Il nuovo rito per i licenziamenti

AutorePietro Curzio
Pagine407-433
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Il nuovo rito per i licenziamenti
Pietro Curzio
Norme commentate: art. 1, comma 43 e commi
47-69, l. 28 giugno 2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. Procedimento giudiziario specifico e sistema processuale. - 2. Finalità della legge e
criteri ermeneutici. - 3. Ambito di applicazione della disciplina processuale speciale. - 4.
Questioni relative alla qualificazione del rapporto. - 5. Improponibilità di domande diverse. -
6. Scelta del rito e domanda giudiziale. - 7. Mutamenti di rito. - 8. Indisponibilità del tipo
processuale. - 9. Disciplina applicabile ratione temporis. - 10. La fase sommaria del proce-
dimento. - 11. La fase di opposizione. - 12. Il reclamo. - 13. Il giudizio in Cassazione. - 14.
Regole sull’organizzazione degli uffici.
1. La l. 28 giugno 2012, n. 92, nel ridisegnare la disciplina dei licenzia-
menti, detta anche nuove regole di diritto processuale, allo scopo, espressa-
mente enunciato nell’art. 1, di «accelerare la definizione delle relative con-
troversie».
Varie norme della legge sono riconducibili a questa finalità1, ma è so-
prattutto attraverso la revisione della disciplina processuale, operata con i cc.
47-69 dell’art. 1, che il legislatore mira a tale risultato.
Lo strumento utilizzato è la previsione di un procedimento giudiziario
definito dal legislatore “specifico”, accompagnato da alcune disposizioni
sull’organizzazione degli uffici giudiziari. Si configura un procedimento con
regole speciali all’interno del processo del lavoro, che già di per sé costitui-
sce un rito speciale, e tale procedimento viene collocato su di una corsia pre-
ferenziale.
Sotto questo profilo la legge si pone in controtendenza con l’esigenza,
largamente sentita, di ridurre il numero dei procedimenti speciali e di sempli-
ficare i riti, che aveva portato il legislatore, meno di un anno prima, a emana-
re il decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (intitolato: “Disposizioni
complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e sempli-
ficazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della legge
18 giugno 2009, n. 69, semplificazione dei riti”).
Le regole che integrano il “procedimento specifico” riprendono elementi
da vari procedimenti speciali, senza assumere il modello di nessuno di essi in
1 Possono essere ricondotti alla finalità di pervenire a un giudizio rapido sulla legittimità del
licenziamento anche il c. 37 dell’art. 1, che modifica l’art. 2 della l. 15 luglio 1966, n. 604, impo-
nendo la specificazione dei motivi già nella comunicazione del licenziamento, nonché l’abbre-
viazione del termine per la proposizione dell’azione di impugnativa del recesso disposta dal c. 38
del medesimo articolo (sui quali, v. D’ONGHIA, supra, cap. II, sez. IV).
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modo integrale. Vi è affinità strutturale con la procedura di repressione della
condotta antisindacale dell’art. 28 st. lav.; in alcuni tratti della disciplina rie-
cheggia il procedimento sommario di cognizione regolato dagli artt. 702-bis -
702-quater c.p.c.; la disciplina dell’istruttoria ripropone formule dei proce-
dimenti cautelari delineati dall’art. 669-bis e ss. c.p.c.
Ne scaturisce un procedimento ibrido, che mette insieme varie compo-
nenti, ma si distingue, connotandosi per una sua autonomia.
La dotazione normativa, però, non è completa e autosufficiente: molti
elementi, necessari perché il procedimento funzioni, non sono regolati o sono
regolati solo in parte, a volte minima. La necessaria integrazione della disci-
plina non potrà che fare riferimento alle regole del processo del lavoro detta-
te dal codice di rito, che a loro volta, quando manchi una previsione, vengo-
no integrate con quelle generali del processo civile2.
Questa operazione porrà problemi di non poco momento, perché biso-
gnerà verificare che una regola specifica manchi e che la regola generale del
processo del lavoro, o ancor più generale del processo civile, da applicare,
non sia incompatibile con le finalità e la struttura peculiare del procedimento.
2. La nuova normativa, come si vedrà, pone problemi interpretativi deli-
cati e complessi, rispetto ai quali il testo della legge e le connessioni con il
sistema processuale civile in generale e del lavoro in particolare, sembrano a
volte consentire più soluzioni.
In questi casi sarà opportuno tener sempre presente l’indicazione teleo-
logica espressa dal legislatore nell’incipit della normativa. La chiarezza della
disposizione (“procedimento giudiziario specifico per accelerare la defini-
zione” delle controversie in materia di licenziamenti) e la sua collocazione
all’inizio dell’art. 1, indicano che ogni volta che l’interpretazione letterale o
sistematica del testo possa dare luogo a più soluzioni, bisognerà privilegiare
quella che risponde meglio alla finalità della normativa.
L’enunciazione legislativa costituisce una declinazione accentuata del
principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Principio fon-
damentale, che non deve prevalere su ogni altro interesse costituzionalmente
tutelato, come riconosce anche il legislatore, in particolare nella normativa
sull’istruttoria laddove indica il limite del principio del contraddittorio, ma
che segna il carattere dell’intervento legislativo e costituisce quindi per
l’interprete un criterio guida.
Sul perché il legislatore compia una scelta così netta possono essere
formulate molteplici riflessioni. Sicuramente non è una scelta a sostegno uni-
laterale di una delle parti del processo, come fu quella compiuta con l’art. 28
dello Statuto dei lavoratori, funzionale ad una tutela rapida dell’interesse col-
lettivo espresso dalle organizzazioni sindacali di carattere nazionale. In que-
2 CONSOLO, RIZZARDO, 2012, 736; DE ANGELIS 2012.

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