La tracciabilità

AutoreGiuseppina Lo Re; Francesca Greco
Occupazione dell'autoreAvvocato/Dottore
Pagine267-286

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@1. Cenni preliminari

Tra gli obiettivi di primaria importanza nell’attuazione delle politiche comunitarie ha assunto grande rilievo quello della sicurezza alimentare a fronte del diritto di ogni cittadino europeo ad un’alimentazione sana e qualitativamente sicura ed in considerazione dell’enorme rilevanza per l’economia europea dei settori alimentare ed agricolo cresciuta notevolmente in seguito all’espansione del mercato europeo verso i Paesi dell’Europa orientale e centrale.

Nel 1962, per superare la crisi alimentare del dopoguerra, entrava in vigore la PAC (Politica Agricola Comune) e, una volta conseguita l’autosufficienza alimentare dei cittadini europei dagli anni 70 in poi, la Comunità si orientava verso l’attuazione di una politica di protezione dei consumatori e proprio a tal fine nel 1972 veniva riconosciuto il Consiglio Europeo di Parigi e nel 1986 con l’Atto Unico Europeo si introduceva all’art. 100 del Trattato la nozione di consumatore e si rimuoveva la regola dell’unanimità per l’adozione della normativa riguardante la protezione dei consumatori ampliando l’utilizzazione della procedura di codecisione.

Fin dalla metà degli anni 80 la Commissione si è occupata con norme cogenti della salute e sicurezza dei consumatori che sono diventate un obiettivo di primaria importanza come emerge con evidenza anche solo sfogliando la Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee. Nello specifico, per quanto riguarda la salute dei consumatori la competenza è concorrente secondo il principioPage 268 di sussidiarietà che è stabilito nell’art. 5. par. 2 del Trattato CE ed a norma del quale la Comunità nei settori che non sono di sua esclusiva competenza interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque o in considerazione delle dimensioni o degli effetti che l’azione in questione è in grado di produrre, essere realizzati meglio a livello comunitario. Questa distinzione così netta è valida tuttavia solo formalmente in quanto non può negarsi il ruolo centrale della Comunità che è in grado di coinvolgere tutte le parti interessate.

Le gravi crisi alimentari che hanno caratterizzato gli anni 90, come quella determinata dalla “mucca pazza”, hanno messo prepotentemente in luce i limiti della normativa comunitaria che presentando troppi spazi in bianco prestava agevolmente il fianco a differenti e diametralmente opposte valutazioni da parte degli Stati Membri. Acquisita dunque la consapevolezza della necessità di migliorare la legislazione alimentare, nel 1997 la Commissione Europea pubblicava il Libro verde sui principi generali della legislazione alimentare nell’UE e nel 2000 il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare, con l’obiettivo di realizzare un trattamento integrato ed uniforme su tutto il territorio comunitario e mettendo in luce la necessità di instaurare un dialogo tra consumatori ed operatori del settore finalizzato al raggiungimento di un elevato livello di fiducia reciproca, raggiungibile solo attraverso un rigoroso sistema di controllo e la fornitura di informazioni chiare e precise come l’etichetta ecologica, le indicazioni geografiche e le indicazioni di origine protetta, nonché la opportunità di istituire un’Autorità europea responsabile della sicurezza dei prodotti alimentari.

Nel 2002 viene adottato il Regolamento CE n. 178/2002 che istituisce l’Autorità per la sicurezza degli alimenti (EFSA), dotata di una distinta personalità giuridica, insieme ad un comitato permanente per la catena alimentare e la sanità animale, in sostituzione degli otto comitati scientifici permanenti già esistenti; vie-Page 269ne inoltre potenziato il sistema di allarme mercè l’attribuzione di poteri speciali alla Commissione per l’adozione di provvedimenti urgenti nell’ipotesi in cui gli Stati membri non siano in grado di circoscrivere da soli rischi seri per la salute umana animale o per l’ambiente. Indicativo è, in primis, lo strumento utilizzato, il regolamento, che come è noto, non richiede recepimento ad opera di normative nazionali essendo invece immediatamente efficace nei confronti dei singoli.

Il Regolamento stabilisce cinque principi fondamentali. Il primo è il carattere indivisibile della catena alimentare lungo tutto il suo snodarsi dal produttore iniziale al consumatore finale; il secondo è l’analisi del rischio attraverso tre distinte fasi che consistono nella valutazione dei rischi tramite pareri e dati scientifici, nella gestione dei rischi attraverso l’intervento dei poteri pubblici, e nella comunicazione dei rischi al grande pubblico. Qualora i dati scientifici disponibili non consentano di operare compiutamente una valutazione dei rischi si applica il “principio di precauzione” quale strumento normativo e giurisprudenziale di interpretazione delle situazioni di incertezza scientifica.

Il terzo principio è quello della responsabilità di tutti gli operatori del settore che trasformano, elaborano importano, commercializzano o distribuiscono prodotti alimentari, e sono tenuti in caso di emergenza ad adottare tempestivamente ogni misura necessaria e ad avvertire le autorità competenti. Il quarto è quello della tracciabilità dei prodotti lungo tutta la catena alimentare; il quinto è quello del diritto ad un’informazione chiara, precisa e trasparente.

Fondamentale è, inoltre, l’art. 14 del regolamento, che stabilisce che “gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato. Gli alimenti sono considerati a rischio nei casi seguenti:se sono dannosi per la salute, se sono inadatti al consumo umano Per determinare se un alimento è “a rischio” occorre prendere in considerazione quanto segue: le condizioni di uso normale dell’alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produ-Page 270zione, della trasformazione e della distribuzione, le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull’etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti”.

Con l’espansione del mercato è cresciuta e si è affermata la necessità di acquisire informazioni dettagliate su tutti i componenti e i prodotti alimentari, di seguire i prodotti lungo tutto l’iter di fabbricazione e di stabilire e far rispettare rigorose norme in tema di sicurezza alimentare.

Per una tutela della nostra salute che sia efficace è indispensabile acquisire informazioni sui potenziali rischi legati alla produzione, manipolazione e conservazione dei cibi. Un cibo, infatti, può definirsi salubre solo quando siano rispettate tutte le norme igienico sanitarie dirette ad impedire alterazioni fisiche, contaminazioni chimiche, microbiologiche e la formazione di microrganismi patogeni o tossine di origine batterica. I batteri, infatti, possono determinare l’insorgenza di infezioni o intossicazioni alimentari senza produrre alterazioni del sapore, del colore, dell’odore, dell’aspetto o della consistenza degli alimenti.

Possiamo tranquillamente dire “C’era una volta …un tempo in cui le stagioni erano scandite dalla comparsa dei frutti tanto agognati e attesi, non a caso definiti in gergo comune frutti di stagione. Poi venne un tempo in cui tutti i frutti diventarono presenti indifferentemente tutto l’anno generando nelle stagioni una vera e propria crisi di identità”.

Da allora tutto l’anno nei supermercati è possibile trovare frutti sodi e perfetti provenienti dalla zone più disparate del globo attraverso una fitta rete di intermediari.

Dietro questa ininterrotta disponibilità e somministrazione che potrebbe apparire come una delle più grandi conquiste del progresso si cela in realtà uno dei mostri più insidiosi e allarmanti.

In realtà infatti, ogni giorno attraverso i prodotti alimentari ingoiamo senza averne consapevolezza, ogni sorta di veleno, co-Page 271loranti cancerogeni, pesticidi, olii, zuccheri grassi e amidi nascosti o estremamente raffinati che, in spregio alla normativa sulla tracciabilità dei prodotti entrata in vigore a gennaio, procurano gravi problemi cardiovascolari, incrementano il rischio obesità e sono in grado addirittura di modificare la struttura dell’utero femminile. Del resto, secondo la normativa europea se un ingrediente è presente per meno del 2% in un prodotto non è obbligatorio indicare come è stato ottenuto.

Questi inquietanti problemi sono stati analizzati in un libro inchiesta intitolato “Non c’è sull’etichetta. Quello che mangiamo senza saperlo” di Felicity Lawrence scrittrice ed inviata del quotidiano inglese The Guardian. Davvero preoccupanti gli aspetti messi in luce: basti pensare ad esempio che quella che si presenta come innocua insalata in busta così allettante e pratica essendo immediatamente pronta per il consumo, viene lavata all’interno di vasche che presentano una percentuale di cloro dieci volte più elevata di quella presente in una piscina olimpionica e poi viene conservata in...

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