L'efficacia del contratto

AutoreStefano Ambrogio
Pagine301-314

Page 301

@1 Principi generali

L’art. 1372 c.c. stabilisce che: "Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge". Anche se molto breve, questa norma pone due principi fondamentali in relazione agli effetti del contratto:
il contratto ha forza di legge tra le parti. Esso vincola, quindi, in maniera analoga ad una disposizione di legge, coloro che lo hanno stipulato. Tale vincolo è irretrattabile (o, come pure si dice, irrevocabile) se non per mutuo consenso (cioè, come vedremo, in virtù di un nuovo accordo tra le stesse parti) e per le altre cause ammesse dalla legge;
il contratto non produce effetto rispetto ai terzi. Viene posto, così, il principio della relatività degli effetti del contratto, il quale, se ha forza di legge tra le parti, non può in alcun modo vincolare o coinvolgere soggetti che sono rimasti estranei all’accordo. La sfera giuridica di un soggetto, infatti, è intangibile e, come tale, non può essere modificata da atti di disposizione altrui.

@2 Effetti del contratto tra le parti

Come abbiamo visto, a seguito della conclusione del contratto, le parti sono tenute ad osservare quanto in esso stabilito e ad osservarlo esattamente, proprio come se fosse loro diretto un comando di legge.

Il vincolo che nasce a seguito della stipulazione può essere sciolto solo per le cause ammesse dalla legge, tra le quali particolare importanza assumono il mutuo consenso ed il recesso.

@@a) Il mutuo consenso

Il mutuo consenso (o mutuo dissenso) è un vero e proprio contratto, in particolare è un nuovo accordo intervenuto tra le parti di un contratto, le

Page 302

quali decidono concordemente di sciogliere il vincolo contrattuale che precedentemente le legava.

Secondo parte della dottrina il mutuo consenso può avere ad oggetto un qualunque contratto, anche ad effetti reali o già eseguito, in quanto va configurato come un negozio eliminativo, con efficacia retroattiva (ex tunc), degli effetti del negozio precedente. Altra parte della dottrina, invece, qualifica il mutuo dissenso come un contrarius actus, cioè come un atto uguale e contrario al precedente, con effetti specularmene inversi rispetto allo stesso. Di conseguenza, esso non avrebbe effetti retroattivi.

@@b) Il diritto di recesso

Il recesso può definirsi come il diritto riconosciuto ad una o ad entrambe le parti di sciogliere con una manifestazione di volontà unilaterale il vincolo contrattuale.

Quando tale diritto è attribuito dalla legge, si parla di recesso legale. I casi di recesso ammessi dalla legge sono numerosi ed hanno una disciplina molto varia e diversa tra loro, sia per quanto riguarda le possibili cause di recesso, sia per quanto riguarda le sue conseguenze (ad esempio, la facoltà di recedere dal contratto può essere limitata e può essere richiesta l’esistenza di gravi motivi che legittimino la parte a sciogliere il contratto). Nella maggior parte dei casi, il recesso è previsto dalla legge nell’ambito dei contratti di durata (ad esecuzione continuata o periodica) conclusi per un periodo di tempo indeterminato. Chi, ad esempio, ha stipulato un contratto per la fornitura di energia elettrica può recedere dallo stesso in qualsiasi momento dandone comunicazione all’altra parte (cioè, all’ente fornitore). La facoltà di recesso è spesso prevista nei contratti di durata anche quando è stabilito un termine finale, ma in questo caso è normalmente richiesta l’esistenza di una giusta causa.

Il diritto di recesso è un istituto che ricorre frequentemente nella normativa a tutela del consumatore, in particolare in caso di vendite stipulate fuori dei locali commerciali e di vendite a distanza.

Il D.Lgs. n. 50 del 1992 disciplinava i contratti conclusi fuori dei locali commerciali (durante la visita del professionista al domicilio del consumatore o sul posto di lavoro di quest’ultimo, durante una escursione organizzata dal professionista al di fuori dei propri locali commerciali, in area pubblica o aperta al pubblico, per corrispondenza etc.) e riconosceva al consumatore il diritto di cambiare idea e sottrarsi ai vincoli che nascono dal contratto, ossia un diritto di ripensamento (cd. ius poenitendi) che doveva essere esercitato entro sette giorni.

Il D.Lgs. n. 185/1999, invece, disciplinava il recesso dai cd. contratti a distanza, ossia da quei contratti aventi per oggetto beni o servizi stipulati tra un professionista e un

Page 303

consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista che, per tali contratti, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso. Al consumatore era riconosciuto il diritto di recedere dal contratto a distanza, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi.

Attualmente tanto la disciplina relativa ai contratti conclusi fuori dei locali commerciali quanto quella relativa ai contratti a distanza è confluita nel D.Lgs. 6-9-2005, n. 206 (codice del consumo), in base al quale (art. 64) il consumatore ha - in entrambi i casi - il diritto di recedere dal contratto senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi.

Il diritto di recedere dal contratto può essere previsto, oltre che dalla legge, dalle stesse parti e si parla, in questo caso, di recesso convenzionale. Quando il recesso è previsto dalle parti, è necessario, in primo luogo, distinguere tra:
contratti ad esecuzione immediata, nei quali la facoltà di recesso può essere esercitata fino a quando il contratto stesso non abbia avuto un principio di esecuzione. La parte, cioè, può recedere dal contratto solo prima che si sia prodotto, in tutto o in parte, l’effetto reale o che sia stata adempiuta, in tutto o in parte, la prestazione obbligatoria;
contratti ad esecuzione continuata o periodica, nei quali la parte può recedere anche dopo che il contratto ha avuto un principio di esecuzione. Il recesso, in questo caso, fa cessare gli effetti del contratto solo a partire dal momento in cui è stato esercitato e restano salvi gli effetti che si sono prodotti in precedenza. Ciò significa che se una delle parti, prima del recesso, ha eseguito una parte della propria prestazione, l’altra parte è tenuta a eseguire la controprestazione (es.: a pagare il corrispettivo) ad essa relativa.

In ogni caso, le disposizioni in materia di recesso possono essere derogate dalle parti, in quanto hanno carattere dispositivo.

Molto spesso al recesso è collegato un corrispettivo, nel senso che la parte che ha il diritto di esercitare il recesso deve pagare una determinata somma di denaro. Tale somma di denaro è definita caparra penitenziale quando le parti stabiliscono che la stessa deve essere versata al momento della conclusione del contratto (art. 1386 c.c.). È definita, invece, multa penitenziale quando le parti stabiliscono che dovrà essere versata solo se e quando sarà esercitato il recesso.

Dal punto di vista strutturale, il recesso è un atto unilaterale recettizio (ossia, produce i suoi effetti soltanto se giunge a conoscenza del destinatario) e, se riguarda un contratto per il quale è prevista una determinata forma ad substantiam, deve essere fatto nella stessa forma, in base al principio generale secondo cui per "distruggere" un atto giuridico occorre un altro atto uguale e contrario (Scognamiglio).

Page 304

[VEDI TABELLA ALLEGATA IN PDF]

@3 I diversi tipi di...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT