Le fonti istitutive delle forme di previdenza complementare

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Capitolo Secondo
Le fonti istitutive delle forme di previdenza complementare
SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Legge, autonomia collettiva e libertà individuale nel ridisegno
delle fonti istitutive della previdenza complementare. - 3. Fonti istitutive, fonti costitu-
tive e configurazione soggettiva dei fondi pensione. - 4. Quadro sinottico delle
fonti istitutive e dei soggetti istitutori nel passaggio dal vecchio al nuovo regime della
previdenza complementare. - 5. Le fonti istitutive di natura negoziale: a) contratti ed
accordi collettivi. - 5.1. Segue: b) gli accordi individuali plurimi. - 5.2. Segue: c) gli accordi
tra lavoratori. - 5.3. Segue: d) i regolamenti di enti e aziende. - 6. Le fonti istitutive di natura
non negoziale: a) i ruoli della legge regionale. - 6.1. Segue: b) il FONDINPS.
1. Premessa
Nella nuova disciplina delle fonti istitutive della previdenza com-
plementare si riflette immediatamente uno dei capisaldi della riforma del
2005. Nel testo dell’art. 3 del decreto il legislatore ha invero voluto ren-
dere immediatamente visibile – sino al limite di qualche innegabile for-
zatura concettuale – la volontà di riunificare e parificare sotto uno stesso
regime a forte vocazione concorrenziale forme di previdenza comple-
mentare collettiva e individuale, fondi chiusi e aperti e, quindi, fonti ne-
goziali e non, insieme a soggetti promotori, o propriamente istitutori, di
natura privata e pubblica. Il riferimento promiscuo ad “entità”, ed in par-
ticolare a fonti e forme così diverse ed eterogenee, e che il testo del d.
lgs n. 124 del 1993 nella versione novellata dal d.lgs. n. 47 del 2000 non
a caso si premurava di tenere ancora ben separate, si spiega essenzial-
mente con l’urgenza di rendere manifesto il definitivo compimento di
quel programma politico-legislativo di riunificazione di forme pensioni-
stiche collettive e individuali (di secondo e terzo pilastro previdenziale),
solo prefigurato ma lasciato largamente incompiuto dalla riforma del
20001.
La riunificazione e la equiordinazione di forme collettive e indivi-
duali – quali strumenti tra loro concorrenti ed alternativi, ma accomunati
dal fine dell’“erogazione di trattamenti pensionistici complementari del
sistema obbligatorio” onde “assicurare più elevati livelli di copertura
1 L’osservazione è comune tra i commentatori: cfr. per tutti A. TURSI, Note introdutti-
ve: la terza riforma della previdenza complementare, in ID. (a cura di), La nuova disciplina
della previdenza complementare (d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252), in Nuove leggi civili
commentate, 2007, p. 537 ss., spec. p. 540.
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previdenziale” (art. 1, comma 1, del decreto) – presuppone la definitiva
acquisizione di una nozione “debole”, “leggera”, di previdenza comple-
mentare: di una nozione che in tanto riesce ad essere unitaria, e a unifi-
care realtà strutturalmente così diverse, in quanto si basa sulla individua-
zione d’un minimo comune denominatore funzionale, consistente in quel
vincolo di destinazione e di finalizzazione previdenziale del risparmio
veicolato attraverso i fondi pensione, chiusi o aperti, cui non a caso il
decreto dedica la definizione d’esordio. Si tratta di una nozione debole
perché “minima” di previdenza complementare, quasi scarnificata e
svuotata degli elementi definitori ereditati dalla tradizione, ed ancora
chiaramente leggibili nell’originario articolato del d.lgs. n. 124 del 1993,
i quali la volevano intrisa di una coessenziale dimensione di solidarietà e
mutualità collettiva a scaturigine sostanzialmente (anche se non sempre
formalmente) sindacale2.
Un deciso passo verso l’affermazione d’un siffatto assetto definito-
rio ed ordinamentale era già rintracciabile nel d.lgs. n. 47 del 2000. Già
lì si registrava una spinta verso la tendenziale parificazione di forme nate
dalla iniziativa sindacale e volte alla realizzazione di scopi di mutualità
collettiva, e forme originate dalla iniziativa dei soggetti del mercato fi-
nanziario o assicurativo e proiettate a soddisfare interessi individuali, o
senz’altro “egoistici”, eppure oramai destinate ad assolvere, nelle valuta-
zioni del legislatore, alla medesima funzione delle prime, nonostante la
realizzazione d’assetti d’interessi così profondamente diversi3.
Una compiuta unificazione normativa sotto tale minimo comune de-
nominatore funzionale era tuttavia impedita, nel sistema previgente, dal-
la perdurante presenza di elementi di differenziazione tra i due sottosi-
stemi della previdenza complementare, ed in particolare dalla barriera tra
gli stessi frapposta dalla previsione di vincolo contenuta nell’art. 9,
2 V. principalmente M. CINELLI, Appunti per un dibattito sulla previdenza integrativa,
in Riv. it. dir. lav., 1986, I, p. 888 ss.; R. PESSI, La nozione di previdenza integrativa (1988),
ora in ID., La previdenza complementare, Padova, 1999, p. 1 ss.; P. SANDULLI, Previdenza
complementare, in Digesto Disc. priv., sez. comm., XI, Torino, 1995, p. 243 ss.; M. PERSIA-
NI, La previdenza complementare tra iniziativa sindacale e mercato finanziario (2001), ora
in ID., La previdenza complementare, Padova, 2008, p. 141 ss.
3 PERSIANI, op. cit., p. 156, che ne deduceva (e ne deduce) la sostanziale impossibilità
di pervenire alla individuazione di una nozione unitaria di previdenza complementare, non
sembrandogli appagante quella imperniata sulla delineazione d’un mero vincolo funzionale
o di scopo del risparmio accumulato a fini pensionistici integrat ivi già suggerita da A. TURSI,
La previdenza complementare nel sistema italiano di sicurezza sociale. Fattispecie e disci-
plina giuridica, Milano, 2001, p. 108 ss., spec. p. 111, ed ormai a ben vedere accolta dallo
stesso legislatore del 2005. In tema, con riferimento alla riforma del 2000, si vedano anche
le considerazioni critiche di M. CINELLI, Previdenza pubblica e previdenza complementare
nel sistema costituzionale, in G. FERRARO (a cura di), La previdenza complementare nella
riforma del Welfare, Milano, 2000, I, p. 93 ss.
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comma 2, del d.lgs. n. 124 del 19934. Ora che quel vincolo è venuto me-
no insieme con altri importanti elementi di differenziazione tra i due sot-
tosistemi, con la conseguente immissione d’una schietta logica di plura-
lismo concorrenziale tra le diverse forme della previdenza complementare,
il legislatore può finalmente riunire sotto un regime fondamentalmente co-
mune forme individuali e collettive5, e rivedere di conseguenza l’assetto
delle fonti istitutive, mettendo segnatamente su di un piano di pariordina-
zione funzionale quelle a genesi collettivo-sindacale e quelle viceversa frut-
to dell’iniziativa degli operatori del mercato finanziario ed assicurativo.
La riscrittura della disciplina delle fonti istitutive, legandosi alle
previsioni riguardanti i destinatari delle forme di previdenza comple-
4 I tentativi – pur autorevolmente svolti in dottrina (cfr. M. BESSONE, Previdenza com-
plementare, Torino, 2000, pp. 66-67) ed in parte suffragati dagli orientamenti della COVIP
(v. l’art. 4, comma 2, del regolamento deliberato l’11 ottobre 2000) – volti a considerare
almeno attenuato, quando non superato (in particolare per le adesioni individuali ai fondi
aperti), già dopo la novella del 2000, il vincolo di appartenenza al circuito dei fondi chiusi
di natura collettivo-sindacale posto da quella previsione, si sono a ben guardare rivelati in-
sufficienti agli occhi dello stesso legislatore del 2004/2005, che non a caso ha sentito il bi-
sogno di una espressa rimozione dello stesso con la puntuale soppressione della fattispecie
di cui all’art. 9, comma 2, d.lgs. n. 124 del 1993 (v. l’art. 1, comma 2, lett. e, punto 4, legge
n. 243 del 2004). Sulla controversa interpretazione dell’art. 9, comma 2, post novella del
2000, v. spec. TURSI, La previdenza complementare, cit., p. 406 ss. (schierato sulla linea
della netta conferma della residualità tout court del sottosistema dei fondi aperti) e G. ZAMPINI,
La previdenza complementare. Fondamento costituzionale e modelli organizzativi, Padova,
2004, p. 89 (problematicamente aperto alla accennata interpretazione di parziale liberalizza-
zione delle adesioni individuali, ma consapevole che nel sistema post riforma del 2000 la
“supplementarietà” delle forme pensionistiche individuali rispetto a quelle collettive conti-
nuava ad essere affermata sul piano delle agevolazioni fiscali connesse alla destinazione
delle quote di tfr, già esclusivo appannaggio della fonte collettiva).
5 E si badi che, sulla stessa linea definitoria minimalistica di cui si è appena detto, il
legislatore fonda ora la distinzione tra forme collettive ed individuali svalutando del tutto il
rilievo della natura della fonte istitutiva e facendo unicamente riferimento al tipo o mecca-
nismo di adesione al “fondo pensione” (denominazione, questa, espressamente estesa, oggi,
agli stessi piani pensionistici individuali accessi mediante stipulazione d’un contratto di
assicurazione sulla vita con finalità previdenziali conformi al decreto: v. l’art. 1, comma 4).
La modalità collettiva di adesione conferisce così natura corrispondente a forme del tutto
eterogenee quanto ad istituzione e – per quel che più rileva – anche a forme a genesi non
sindacale, come i fondi aperti o gli stessi fondi pensione chiusi in ipotesi direttamente isti-
tuiti dalle Regioni (infra, § 6): cfr. A. PANDOLFO, Prime osservazioni sulla nuova legge
sulla previdenza complementare: a mo’ di (parziale) commento al d.lgs. n. 252/2005, in
Prev. ass. pubbl. priv., 2006, p. 145 ss., sul punto p. 151. Ma se si considera che l’adesione
collettiva ad un fondo aperto altro non è che un “procedimento collettivamente rafforzato di
adesione individuale” (A. TURSI, La terza riforma della previdenza complementare in itine-
re: spunti di riflessione, in Prev. ass. pubbl. priv., 2005, I, p. 513 ss., qui p. 516), risulta
ancor più evidente la debolezza della nozione di forma complementare “collettiva” accolta
dall’art. 1 del decreto, che se non prescinde ancora del tutto dall’esistenza di un interesse
collettivo, assume dello stesso una versione rarefatta. In tema cfr. soprattutto R. VIANELLO,
Previdenza complementare e autonomia collettiva, Padova, 2005, p. 352 ss.

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