Il 'pluralismo dei valori' dalla riflessione metaetica ai bilanciamenti delle Richter-Divisionen

AutoreVignudelli A.
Pagine121-147
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Aljs Vignudelli
IL “PLURALISMO DEI VALORI” DALLA RIFLESSIONE METAETICA
AI BILANCIAMENTI DELLE RICHTER-DIVISIONEN*
SOMMARIO: I. L’idra pluralistica e le sue têtes de cha pitre. - II. Pluralismo etico e pluralità dei valori costi-
tuzionali: analogie e fraintendimenti. - III. Segue. Al di là del Velo di Maya. - IV. «O Statua Gentilis-
sima…». - V. Il bilanciamento dei principî/valori fra teoria e ideologia del diritto. - VI.
L’insostenibile leggerezza giuridica del bilanciamento giudiziale.
I. L’idra pluralistica e le sue têtes de chapitre
Parrebbe innegabile che in pochi altri àmbiti come in quello del “pluralismo” la
letteratura giuridica gius-pubblicistica degli ultimi anni abbia sentito risuonare una
timbrica vicina a quella delle babbing machines di Aldous Huxley, le quali dovendo
esercitare un effetto di persuasione profonda «mormoravano ininterrottamente, con
voce bassa, le massime ideologiche che volevano diffondere»1.
Il ritornello delle “moderne società pluraliste”, infatti, si qualifica ormai come una
presenza letteralmente martellante nei preamboli oltre che nei più oscuri meandri ar-
gomentativi di tanti costituzionalisti, quasi fosse una filastrocca maliatica sussurrata
per proiettare convenzionalmente l’àmbito del discorso in qualche oscuro spazio “al
largo dei bastioni di Orione”, dove poi la partita sarebbe giocata – piaccia o non piaccia
con le relative regole gravitazionali. In questo senso, l’adesione universale (poco importa,
in fondo in fondo, se consapevole o sbrigativa) alla “clausola pluralistica” sempre più par-
rebbe presentata quale vera e propria conditio sine qua non per l’accesso “al gioco”, quasi
si trattasse delle liberatorie al trattamento dei dati personali per la legge sulla privacy.
A fronte della considerazione che non parrebbe sussistere anello del sistema ar-
gomentativo dei giuristi in cui la tematica del pluralismo non prosperi rigogliosa come
i glicini a primavera, tuttavia, in questo lussureggiante universo d’utilizzi del termine
‘pluralismo’ – dal Manzanarre al Reno in tutti i piani del ragionamento giuridico non
sempre si parrebbe al cospetto d’un referente contenutistico ta ssativo ed identico, e a
onor del vero, neppure d’un (unico) concetto rela tivamente preciso e significativamen-
te analogo. Infatti, a considerare i “contesti d’uso” di questa parola e dei suoi analogati,
si ha spesso l’impressione di ritrovarsi al cospetto d’una sorta di mutaforme concettua-
le, perennemente vigile e ignivomo in ogni direzione. Così, quasi si trattasse di altret-
tante teste del medesimo Flagello di Lerna 2, si passerebbe indifferentemente dal di-
scorso su un (ipotetico) pluralismo culturale e valoriale, a quello su costituzioni e or-
dinamenti pluralistici, dai ragionamenti sulle tecniche (e/o dottrine) pluralistiche o sui
processi pluralistici di produzione di senso, a quelli sullo Stato pluriclasse o sulle so-
cietà e democrazie pluralistiche e avanti in questo modo.
* Il presente contributo costituisce, con pochi aggiustamenti e precisazioni, una versione ridotta del §
4.4.6. della monografia Interpr etazione e Costituzione (Miti, mode e luoghi comuni del pensiero giuridico),
Torino 2011. A essere sacrificato per i limiti di spazio i mposti dalla presente sede è risultato soprattutto
l’apparato di note, in origine assai più ampio (e soprattutto più documentato) di quello qui riprodotto. È per-
sino inutile precisare come le tesi sostenute in questo contributo per quanto, si confida, anche autonoma-
mente apprezzabili siano strettamente connesse alle altre arg omentate nell’intero arco della monografia,
alla quale pertanto si rinvia per una più completa trattazione della problematica.
1 LORENZ, Gli otto peccati capita li della nostra civiltà, Milano, 1977, 123.
2 Per usare la “metafora policefala” di bobbiana memoria: Come intendere il pluralismo, in AA.VV., Il
pluralismo, a cura di Rossini, Roma, 1977, 7 ss.
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Tanto per fare qualche esempio cercando di tratteggiare una prima (approssimati-
va) “parabola”, proprio la (sedicente) constatazione di connotati pluralistici peraltro il
più delle volte indistintamente (e misteriosamente) affastellati, laddove sembrerebbe
quanto mai opportuno distinguere delle moderne società occidentali costituirebbe la
base per l’elaborazione di un nuovo (e più adeguato) modello di democrazia (plurali-
sta), inevitabilmente inclusivo (e garante) delle differenze, che solo si mostrerebbe ido-
neo a comporre le irrinunciabili esigenze di coesione, integrazione e unità sociale con le
(ormai) insopprimibili vocazioni alle specificità caratteristiche dell’Occidente globalizzato.
In questa “prospettiva”– sul (sottinteso) presupposto che tali mutamenti epocali non man-
cherebbero di ripercuotersi necessariamente (e profondamente) anche sulle strutture politi-
co-giuridico-istituzionali (o, se non altro, sulla loro concettualizzazione) si tenderebbe poi
a “rileggere” in chiave pluralista sia lo Stato e le sue funzioni (compresa quella nomopoieti-
ca ad esso tradizionalmente riservata), sia il ruolo da attribuire al sistema giuridico (ed in
particolar modo al diritto costituzionale) all’interno di questo schema ideale. Così l’uno,
come l’altro – per non rinunciare alla propria stessa matrice identitaria sembrerebbero si-
stemicamente “destinati” a concorrere alla realizzazione di un complesso “meccanismo in-
tegrativo”, capace da un lato d’assicurare ad ogni livello il massimo grado di “apertura par-
tecipativa” alle decisioni, dall’altro d’assorbire il dissenso (comunque ineliminabile) in mo-
do efficace, ma, nel contempo, mite. Da parte del diritto, del resto, tali prestazioni si predi-
cherebbero realizzabili, nelle attuali condizioni storico-sociali, unicamente attraverso una
concezione assai pervasiva della Costituzione teoreticamente fondata su altrettante rivisi-
tazioni e/o aggiornamenti dei concetti di sovranità e di potere costituente che impor-
rebbe d’interpretare la Carta prevalentemente (se non esclusivamente) alla luce delle
disposizioni esprimenti (grandi) principî/valori, a loro volta da bilanciare reciproca-
mente con riferimento alla singola istanza d’applicazione (va da sé, per via giudiziale).
II._ Plura lismo etico e plura lità dei valori costituzionali: analogie e fraintendimenti _
_ Proprio la ricorrente insistenza, soprattutto su sponda neocostituzionalistica, sulla
(presunta) necessità di ricostruire l’ordinamento costituzionale “per valori”, costituisce
la premessa per queste brevi pagine di specifica riflessione intorno al profilo del c.d.
pluralismo etico (o “dei valori”), vale a dire «la teoria secondo cui i valori ultimi sono
plurimi, confliggenti, e i loro conflitti possono risolversi solo caso per caso»3. Almeno
alcune precisazioni, infatti, parrebbero imporsi in ordine all’effettiva utilità (anche solo
in potenza) del modello concettuale in parola per i giuristi, se non altro onde evitare da
una parte le ennesime “volgarizzazioni ideali” e dall’altra il consueto affastellarsi di
aspettative invariabilmente ultra vires.
Non è a dire, infatti, come a un primo ascolto non parrebbero mancare delle asso-
nanze anche significative fra alcune forme di concettualizzazione (ed in particolare
quelle “assiologiche”) della Costituzione e una serie di assunti riconducibili al modello
del pluralismo etico: basti pensare all’idea della pluralità di valori, a quella della loro
eterogeneità e del susseguente (necessario) bilanciamento reciproco, a quella della va-
lutazione (e della soluzione) dei possibili conflitti (non in generale, bensì) volta per
volta, a seconda della circostanza4.
3 Così M. BARBERIS, Etica per giuristi, Roma-Bari, 2006, 111. Ibidem, 157, è poi l’ulteriore defini-
zione secondo cui i l ‘pluralismo etico’ sarebbe «la teoria metaetica che ammette la possibilità del conflitto
fra valori etici ultimi».
4 V. IDEM, Pluralismo argomentativo. Sull’argomentazione dellinterpr etazione, i n Etica &Politica
(rivista telematica), 2006, 15.

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