Il ricorso tributario

AutoreGiuseppe Napoli - Silvia Rocchi
Occupazione dell'autoreDottore commercialista e revisore legale
Pagine281-305
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6.1 Gli atti impugnabili
Nell’ambito delle controversie riconducibili all’area di operatività
della giurisdizione tributaria, il legislatore ha suddiviso gli atti impugna-
bili dinanzi alle Commissioni Tributarie in due categorie: nella prima,
sono ricompresi gli atti tassativamente individuati dal primo comma
dell’art. 19 del D.lgs. n. 546/1992, impugnabili in via immediata e auto-
noma: a) l’avviso di accertamento del tributo674; b) l’avviso di liquida-
zione del tributo675; c) il provvedimento che irroga le sanzioni tributarie
di natura amministrativa (come, ad esempio, pene pecuniarie); d) il ruolo
e la cartella di pagamento; e) l’avviso di mora; e-bis) l’iscrizione di ipo-
teca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n.602/1973; e-ter) il fermo
di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, e succes-
sive modificazioni; f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate
nell’art. 2, comma 2, del D.lgs. n. 546/1992676; g) il rifiuto espresso o ta-
cito677 della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri
accessori non dovuti; h) il provvedimento espresso di diniego o di revoca
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Come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 98/1996, con il termine avviso
di accertamento il legislatore ha voluto riferirsi per le imposte sui redditi, all’avviso di accerta-
mento (ex art. 42 del D.P.R. n. 600/1973); per l’Iva, alla rettifica delle dichiarazioni ovvero all’ac-
certamento induttivo (ex art. 54 del D.P.R. n. 633/1972); per l’imposta di registro, all’avviso di
notifica e di liquidazione della maggior imposta (ex art. 52 del D.P.R. n. 131/1986); per l’Invim,
all’accertamento imponibile (ex art. 20 del D.P.R. n. 643/1972).
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L’avviso di liquidazione del tributo, ha la funzione di quantificare la pretesa fiscale accer-
tata, ed è notificato al contribuente prima dell’avvio della procedura di riscossione.
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Sono atti relativi alle operazioni catastali, quelli concernenti l’intestazione, la delimita-
zione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compos-
sessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la
consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita
catastale.
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Assume il valore di provvedimento autonomamente impugnabili il silenzio dell’Ammini-
strazione finanziaria per novanta giorni, decorrenti dalla presentazione della domanda di restitu-
zione dei tributi da parte del contribuente.
CAPITOLO 6
IL RICORSO TRIBUTARIO
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di agevolazioni678 o di rigetto di domande di definizione agevolata di rap-
porti tributari; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’auto-
noma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.
Secondo l’orientamento consolidato della Suprema Corte679, nono-
stante l’elencazione tassativa degli atti impugnabili, il contribuente
può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco,
purché espressione di una compiuta pretesa tributaria. Al riguardo, è
678
La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 17010/2012, escludendo l’equiparazione tra
agevolazione fiscale e disapplicazione di norma antielusiva, ha ritenuto che la risposta dell’Am-
ministrazione Finanziaria all’interpello del contribuente, costituisca un atto impugnabile in
quanto trattasi di una pretesa tributaria definitiva. Tuttavia, il contribuente, è titolare di una mera
facoltà d’impugnazione (e non di un onere) esercitabile, quindi, anche in un secondo momento.
In particolare, la Suprema Corte, cambiando bruscamente orientamento rispetto a una prece-
dente pronuncia (n. 866/2011), ha affermato: “Sul piano strettamente tecnico va esclusa l’ equi-
parazione tra agevolazione fiscale e disapplicazione di norma antielusiva: la prima costituisce
un trattamento derogatorio di favore riconosciuto in generale nella ricorrenza di determinate
condizioni, pur in presenza del presupposto del tributo, per finalità di realizzazione di interessi
diversi da quello fiscale, ritenuti meritevoli di tutela; la seconda, consiste nel rimuovere l’opera-
tività di norme limitative - per fini antielusivi – di vantaggi fiscali di regola spettanti (detrazioni,
deduzioni, crediti d’imposta, ecc), in relazione a singole fattispecie, il cui esame abbia portato ad
escludere il realizzarsi dello scopo elusivo, così ripristinando, per finalità pur sempre di ordine
fiscale, il regime tributario applicabile nel caso specifico a quello previsto dall’ordinamento in
assenza di fine di elusione, cioè quello ritenuto giusto dal legislatore in relazione alla capacità
contributiva manifestata. Va, poi, ovviamente, rilevato che né la norma in esame, né il decreto
ministeriale di attuazione 19 giugno 1998, n. 259 (né, peraltro, la prassi costante dell’Ammini-
strazione), prevedono l’impugnabilità delle determinazioni del Direttore Regionale delle Entrate
in ordine all’istanza di interpello, cosi restando esclusa anche l’applicabilità della norma di
chiusura di cui al D.lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. i). La dimostrata impossibilità di
ricondurre, in modo certo ed inequivoco (anche eventualmente al di là del nomen iuris adope-
rato), l’atto in questione in una delle categorie indicate nell’art. 19 cit. porta ad una prima
conclusione: l’atto stesso non può essere ritenuto obbligatoriamente impugnabile, dovendosi
escludere, per ovvie ragioni di certezza dei rapporti giuridici e di tutela del diritto di difesa, che
possa essere introdotta per via interpretativa (se non negli stretti limiti anzidetti) una decadenza
del contribuente dal diritto di contestare una pretesa tributaria, decadenza inevitabilmente con-
seguente all’omessa impugnazione di uno degli atti tassativamente elencati nella norma in
esame (o la cui impugnabilità è prescritta in altra specifica disposizione di legge), ritualmente
notificati nel rispetto della sequenza ivi prevista. La natura tassativa - e quindi soggetta ad inter-
pretazione rigorosa – dell’elencazione degli atti contenuta nel citato D.lgs. n. 546 del 1992, art.
19, con il correlato onere di impugnazione a pena di cristallizzazione della pretesa in essi con-
tenuta, non comporta, tuttavia, che l’impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente
indicati sia in ogni caso da ritenere inammissibile. Da tempo, infatti, la giurisprudenza di que-
sta Corte, che il Collegio condivide, ha affermato il principio secondo il quale il detto catalogo
degli atti impugnabili è suscettibile di interpretazione estensiva, sia in ossequio alle norme costi-
tuzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97
Cost.), che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n.
448 del 2001: ciò, ovviamente, per quanto detto sopra, con il necessario corollario della mera
facoltà d’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavore-
vole in ordine alla possibilità di contestare la pretesa tributaria in un secondo momento”.
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Da ultimo Sentenza n. 7344/2012.

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