Il regime delle prestazioni delle forme pensionistiche complementari

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Capitolo Quinto
Il regime delle prestazioni delle forme
pensionistiche complementari
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Ancora sulla incerta natura delle prestazioni di previdenza
complementare. - 3. Caratteri strutturali e lineamenti tipologici delle prestazioni pen-
sionistiche complementari. - 4. I requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche
complementari. - 5. Il nuovo regime delle anticipazioni e dei riscatti.
1. Premessa
La sistemazione dell’essenziale profilo della natura e del regime giu-
ridico delle prestazioni di previdenza complementare sconta incertezze –
qualificatorie e di disciplina applicabile – non meno significative di
quelle registrate nel capitolo precedente in tema di contribuzione ai fondi
pensione. Riprendendo una icastica osservazione critica sullo stato della
giurisprudenza in materia, potrebbe ripetersi che “la vera e propria crisi
ermeneutica in cui si trova immerso il problema della natura e della di-
sciplina giuridica applicabile ai contributi”1, investe, in pari misura, e
per le medesime ragioni di fondo, anche il tema delle prestazioni di pre-
videnza complementare. Si tratta di un riflesso, a ben vedere, da un lato,
di quella immaturità sistematica che contrassegna, nel suo insieme, come
pure è stato rilevato2, la disciplina della previdenza complementare an-
che dopo la riforma organica del 2005, e, dall’altro, di quella sostanziale
“assenza di nozioni condivise”3, che, più a monte4, costituisce il portato
1 A. TURSI, Il tfr nei fondi pensione: per la Cassazione è l’inverso, in Riv. it. dir. lav.,
2006, II, p. 710 ss. (qui p. 711), commentando criticamente il noto e già esaminato orienta-
mento della giurisprudenza di legittimità che vuole i contributi di previdenza complementa-
re versati ai fondi pensione dal datore di lavoro ricompresi, salva diversa previsione del
contratto collettivo, nella base di computo del trattamento di fine rapporto.
2 Sempre da A. TURSI, Note introduttive: la terza riforma della previdenza complemen-
tare, in ID. (a cura di), La nuova disciplina della previdenza complementare (d.lgs. 5 di-
cembre 2005, n. 252), in Nuove leggi civili commentate, 2007, p. 537.
3 R. PESSI, La previdenza complementare: identità e discipline, in Mass. giur. lav.,
2005, p. 950.
4 È bene tenere presente – con G. LEONE, Intere sse pubblico e interessi privati nella
previdenza complementare, in Dir. lav. rel. ind., 2001, p. 277 ss. – che i dissensi sull’inq-
uadramento costituzionale della previdenza complementare sono, a loro volta, un portato –
forse il più rilevante, oggi, per i suoi riflessi pratici ed applicativi – delle diverse concezioni
di fondo del sistema di sicu rezza sociale n ella Co stituz ione ita liana. Cfr., da ultimo, A.
AVIO, Vecchiaia e lavoro tra solidarietà e corrispettività, Roma, 2008.
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dei perduranti dissensi sulla collocazione costituzionale del pilastro pen-
sionistico integrativo.
Se giurisprudenza e dottrina restituiscono l’immagine di un terreno
diviso e conteso, nel quale la latente contrapposizione tra natura retribu-
tiva o propriamente previdenziale dei trattamenti pensionistici comple-
mentari finisce per riflettere anche divergenti opzioni di politica del di-
ritto5, il legislatore sembra mosso da un pragmatismo che, per quanto
ispirato dal condivisibile intento di fornire risposte puntuali ed efficaci ai
crescenti problemi applicativi ed operativi della previdenza complemen-
tare italiana, impedisce, al contempo, di definire uno statuto ed una di-
sciplina generale effettivamente rispondenti a requisiti di coerenza siste-
matica. L’esperienza dell’ultima riforma organica della materia – la terza6,
ad oggi, fissando nel d.lgs. n. 124 del 1993 l’ingresso dell’Italia nel nove-
ro dei paesi dotati di una moderna disciplina della previdenza com-
plementare7 – è emblematica di questo atteggiamento del legislatore.
La sostanziale assenza, sullo specifico tema, di significativi criteri
direttivi nella legge delega del 2004, non ha impedito al legislatore dele-
gato di rivedere, anche in profondità, importanti aspetti della disciplina
delle prestazioni. Ma ciò è inevitabilmente avvenuto secondo una linea
di pragmatismo esasperato sino ai limiti dell’opportunismo metodologi-
co, con risposte oscillanti tra impostazioni concettualmente diverse,
quando non contrapposte, e di volta in volta calibrate – senza, appunto,
una visione sistematica e coerente d’insieme – sullo specifico problema
da affrontare, a seconda della (ritenuta) convenienza della singola solu-
zione ad hoc.
È così giocoforza rilevare – già ad una prima valutazione d’insieme
delle innovazioni del d.lgs. n. 252 del 2005 – come, accanto a chiare
istanze di rafforzamento del rapporto di funzionalizzazione tra previden-
za complementare e pubblica (e, dunque, di più stringente assimilazione
delle prestazioni della prima a tipici e caratterizzanti profili di disciplina
5 Come mettono in rilievo, da ultimo, G. CIOCCA e P. OLIVELLI, Le prestazioni, in cor-
so di pubblicazione M. CINELLI (a cura di) La previdenza complementare – Articolo 2123,
ne Il Codice Civile. Commentario fondato da P. Schlesinger e diretto da F. D. Busnelli,
Milano, 2009.
6 V. ancora A. TURSI, op. ult. cit., nonché ID., La terza riforma della previdenza com-
plementare in itinere: spunti di riflessione, in Prev. ass. pubbl. priv., 2004, p. 513 ss.
7 Per un quadro comparato F. PERACCHI (a cura di), Le pensioni in Italia e in Europa,
Roma, 2000, e, più di recente, D. NATALI, Vincitori e perdenti. Come cambiano le pensioni
in Italia e in Europa, Bologna, 2007. Sulla disciplina giuridica della previdenza comple-
mentare nei principali paesi europei v. soprattutto R. VIANELLO, I fondi pensione nelle esperien-
ze nazionali europee, in M. BESSONE, F. CARINCI (a cura di), La previdenza complementare, in
Diritto del lavoro. Commentario diretto da F. Carinci, vol. IV, Torino, 2004, p. 134 ss.

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