Profili penali della legislazione alimentare

AutoreGiuseppe Motolese
Occupazione dell'autoreAvvocato
Pagine211-265

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@Introduzione

“… la fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico ma anche quello morale e spirituale dell’uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della coscienza. La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e di sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete migliorare un popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”. (Feuerbach, scritti del 1862).

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Il pensiero del filosofo tedesco non sembra essere lontano dalle convinzioni della Commissione Europea anzi, leggendo alcune parti dell’introduzione del Libro bianco sulla sicurezza alimentare, si può notare una forte affinità.

“La produzione e il consumo di alimenti è un fatto centrale di ogni società e ha ripercussioni economiche, sociali e, in molti casi, ambientali. Anche se la protezione della salute deve sempre avere carattere prioritario, si deve tenere conto anche di tali aspetti nello sviluppo di una politica degli alimenti. Inoltre, le condizioni e la qualità dell’ambiente, in particolare dell’ecosistema, possono influire sui diversi anelli della catena alimentare. La politica ambientale svolge quindi un ruolo importante al fine di assicurare alimenti sicuri ai consumatori”. “L’importanza economica e l’onnipresenza dei prodotti alimentari nella nostra vita fanno capire che vi deve essere un forte interesse per la sicurezza alimentare nella società nel suo complesso...”

@1. L’esigenza della legislazione alimentare

Le non lontane vicende vissute (BSE, diossina, solo per citare le emergenze più importanti) hanno posto e messo in risalto, in tutta la loro evidenza, i limiti e le lacune del sistema legislativo allora vigente, tanto da far sentire nell’opinione pubblica il bisogno di una nuova struttura, di un corpus giuridico unico evoluto, in grado di fronteggiare le crisi del settore e di dare una risposta adeguata alle nuove problematiche.

Già nel 1997 il legislatore comunitario, con il Libro Verde intitolato “Principi della legislazione alimentare dell’Unione Europea”, esprimeva la necessità di una estensione della tutela e dei controlli all’intera filiera produttiva che andasse “dalla fattoria alla tavola”. A tale iniziativa, pur lodevole, non seguirono tuttavia interventi reali.

La risposta alle crisi alimentari si è realizzata nel Libro BiancoPage 213 sulla sicurezza alimentare in cui si prende atto delle manchevolezze e della insufficienza della tutela prevista, (una legislazione europea disomogenea, poco coerente e talvolta priva di reale efficacia) e si tracciano le linee programmatiche per una nuova normazione alimentare, omogenea ed omnicomprensiva nell’ambito dell’Unione Europea.

@2. Il Reg. 178/2002 come pilastro della nuova sicurezza alimentare e punto di riferimento per le legislazioni nazionale

Il Reg. 178/2002 rappresenta la prima concretizzazione delle proposte avanzate nel Libro Bianco, stabilisce i principi ed i requisiti cui dovrà essere informata la futura legislazione comunitaria, e si delinea come il primo vero atto normativo europeo, che conferisce ed eleva a dignità autonoma il diritto alimentare.

Esso opera su di un doppio versante, materiale ed istituzionale. Per quanto riguarda il primo aspetto il regolamento realizza una codificazione dei principi generali della legislazione alimentare; sotto l’altro profilo costituisce l’EFSA (European Food Safety Authority), ossia l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.

Il proposito del legislatore di emanciparsi dalla vecchia logica settoriale e il suo intento di dare una precisa e decisa svolta alla disciplina, si desumono fin già dalla scelta dello strumento normativo adottato: il regolamento. Esso è fonte normativa di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e, soprattutto, esplica efficace diretta in ciascuno Stato che, pertanto, deve riconoscergli forza e valore di legge, anzi si può tranquillamente affermare che il regolamento è legge.

Il cambiamento del fine ha comportato il cambiamento del metodo, tramite il passaggio dalla fonte della direttiva a quella del regolamento, ma a ben vedere si è trattato di una scelta obbligata ed obbligatoria. Infatti se lo scopo era quello di porre lePage 214 fondamenta per una legislazione alimentare di respiro comunitario, che fosse di applicazione uniforme e funzionale agli stessi scopi dell’Unione Europea e che fungesse come riferimento per le legislazioni nazionali, si doveva per forza di cose abbandonare il sistema direttoriale e chiudere gli spazi discrezionali concessi al singolo Stato membro.

L’art. 1, paragr. 1, del Reg sancisce che “Il presente regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti…”; al paragr. 2 del medesimo articolo si legge ancora “il presente regolamento reca i principi generali da applicare nella Comunità e a livello nazionale in materia di alimenti e mangimi in generale, e di sicurezza degli alimenti e dei mangimi in particolare”.

Lo scopo dichiarato è quello di costituire una base comune per la tutela della salute dei consumatori, ma per fare ciò è necessario rendere comuni e chiarire i concetti, i principi e le procedure.

La prima definizione riportata è quella di alimento. “Ai fini del presente regolamento si intende per “alimento” (o “prodotto alimentare”, o “derrata alimentare”) qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l’acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all’art. 6 della Dir. 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle Dir. 80/778/CEE e 98/83/CE.(art.2). È una denominazione ampia che fa soggiacere alla rigorosa normativa sulla sicurezza alimentare anche sostanze che, pur non essendo direttamente destinate alla alimentazione, rientrano comunque nella catena alimentare perché coinvolte nelle fasi della preparazione dei cibi. (il riferimento è agli additivi chimici, agli ingredienti).

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Seguono all’articolo 3 “Altre definizioni” che si riportano per dovere di completezza:

Ai fini del presente regolamento si intende per:

  1. “legislazione alimentare”, le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale; sono incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati;

  2. “impresa alimentare”, ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti;

  3. “operatore del settore alimentare”, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo;

  4. “mangime” (o “alimento per animali”), qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato alla nutrizione per via orale degli animali;

  5. “impresa nel settore dei mangimi”, ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle operazioni di produzione, lavorazione, trasformazione, magazzinaggio, trasporto o distribuzione di mangimi, compreso ogni produttore che produca, trasformi o immagazzini mangimi da somministrare sul suo fondo agricolo ad animali;

  6. “operatore del settore dei mangimi”, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa di mangimi posta sotto il suo controllo;

  7. “commercio al dettaglio”, la movimentazione e/o trasforma-Page 216zione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all’ingrosso;

  8. “immissione sul mercato”, la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita, comprese l’offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente detta;

  9. “rischio”, funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo;

  10. “analisi del rischio”, processo costituito da tre componenti interconnesse: valutazione, gestione e comunicazione del rischio;

  11. “valutazione del rischio”, processo su base scientifica costituito da quattro fasi:

    individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell’esposizione al pericolo e caratterizzazione del rischio;

  12. “gestione del rischio”, processo, distinto dalla valutazione del rischio, consistente nell’esaminare alternative d’intervento consultando le parti interessate, tenendo conto della valutazione del rischio e di altri fattori pertinenti e, se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo;

  13. “comunicazione del rischio”, lo scambio interattivo, nell’intero arco del processo di analisi del rischio, di informazioni e pareri riguardanti gli elementi di pericolo e i rischi, i fattori connessi al rischio e la percezione del rischio, tra responsabili della valutazione del...

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