioni. Page 352

Sul finire degli anni '90, di preciso nel 1998657, presero forma le prime reazioni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U.), dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (O.C.S.E.), dell'Unione europea (U.E.) e del Gruppo di azione finanziaria internazionale (G.A.F.I.), per contrastare la concorrenza fiscale dannosa e il riciclaggio.

In concreto, l'azione congiunta tra il G.A.F.I. ed il Comitato per gli affari fiscali dell'O.C.S.E. si propone due distinti obiettivi658: individuare nel sistema di segnalazione di operazioni sospette eventuali lacune che possano determinare una mancata segnalazione qualora si sia in presenza di un reato fiscale; accertare l'effettiva capacità delle agenzie antiriciclaggio di fornire alle autorità fiscali informazioni relative ad un sospetto di reato fiscale per consentire a queste ultime di perseguirlo. In merito, fondamentale rilevanza assume il grado di reciprocità e complementarità del dialogo fra autorità antiriciclaggio ed autorità fiscali659.

Nel complesso, i risultati sono stati modesti e non sono riusciti ad evitare l'ulteriore sviluppo dei "paradisi" come centri finanziari offshore, soprattutto in correlazione - negli anni 2000 - con l'innovazione finanziaria e le cartolarizzazioni. Nell'attuale profonda crisi mondiale ha avuto un ruolo centrale il sistema di finanza parallela che i principali operatori del settore hanno potuto creare nei territori non cooperativi, i quali garantiscono - come innanzi sottolineato - benefici fiscali, societari e finanziari.

Tuttavia, di recente si sono registrate importanti prese di posizione su questo stato di cose che si riflettono nell'ambito delle politiche economiche dei Paesi più evoluti, europei ed extraeuropei.

Nel vertice a Londra del 2 aprile 2009, il G20 ha auspicato l'adeguamento alle regole dettate dall'O.C.S.E. in materia di trasparenza fiscale e scambio di informazioni nonché l'impegno ad eliminare il segreto bancario660.

Il Parlamento europeo, con risoluzione del 24 aprile 2009 afferente il suddetto vertice, dopo aver premesso che i centri offshore rendono possibile l'evasione e...

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