Il licenziamento collettivo

AutoreUmberto Carabelli - Stefano Giubboni
Pagine391-406
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Il licenziamento collettivo
Umberto Carabelli - Stefano Giubboni
Norme commentate: art. 1, commi 44, 45 e
46; art. 2, co mmi 31-35, 72 e 73, l. 28 giugno
2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. Le novità della riforma. - 2. La revisione di alcuni aspetti procedurali e sanzionatori
del licenziamento collettivo. - 2.1 Vizi procedurali e potere sanante del contratto collettivo. -
2.2. La nuova disciplina delle comunicazioni finali della procedura di licenziamento colletti-
vo. 2.3 Il nuovo regime sanzionatorio. - 3. La “nuova” fattispecie causale del licenziamento
collettivo riformato.
1. La l. n. 92 del 2012 destina alcune delle sue norme alla modificazione
della disciplina di alcuni profili dei licenziamenti per riduzione del personale,
quale prevista nella l. n. 223 del 1991; esse sono racchiuse nell’art. 1, c. 44-46,
e nell’art. 2, c. 72-73. A parte possono poi annoverarsi le norme contenute
nell’art. 2, cc. 31-35, volte a corresponsabilizzare l’imprenditore che licenzi,
anche collettivamente, ai costi che per effetto della sua decisione ricadranno
sul sistema di previdenza sociale.
Con specifico riferimento alle norme sui licenziamenti per riduzione di
personale appena citate, quelle del primo gruppo sono destinate in particolare
a ri-regolare taluni aspetti procedurali e sanzionatori della materia; le altre,
invece, sono volte a modificare alcune previsioni importanti incidenti addirit-
tura sulla stessa configurazione sistematica della “famiglia” dei licenziamenti
per riduzione di personale.
Secondo la lettura più accreditata, questa “famiglia” era composta,
nell’originaria costruzione della l. n. 223/91, dalle due autonome fattispecie
legali del collocamento in mobilità (cioè del licenziamento di uno o più di-
pendenti sospesi per intervento della Cassa integrazione guadagni straordina-
ria ai quali l’impresa non possa garantire il rientro in azienda) e del licenzia-
mento collettivo (cioè del licenziamento di un certo numero di lavoratori «in
conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro»1). Or-
bene, per effetto delle modifiche apportate dalla l. n. 92 del 2012, quest’ul-
tima fattispecie, espressamente finalizzata ad assicurare l’adempimento ita-
liano agli obblighi di trasposizione della dir. n. 89/59 del 20 luglio 1998 –,
* Il presente contributo è il frutto di un ampio confronto degli autori, che ne condividono in-
teramente i contenuti. Ai soli fini redazionali, si precisa che i paragrafi 1 e 3 sono stati scritti da
Umberto Carabelli, mentre il par. 2, con i relativi sottoparagrafi, è dovuto alla mano di Stefano
Giubboni.
1 Ai fini del discorso sviluppato in questa sede, non si ritiene necessario prendere in conside-
razione l’ipotesi di licenziamento collettivo collegata alla cessazione di attività.
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subisce una sorta di nominale reductio ad unum. Viene infatti soppressa, al-
meno sul piano formale, l’altra fattispecie del collocamento in mobilità, at-
traverso un’opera di revisione formale che fa scomparire dalle varie disposi-
zioni della l. n. 223/91 i riferimenti letterali a tale espressione, sostituendosi
ad essa l’espressione «licenziamento collettivo». Per tale via, la fattispecie
del licenziamento collettivo resta formalmente tutta sola a disciplinare la ma-
teria. Ciò, tuttavia, non significa che sia venuta meno la possibilità di attivare
le procedure del licenziamento per riduzione di personale in corso di CIGS,
la quale resta ancora ferma, ma viene adesso assorbita all’interno dell’unica
fattispecie del licenziamento collettivo, presentandosi così come una speciale
figura del medesimo.
Sul punto si tornerà più avanti in modo più analitico. Qui, per il momen-
to, interessa solo sottolineare che – nonostante la disattenzione che sinora la
dottrina le ha dedicato – l’effetto di questa modifica non sembra affatto di
ordine meramente nominale e puramente sistematico. Infatti, proprio in ra-
gione dell’unificazione da essa prodotta sul piano formale (unificazione che,
in verità, taluno aveva ipotizzato in via meramente interpretativa già in forza
del precedente regime), all’interprete si impone di rivedere criticamente al-
cune letture giurisprudenziali che si sono imposte nell’ultimo decennio in
tema di verifica giudiziale del fondamento causale del licenziamento per ri-
duzione di personale. Ci si riferisce a quella giurisprudenza della Suprema
Corte che ha costruito il licenziamento per riduzione di personale, nelle sue
due forme, come figura di licenziamento acausale, come tale sottratto ad un
controllo del magistrato volto (non a conoscere del merito delle scelte
dell’imprenditore, bensì anche solo) ad accertare l’effettiva sussistenza delle
ragioni economiche poste a, e dichiarate come, fondamento del licenziamen-
to dei vari lavoratori. E a tale ripensamento inducono, tra l’altro, come si cer-
cherà di chiarire, anche le modifiche apportate alla disciplina procedurale e
sanzionatoria prevista dalla normativa del 1991.
Procedendo per gradi, si tratterà in via preliminare del primo gruppo di
previsioni, per passare poi ad esaminare le altre, soffermandoci sulle predette
conseguenze del recente intervento legislativo.
2. Passando dunque ad esaminare le previsioni contenute nell’art. 1, cc.
44-46, può dirsi che l’apparente modestia quantitativa dell’intervento legisla-
tivo – che ha anzitutto una funzione di raccordo con la nuova disciplina
dell’art. 18 st. lav. – non riesce, tuttavia, a nascondere l’incisività della ri-
forma sotto il profilo qualitativo. Le nuove regole introdotte dal legislatore
sembrano, infatti, poter incidere in profondità sul consolidato assetto regola-
tivo del licenziamento collettivo, alterando in maniera potenzialmente molto
significativa gli equilibri (in specie tra momento collettivo ed individuale
della tutela) che si sono andati faticosamente costruendo nei vent’anni che ci
separano dall’entrata in vigore della l. n. 223 del 1991.

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