La "soft law": raccomandazioni e principi internazionali

AutoreMichele Carbone; Marco Tolla
Pagine43-65

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@1. La "Soft Law" nella normativa antiriciclaggio internazionale

La consapevolezza della dimensione transnazionale ormai raggiunta dalla criminalità organizzata ed economica ha portato, negli ultimi decenni, ad una serie di iniziative finalizzate ad elaborare strategie dirette a contrastare tali fenomeni sia sul piano internazionale che su quello delle legislazioni interne dei singoli Stati. Sul punto, occorre evidenziare che il sistema di norme antiriciclaggio - internazionali e nazionali - oggi vigenti è stato largamente influenzato da principi e raccomandazioni promananti da istituzioni internazionali, che, seppur privi di qualsiasi forza vincolante (cd. "soft law o soft regulation") nel tempo hanno saputo imporsi per via della validità tecnica delle soluzioni offerte e per l'autorevolezza degli organismi da cui sono stati elaborati.

In merito alla natura giuridica della "soft law"70, occorre ribadire che essa è priva di qualsiasi efficacia vincolante, a meno che, come effettivamente è successo in Page 44 diversi casi nel settore della disciplina antiriciclaggio, la stessa non venga poi adottata da trattati od atti convenzionali. Inoltre, i principi e le raccomandazioni in parola possono diventare cogenti anche nell'ipotesi in cui siano recepiti e fatti propri da parte delle singole legislazioni interne degli Stati.

In sostanza, sulla scorta della constatazione che la "soft regulation" nel campo ora considerato ha trovato accoglimento in moltissimi casi sia negli ordinamenti giuridici nazionali che nell'ambito di atti di diritto internazionale, non è peregrina l'affermazione secondo la quale i principi e le raccomandazioni di soft law, in virtù del loro elevato tecnicismo, spesso hanno costituito, di fatto, il modello base adottato successivamente per l'emanazione di provvedimenti normativi o la stipula di specifici accordi internazionali.

Sotto un profilo storico, va evidenziato che le prime raccomandazioni internazionali nel campo del contrasto al riciclaggio risalgono agli anni Ottanta e, in particolare, alla Raccomandazione R (80) 10 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che per prima ha tracciato le possibili linee guida per il contrasto e la prevenzione del fenomeno criminale in trattazione. Ad essa, che rimase inattuata, sono poi seguite altre importanti iniziative, che hanno interessato tutto lo spettro delle azioni rivolte a colpire il riciclaggio.

Di seguito, si farà cenno, oltre che alla citata Raccomandazione R (80) 10, anche ai lavori del Comitato per la Regolamentazione e la Vigilanza Bancaria della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, del G.A.F.I., del Fondo Monetario Internazionale, del Gruppo Egmont e del Gruppo Wolfsberg.

@2. Raccomandazione N. R (80) 10 del Consiglio d'Europa

Già nel 1977, il Consiglio d'Europa, percependo la gravità degli effetti del riciclaggio sull'economia legale, aveva istituito un Comitato di esperti incaricato di studiare un'adeguata strategia di contrasto.

Conseguentemente, tra le prime iniziative dirette ad instaurare forme di cooperazione internazionale nel campo della lotta al riciclaggio, va sicuramente menzionata la Raccomandazione N. R (80) 10, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 27 giugno 1980 e concernente l'attuazione di "Misure contro il trasferimento e l'occultamento dei capitali di origine criminale"71. Page 45

Con tale atto i Paesi membri del Consiglio d'Europa72 venivano invitati - sulla scorta dell'intuizione che le banche avrebbero potuto svolgere un ruolo preventivo di grande efficacia nella lotta al fenomeno criminale in argomento73 - ad attuare misure finalizzate ad evitare il coinvolgimento del sistema bancario in operazioni di riciclaggio, consistenti:

- nell'introduzione dell'obbligo di identificazione della clientela degli intermediari bancari, anche con riferimento a transazioni di valore elevato realizzate in modo frazionato;

- nell'incoraggiamento dell'instaurazione di forme di collaborazione nazionale ed internazionale degli istituti di credito con le competenti Autorità nazionali;

- nella modernizzazione dei sistemi bancari, mediante l'implementazione di dispositivi tecnologicamente avanzati in grado di consentire agli enti creditizi l'effettuazione di controlli tempestivi ed efficaci.

Un elemento di notevole importanza, che vale la pena di segnalare in questa sede, è dato dal fatto che l'atto in esame non ha circoscritto i reati presupposto del riciclaggio a particolari forme criminali, implicando, in tal modo, un'azione di contrasto diretta a colpire in modo potenzialmente generalizzato i proventi illeciti74. La Raccomandazione, quale atto di indirizzo privo di efficacia vincolante, è rimasta inattuata, ma è interessante notare come molte delle misure da essa prospettate siano state in seguito riprese dalla Dichiarazione di Principi di Basilea, dalle Raccomandazioni del G.A.F.I. e dalla normativa comunitaria.

@3. Dichiarazione di principi di Basilea

Un forte impulso all'individuazione di strategie di contrasto al riciclaggio si è avuto con la "Dichiarazione di principi di diligenza per la prevenzione dell'abuso criminoso del sistema bancario a scopo di riciclaggio", emanata il 12 dicembre 1988 dal Comitato per la Regolamentazione e la Vigilanza Bancaria della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, organo costituito alla fine del 1974, a seguito delle crisi bancarie e valutarie avutesi sui mercati internazionali, dai governatori delle banche centrali dei Paesi del cosiddetto "Gruppo dei Dieci"75, con l'obiettivo di favorire la cooperazione tra le autorità di vigilanza e l'introduzione di principi comuni. Page 46

L'atto in rassegna, che nel preambolo richiama la sopraccitata Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, è sostanzialmente una dichiarazione di intenti, che si limita a delineare delle norme di comportamento per le banche dirette ad evitare l'inconsapevole intermediazione in operazioni di riciclaggio, così da salvaguardare l'immagine degli istituti di credito e la fiducia in essi riposta dai risparmiatori e dagli investitori76. Nella Dichiarazione sono stati fissati i seguenti principi77:

- l'identificazione della clientela;

- il pieno rispetto, da parte delle banche, delle normative vigenti nella conduzione della propria attività;

- la cooperazione con le Autorità nazionali nella misura stabilita dalle legislazioni e regolamentazioni nazionali e l'assunzione dei provvedimenti adeguati compatibili con la normativa vigente nel caso di ragionevole sospetto che i depositi derivino da attività illegali;

- l'adozione da parte degli istituti di credito di politiche coerenti con i principi della Dichiarazione, consistenti nello sviluppo di procedure efficaci per l'identificazione della clientela, nella conservazione delle registrazioni delle transazioni, nell'adeguata formazione del personale e nell'ampliamento dei controlli interni per i suddetti fini.

Nel 1997 il Comitato di Basilea ha emanato alcuni Principi generali in tema di vigilanza sul sistema bancario, contenenti indicazioni utili per prevenire il riciclaggio e, in particolare, per assicurare l'effettiva conoscenza del cliente. Inoltre, nel 2001, sono state formulate ulteriori indicazioni in tema di conoscenza della clientela quale fondamento della prevenzione dell'uso del sistema bancario a scopo di riciclaggio (documento "Customer due diligence for banks").

@4. Il G.A.F.I.

Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (G.A.F.I.78) è un organismo intergovernativo che si occupa in maniera specialistica di contrasto al riciclaggio. La sua istituzione risale al Vertice di Parigi dei Capi di Stato e di Governo dei sette Paesi più industrializzati (G 7) e del Presidente della Commissione delle Comunità Europee svoltosi nel luglio del 1989, durante il quale fu ravvisata la necessità di un'efficace azione, sia a livello nazionale che internazionale, diretta al contrasto Page 47 della produzione, del consumo e del traffico di droga, così come del riciclaggio dei proventi illeciti. In tale ambito venne istituito il G.A.F.I., che ebbe sin da subito una profonda influenza sulla comunità internazionale in tema di misure finalizzate al contrasto della tipologia di reato in trattazione79.

Per quanto concerne la composizione di tale organismo internazionale, va evidenziato che, oltre ai partecipanti al Vertice (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti d'America e la Commissione delle Comunità Europee), si unirono all'iniziativa, sin dalla prima sessione di lavori, altri otto Stati (Australia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera). Inoltre, tra il maggio del 1990 ed il maggio del 1991, entrarono a farvi parte altri otto Paesi O.C.S.E. (Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo e Turchia), nonché Hong Kong ed il Consiglio di Cooperazione del Golfo. Infine, nel 1993 - 1994 il numero degli Stati membri fu esteso comprendendo anche Islanda e Singapore e, successivamente, vi furono ulteriori allargamenti80.

A seguito dell'istituzione del G.A.F.I. e dei lavori che ne seguirono, il 6 febbraio 1990 fu redatto un primo Rapporto, concernente l'analisi delle dimensioni e della natura del fenomeno, una descrizione degli strumenti antiriciclaggio già adottati a livello nazionale ed internazionale e, quale parte di maggiore importanza, 40 Raccomandazioni di azione per contrastare il reato in esame. Tale primo documento fu approvato da tutti gli Stati membri nel maggio del 1990 e sottoposto al Vertice di Houston del "G 7", dove si decise di far operare il G.A.F.I. per un altro anno.

Il 13 maggio 1991 fu stilato un secondo Rapporto e nel 1993 - 1994 fu effettuata la revisione dell'operato dell'organismo internazionale, prevedendo che lo stesso Page 48 rimanesse attivo fino al 1998 - 1999, in modo da assicurare coerenza, flessibilità ed efficienza all'iniziativa. Quindi, nel 1998 il mandato fu prorogato...

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