Gli elementi del contratto: l?accordo

AutoreStefano Ambrogio
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@1 L’accordo

L’accordo è il primo dei requisiti del contratto indicati dall’art. 1325 c.c. e può essere qualificato come l’incontro delle volontà delle parti finalizzato alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale.

Il requisito dell’accordo - che è, dunque, scambio e convergenza di manifestazioni di volontà tra due o più parti - può essere scomposto in due aspetti: i soggetti e la volontà da questi manifestata (Iudica-Zatti).

I soggetti che assumono il ruolo di parte devono essere titolari della capacità di contrarre, la quale - consistendo nell’idoneità a compiere atti produttivi di effetti giuridici - è, in sostanza, un aspetto della capacità di agire.

La volontà, elemento essenziale di tutti i negozi giuridici, per assumere rilevanza per l’ordinamento giuridico deve essere manifestata all’esterno. Solo se dichiarata, cioè portata a conoscenza degli altri individui, infatti, la volontà determina le conseguenze giuridiche ad essa connesse, in funzione di un criterio di responsabilità sociale in base al quale ognuno rimane vincolato alle conseguenze dei propri comportamenti volontari.

La volontà può essere manifestata in modi diversi e si distingue, a tale proposito, tra:
manifestazione espressa di volontà, quando la stessa è dichiarata all’esterno, in qualsiasi modo ciò avvenga, quindi per iscritto, a parole o anche a gesti; - manifestazione tacita di volontà, quando una persona si comporta in un modo che presuppone logicamente la volontà di concludere il contratto. In questo caso, quindi, non vengono utilizzati tutti quei mezzi che hanno solitamente lo scopo di esprimere la propria volontà (le parole, gli scritti e i gesti di cui abbiamo detto prima), ma si tiene un comportamento che, secondo il comune modo di pensare e di agire o in virtù di una disposizione di legge, implica necessariamente un determinato volere. Tale comportamento è definito concludente.

La manifestazione tacita di volontà presuppone in ogni caso un comportamento che - per legge o in virtù dell’interpretazione che se ne dà - rileva quale segno di consenso e, pertanto, va tenuta distinta dal semplice silenzio (vedi par. 2).

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@2 La conclusione del contratto

Il contratto si conclude, normalmente, con l’incontro di due manifestazioni di volontà, la proposta - manifestazione di volontà aperta all’adesione del destinatario - e l’accettazione - atto di accoglimento della proposta - le quali possono essere contestuali, se il contratto è stipulato tra persone presenti, oppure possono essere compiute in momenti diversi, qualora la contrattazione avvenga tra persone lontane (Bianca).

La proposta è la dichiarazione recettizia mediante la quale una parte manifesta all’altra l’intenzione di concludere un contratto; deve essere completa, nel senso che deve indicare quanto meno il contenuto essenziale del contratto che si intende concludere.

L’accettazione è la dichiarazione, anch’essa recettizia, mediante la quale la parte cui era diretta la proposta manifesta la propria volontà di accoglierla e di concludere il contratto.

L’accettazione deve essere:
conforme alla proposta, ossia del tutto corrispondente a quest’ultima. Quando l’accettazione non è conforme, essa equivale a nuova proposta, con la conseguenza che il contratto può ritenersi concluso solo nel momento in cui la parte che ha accettato con modifiche l’originaria proposta abbia, a sua volta, avuto conoscenza dell’accettazione dell’originario proponente;

Le modifiche apportate alla proposta valgono come nuova proposta anche se sono vantaggiose per il proponente. Tuttavia, secondo alcuni, non può escludersi la conclusone del contratto qualora le modifiche contenute nell’accettazione non contrastino in modo significativo con l’assetto di interessi predisposto dal proponente (Bellelli).

In ogni caso, deve escludersi che i chiarimenti contenuti nell’accettazione, con i quali si precisi il significato del testo contrattuale, costituiscano variazioni della proposta.

- tempestiva, in quanto deve giungere a conoscenza del proponente nel termine stabilito nella proposta o, in mancanza, nel termine normalmente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi. L’accettazione tardiva è inefficace, a meno che il proponente non intenda considerarla efficace (art. 1326 c.c.) dandone, in tal caso, immediato avviso all’altra parte.

Il silenzio, di regola, non può valere come accettazione e, pertanto, nel mondo del diritto non è vero che "chi tace acconsente". Affinché il silenzio possa assumere il valore negoziale di accettazione della proposta, occorre che la legge attribuisca all’inerzia del soggetto il valore di consenso, oppure che, tenuto

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conto della qualità delle parti o delle loro relazioni d’affari, il comune modo di agire o la buona fede impongano alle parti stesse l’onere o il dovere di parlare, cosicché il tacere di una possa intendersi come adesione alla volontà dell’altra. Si pensi, ad esempio, all’invio di numerose fatture e solleciti di pagamento senza che il destinatario sollevi obiezione alcuna: in tal caso, il silenzio di quest’ultimo può essere considerato come accettazione dei prezzi indicati nelle fatture e riconoscimento della loro conformità agli accordi contrattuali.

In base all’art. 1326 c.c., il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione. Se le parti si trovano nello stesso luogo, non sorgono particolari problemi, in quanto chi ha fatto la proposta "ha conoscenza dell’accettazione", come dice la norma, quando ascolta la frase con cui l’altra dichiara di accettare.

Se, invece, sono lontane e comunicano attraverso lettera, telegramma, fax o in altri modi, non è sempre facile provare che il destinatario ha avuto effettiva conoscenza della comunicazione a lui diretta; per questo motivo, l’art. 1335 c.c. stabilisce che l’accettazione si ritiene conosciuta quando giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

La regola in base alla quale il contratto si perfeziona nel momento in cui le parti raggiungono il consenso non vale per tutti i contratti, ma solo per quelli che possiamo definire consensuali (la compravendita, ad esempio, si perfeziona - ed il bene o il diritto si trasferisce dal venditore all’acquirente - per effetto del consenso e, quindi, nel momento stesso in cui viene raggiunto l’accordo tra le parti, senza che sia necessaria l’effettiva consegna della cosa).

Esistono, però, anche contratti che non si perfezionano al momento della manifestazione del consenso delle parti, cioè al momento in cui si incontrano proposta e accettazione, ma solo quando avviene l’effettiva consegna della cosa. Tali contratti (ad esempio, il mutuo) sono definiti contratti reali.

Va infine evidenziato che non sempre il contratto si conclude a seguito dello scambio di due dichiarazioni, in quanto in alcuni casi può mancare l’accettazione.

Può accadere, in primo luogo, che la prestazione debba essere eseguita senza una preventiva accettazione, ciò per espressa volontà del proponente, per la natura dell’affare oppure secondo gli usi. L’art. 1327 c.c. stabilisce che in questo caso il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione.

Inoltre, l’art. 1333 c.c. prevede l’ipotesi del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, del contratto, cioè, che genera l’obbligo della prestazione per una sola parte.

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Chi propone un contratto di questo tipo, in primo luogo, non può revocare la proposta dopo che questa è giunta a conoscenza del soggetto cui è destinata; si tratta quindi di un’ipotesi di proposta irrevocabile (vedi paragrafo successivo). Il contratto, inoltre, si conclude senza bisogno di accettazione. Il destinatario, infatti, può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi; in mancanza di rifiuto, il contratto è concluso.

un lungo dibattito dottrinale (e giurisprudenziale) ha investito la natura giuridica della fattispecie prevista dall’art. 1333 c.c.
secondo una prima tesi, la figura prevista dall’art. 1333 c.c. è un vero e proprio contratto, nel quale il mancato rifiuto del destinatario della proposta è considerato un comportamento con valore di accettazione. Del resto, si afferma, la norma parla di contratto, e non può esserci contratto senza accordo, inteso come incontro delle volontà; - altra parte della dottrina (Sacco), ritenendo che l’accordo non è un requisito di tutti i contratti, afferma che lo schema delineato dall’art. 1333 c.c. è un contratto a formazione unilaterale, formato, cioè, dalla dichiarazione di una parte sola, il proponente, e sottoposto alla condizione risolutiva del rifiuto del destinatario della proposta, rifiuto eliminativo degli effetti già prodotti. Quindi, il rifiuto non può essere considerato come accettazione;
un terzo orientamento, infine, considera il contratto ex art. 1333 c.c. un negozio unilaterale, dove l’acquisto del diritto si produce a prescindere dal consenso del beneficiario; pertanto, secondo questa tesi, il principio in base al quale il contratto produce i suoi effetti soltanto tra le parti (vedi Cap. 26, par. 6) non impedisce, sempre e comunque, che un negozio giuridico possa produrre effetti nei confronti dei terzi rimasti estranei al negozio, ma impedisce soltanto che il negozio produca effetti negativi nei confronti dei terzi, potendo invece produrre effetti favorevoli, salva la possibilità di rifiuto da parte del terzo.

[VEDI TABELLA ALLEGATA IN PDF]

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@3 Revoca e inefficacia della proposta e dell’accettazione

La proposta e l’accettazione possono essere revocate.

La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l’accettante ha iniziato in buona fede l’esecuzione del contratto prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto ad indennizzarlo delle spese sostenute e delle perdite subite...

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