Il licenziamento nullo

AutorePasquale Chieco
Pagine277-303
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Il licenziamento nullo
Pasquale Chieco
Norme commentate: art. 1, comma 42, lettera
b), cpv. I, II, III, VI, ultima parte, e VII, ultima
parte, l. 28 giugno 2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. Il nuovo quadro normativo. - 2. Il licenziamento a causa di matrimonio e in viola-
zione dei divieti a sostegno della maternità e della paternità. - 3. Il licenziamento discrimina-
torio e le fattispecie assimilate. - 4. Motivo addotto e motivo reale (e nullo) di licenziamento.
- 5. La prova della discriminazione nel quadro del nuovo art. 18 st. lav.: la tesi della equiva-
lenza tra licenziamento ingiustificato e licenziamento discriminatorio. - 6. L’onere della pro-
va della nullità del licenziamento e la nuova disciplina dell’art 28 d. lgs. 1 novembre 2011, n.
150. - 7. Le residue ipotesi atipiche di nullità per motivo illecito determinante. Il licenzia-
mento ritorsivo. - 8. Le sanzioni: la reintegrazione nel posto di lavoro e l’indennità sostituiva.
- 9. […] segue: il risarcimento del danno.
1. I primi tre capoversi della lettera b) del c. 42 dell’art. 3 sostituiscono
integralmente i cc. 1, 2 e 3 dell’art. 18, l 20 maggio 1970, n. 300 (ai quali, di
qui in avanti, si farà riferimento) e contengono la disciplina sanzionatoria
delle diverse ipotesi di nullità del licenziamento
In particolare, la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del
danno, oltre che l’indennità sostituiva della reintegrazione, operano a seguito
dell’accertamento giudiziale di un licenziamento «discriminatorio ai sensi
dell’articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in
concomitanza col matrimonio ai sensi dell’articolo 35 del codice delle
pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile
2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui al-
l’articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legisla-
tive in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di
cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni,
ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o de-
terminato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del
codice civile» (art. 18, c. 1).
A queste ipotesi va, peraltro, aggiunta quella individuata dall’ultimo ca-
poverso del c. 1 dell’art. 18, che estende il proprio regime sanzionatorio «al
licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale» (sul pun-
to, v. D’ONGHIA, infra, cap. II, sez. IV).
Il tutto, con l’importante precisazione che l’apparato sanzionatorio av-
verso il licenziamento nullo si applica «quale che sia il numero dei dipenden-
ti occupati dal datore di lavoro» e «anche ai dirigenti» (art. 18, c. 1).
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Il tratto saliente di questa parte della riforma della disciplina del licen-
ziamento risiede, senza dubbio, nell’incipit del nuovo c. 1 dell’art. 18, lì dove
uniforma la reazione dell’ordinamento in tutti i casi in cui «il giudice, con la
sentenza […] dichiara la nullità del licenziamento» risultando così la netta
affermazione della radicale insussistenza, in materia, di spazi di operatività
degli effetti sanzionatori della nullità di diritto comune. Peraltro, una con-
ferma in tal senso si ricava, ancora una volta, dalla lettera dello stesso c. 1, lì
dove conclude l’elencazione delle fattispecie espressamente menzionate in-
cludendo altresì (sempre ai fini dell’applicazione del nuovo modello sanzio-
natorio) il licenziamento «riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla
legge», così da assumere i tratti di norma di chiusura del sistema (cfr.
CESTER, 2012, 566; PASQUALETTO, 2012, 40-41).
Questa conclusione, non aggiunge nulla di nuovo alla disciplina sanzio-
natoria delle diverse ipotesi di nullità dei licenziamenti intimati nell’area
(immodificata: v. ALBI, infra, sez. IV) di applicazione dimensionale dell’art.
18 st. lav. poiché esplicita, sul piano formale, quanto già ritenuto da dottrina
e giurisprudenza. Infatti, poggiando sulla vis espansiva della precedente for-
mulazione dell’art. 18, c. 1, era ormai consolidato l’orientamento che appli-
cava la sanzione della reintegrazione ai licenziamenti operati da imprese con
più di 15 dipendenti viziati da nullità, anche a prescindere da un richiamo
formale alla speciale sanzione prevista dalla norma statutaria, ritenuta co-
munque prevalente sull’ordinario modello sanzionatorio della nullità di dirit-
to comune1.
Ben più rilevante è l’effetto delle disposizioni in commento con riferi-
mento ai licenziamenti nulli posti in essere da datori di lavoro con meno di
15 dipendenti ovvero nei confronti dei dirigenti.
Qui, infatti, accanto alla conferma della tutela reintegratoria nei casi di
licenziamento discriminatorio (già prevista dall’art. 3, l. 11 maggio 1990 n.
108: v. infra), fa ingresso nell’ordinamento la previsione della generale ap-
plicabilità, avverso i licenziamenti nulli, della tutela forte definita dai cc. 1 e
2 dell’art. 18 st. lav. che, a differenza della previgente formulazione della
norma statutaria, si afferma quale modello sanzionatorio insuscettibile di as-
suefarsi in ragione delle dimensioni dell’impresa o della categoria di appar-
tenenza del lavoratore.
2. La portata dell’incipit dell’art. 18, c. 1, st. lav., insieme alla generalità
del suo ambito dei applicazione rende in certa misura superflua l’elenca-
zione, contenuta nella norma, delle diverse fattispecie soggette al nuovo si-
stema sanzionatorio. In proposito, può semmai osservarsi che tale elencazio-
1 Cfr. C. Cost. 22.01.1987, n. 17, GC 1987, I, 759; Cass. SS. UU. 1.06.1987 n. 4823; Cass.
20.05.1994, n. 4938, RCDL, 1995, 162; Cass. 2.08.2003, n. 11795, MGL, 2003, 862; Cass.
14.08.2008, n. 21702, MGL, 2008.

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