I soggetti destinatari delle forme pens ionistiche complementari

Pagine97-117
97
Capitolo Terzo
I soggetti destinatari delle forme
pensionistiche complementari
SOMMARIO: 1. I destinatari della previdenza complementare tra “universalismo formale” e
“selettività sostanziale”. - 2. I soggetti appartenenti al mercato del lavoro: a) lavoratori
dipendenti (privati e pubblici). - 2.1. Segue: b) i lavoratori autonomi e i liberi profes-
sionisti. - 2.2. Segue: c) i lavoratori parasubordinati ed i prestatori di lavoro a progetto.
- 2.3. Segue: c) i soci lavoratori di cooperative. - 3. La previdenza complementare oltre
i confini del mercato del lavoro: a) i soggetti che svolgono lavoro di cura non retribuito
derivante da responsabilità familiari. - 3.1. Segue: b) i titolari di redditi diversi da quel-
li di lavoro e d’impresa ed il ruolo di chiusura soggettiva del sistema delle forme indi-
viduali di previdenza complementare.
1. I destinatari della previdenza complementare tra “universalismo
formale” e “selettività sostanziale”
Nell’ampliamento dello spettro delle fonti istitutive tipizzate dall’art.
3 del decreto legislativo non si riflette solo la più volte sottolineata di-
mensione plurale e concorrenziale assunta dal fenomeno della previden-
za complementare, grazie alla tendenziale equiparazione tra fondi aperti
e chiusi e forme collettive e individuali. Il “policentrismo”1 delle fonti
istitutive sta, infatti, anche in correlazione con un altro fenomeno pure
collegato al primo, e sul quale occorre ora appuntare l’analisi. È eviden-
te, infatti, come anche l’allargamento dei soggetti destinatari delle forme
di previdenza complementare – ed in particolare la loro estensione oltre i
confini del mondo del lavoro (subordinato ed autonomo), perfezionatasi
già con il d.lgs. n. 47 del 2000 – non possa non avere corrispondenti ri-
percussioni sul sistema delle fonti istitutive e costitutive.
L’allargamento della sfera dei destinatari delle forme di previdenza
complementare segue in effetti un trend del tutto sovrapponibile a quello
della pluralizzazione del sistema delle fonti istitutive. Non è un caso che
alla originaria egemonia della fonte contrattuale collettiva corrisponda
una sfera di incidenza soggettiva della previdenza complementare inte-
ramente racchiusa dentro i confini della mutualità “di categoria” o, co-
munque, della solidarietà in senso lato “professionale”. Il momento di
innovazione qualitativa del sistema – e se si vuole di rottura della origi-
1 R. VIANELLO, Previdenza complementare e autonomia collettiva, Padova, 2005, p. 217.
98
naria configurazione monolitica della previdenza complementare attorno
alla solidarietà collettiva professionale – è in tal senso rappresentato an-
zitutto dalla introduzione, già con la riforma del 20002, delle forme di
previdenza individuale3. Ma va da sé che è solo con la loro equiparazio-
ne pressoché piena a quelle di natura collettiva, realizzata dalla legge de-
lega del 2004 e dal decreto del 2005, che tale riforma “di struttura” della
previdenza complementare si perfeziona.
Questa scelta legislativa, compiuta nella prospettiva d’un effettivo
decollo in chiave europea di un secondo pilastro pensionistico anche in
Italia, non è, ovviamente, neutrale: una prima importante conseguenza,
rilevante sullo stesso piano delle possibilità di elaborazione sistematica
del fenomeno “previdenza complementare”, è la sostanziale rinuncia ad
una nozione unitaria dello stesso, a meno di non aderire – come si è pro-
posto sopra4 – ad un livello generalissimo di astrazione concettuale foca-
lizzato sui pochi elementi funzionali che accomunano le diverse fattispe-
cie in termini di vincolo di scopo previdenziale dei versamenti effettuati
da, o per, i destinatari alle forme, collettive o individuali, cui gli stessi
hanno scelto di aderire. Ma non è meno evidente un altro “prezzo” di
questa scelta legislativa, più immediatamente percepibile allorché ci si
accosti allo studio dei profili soggettivi delle diverse tipologie di destina-
tari della previdenza complementare, nella sua dimensione collettiva ed
individuale. Ed è questo un prezzo che va subito messo in evidenza,
prima di procedere ad una siffatta analisi di dettaglio.
Se la previdenza complementare – nella pluralità strutturale delle sue
dimensioni – è fenomeno a vocazione formalmente universale, nel senso
che possono legalmente accedervi non solo, come in origine, i lavoratori
subordinati o autonomi, ma altresì i soggetti che svolgono lavoro di cura
non retribuito, nonché, sia pure con riferimento alle forme individuali, il
mondo assolutamente eterogeneo dei soggetti percettori di redditi diversi
da quelli di lavoro e di impresa (art. 13, comma 4, del decreto), nella
2 Si deve invero già a detta riforma la rottura dell’originaria “corrispondenza biunivoca
perfetta tra previdenza complementare e sistema pubblico di previdenza”, alla cui stregua
poteva aversi una “griglia di destinatari comprendente tutti (e soltanto) gli appartenenti al
mondo del lavoro già destinatari di una forma previdenziale obbligatoria di base”: così G.
ZAMPINI, Destinatari e sistema delle fonti, in M. BESSONE, F. CARINCI (a cura di), La previ-
denza complementare, in Diritto del lavoro. Commentario diretto da F. Carinci, vol. IV,
Torino, 2004, p. 218.
3 V. pure G. CIOCCA, Le prestazioni, in BESSONE, CARINCI (a cura di), La previdenza
complementare, cit., p. 427 ss., sepc. P. 430, ove si fa (criticamente) rilevare come, “con le
forme di previdenza individuale, entrano nel mondo della previdenza complementare anche
soggetti che non sono lavoratori, mentre uno dei fondamenti della previdenza è quello di
essere rivolta, appunto, ai lavoratori (art. 38, 2° co., Cost.)”.
4 V. quanto si è osservato in particolare al § 1 del precedente capitolo.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT