Le modifiche procedurali: comunicazione dei motivi, conciliazione preventiva obbligatoria e revoca del licenziamento

AutoreMadia D'Onghia
Pagine257-275
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Le modifiche procedurali: comunicazione dei motivi,
conciliazione preventiva obbligatoria e revoca del licenziamento
Madia D’Onghia
Norme commentate: art. 1, commi 37-41 e
comma 42, lett b, cpv. 10, l. 28 giugno 2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. La comunicazione per iscritto contestuale del licenziamento e dei motivi. - 2. La
riduzione del termine decadenziale previsto dall’art. 6, c. 2, l. n. 604/1966. - 3. La procedura
preventiva obbligatoria di conciliazione in caso di licenziamento per giustificato motivo og-
gettivo. - 3.1. […] segue. - 4. La revoca.
1. La l. n. 92/2012 innova in maniera significativa la disciplina dei licen-
ziamenti individuali sul piano dei requisiti formali e procedurali, che a una
prima lettura sembrerebbero uscirne rafforzati1. Le modifiche (introdotte
dall’art. 1, cc. 37, 38, 39, 40, 41 e c. 42, lett. b, cpv. 10) riguardano la comu-
nicazione obbligatoria e contestuale dei motivi, un nuovo termine di ineffica-
cia dell’impugnazione (non seguita dalla proposizione del ricorso), la previ-
sione di un meccanismo ‘speciale’ di conciliazione obbligatoria preventiva e,
infine, la revoca del licenziamento.
Si tratta di novità dirette a ridurre il contenzioso e a fornire maggiori
elementi di certezza nel giudizio, non prive, tuttavia, di elementi di criticità,
specie sul piano della congruenza rispetto ai condivisibili obiettivi.
La prima importante novità è rappresentata dall’obbligo di comunicare
sempre i motivi del licenziamento, unitamente all’atto di recesso (art. 1, c.
37), modificando, così, quanto previsto all’art. 2, c. 2, della l. n. 604/1966.
La riforma, infatti, ribalta l’onere di informativa rispetto al quadro rego-
latorio previgente che riconosceva al lavoratore licenziato la facoltà di chie-
dere (entro 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento) i motivi che
avevano determinato il recesso, con l’obbligo, solo in tal caso, per il datore di
lavoro di comunicarli per iscritto entro 7 giorni dalla richiesta. Se prima, dunque,
i motivi bisognava comunicarli solo a richiesta del lavoratore, oggi, meritoria-
mente, gli stessi devono essere comunicati contestualmente al recesso.
A ben vedere, tale contestualità valeva già per il caso di licenziamento
disciplinare (stante l’obbligo della contestazione preventiva) e ora diventa una
regola generale, a garanzia del lavoratore il quale potrà conoscere e valutare sin
da subito le ragioni giustificative dell’atto di recesso, al fine di una eventuale
impugnazione e della predisposizione di una linea di difesa, nella certezza
che il datore di lavoro non possa in seguito cambiare le carte in tavola.
1 In proposito SPEZIALE, 2012, 540, osserva che la riforma «apparentemente, sembra enfatiz-
zare questi elementi».
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Resta fermo il vincolo della forma scritta: il datore di lavoro deve comu-
nicare al lavoratore l’atto di recesso (ora anche con l’indicazione dei motivi)
«per iscritto», obbligo che vale per la generalità dei datori di lavoro (sia nel
caso di licenziamento individuale sia collettivo2), indipendentemente dal
contesto dimensionale in cui il licenziamento venga posto in essere (salvo al-
cune eccezioni)3.
Come noto, la legge esige la forma scritta quale elemento certo e costitu-
tivo della volontà di recesso, «volontà che deve risultare da un documento
soprattutto per tutelare l’essenziale interesse della parte più debole del rap-
porto a conoscere e a impugnare l’atto nel termine decorrente dalla data di
notifica dello stesso»4. Assolve, dunque, a una funzione fortemente garantista
del lavoratore che non si esaurisce solo nel rendere certa l’esistenza dell’atto
e la sua collocazione temporale, ma deriva anche dal fatto che la scrittura in-
duce il datore di lavoro a riflettere sull’importanza e sulle conseguenze del
provvedimento che sta per adottare e, contestualmente, sulle ragioni sottese a
tale provvedimento, nell’auspicabile obiettivo di creare «una prima e non tra-
scurabile remora di contenimento della possibilità di licenziamento arbitra-
rio»5. È indubbio, infatti, che, sul piano delle tutele del lavoratore di fronte
alla risoluzione del rapporto (a iniziativa del datore di lavoro), il vincolo
formale ha rappresentato il primo passo per il ridimensionamento del princi-
pio del recesso datoriale ad nutum, ponendosi come limite all’autonomia ne-
goziale del datore di lavoro6.
La previsione dell’obbligo di «specificazione» (come testualmente indi-
cato nel nuovo art. 6, c. 2, l. n. 604/1966) delle ragioni del recesso comporta,
quale logica conseguenza, sia il divieto di formule astratte e di stile, sia
l’immodificabilità delle ragioni stesse, principi già ampiamente consolidati in
giurisprudenza.
In particolare, sul primo versante, oggi più che mai vale il principio di spe-
cificità della motivazione: non può essere espressa con formule generiche, ma
deve contenere con sufficiente determinatezza i fatti posti a base del provvedi-
mento di recesso; di qui la necessità di redigere una lettera di licenziamento det-
tagliata e completa, tale da consentire al lavoratore di individuare con certez-
za e precisione la causa della risoluzione del suo rapporto sì da poter eserci-
2 Cfr. art. 2, c. 1, l. n. 604/1966, per il licenziamento individuale e art. 5, c. 3, l. n. 223/1991,
per il licenziamento collettivo.
3 È stata la l. n. 108/1990 a generalizzare, come è noto, l’obbligo della forma scritta del li-
cenziamento a tutti i dipendenti, compresi i dirigenti (dove, come già osservato, è però escluso
l’obbligo di motivazione), fatta eccezione soltanto per i lavoratori domestici (espressamente esclu-
si dall’art. 4, l. n. 108/1990), i lavoratori in prova (art. 10, l. n. 604/1966) i lavoratori aventi i re-
quisiti per la pensione di vecchiaia (art. 4, c. 2, l. n. 108/1990) e degli sportivi professionisti.
4 Così C. Cost. 2.11.1994, n. 398, RIDL, 1995, II, 3. Nello stesso senso già C. Cost. 7.7.1986,
n. 176, RDC, 1986, 1069 e C. Cost. 14.7.1971, n. 174, FI, I, 1465.
5 PERA, 1990, 19.
6 La «proceduralizzazione» del potere di licenziamento, quale strumento che garantisca al la-
voratore un potere di controllo sul recesso, è evidenziata da D’ANTONA, 1979, 79 ss.

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