Il contratto e l'autonomia contrattuale

AutoreStefano Ambrogio
Pagine259-268

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@1 Il contratto

La nozione di contratto è delineata dall’art. 1321 c.c., ai sensi del quale il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale.

Il contratto, dunque, è un negozio giuridico bilaterale o plurilaterale tramite il quale le parti possono:
creare un nuovo rapporto giuridico;
modificare un rapporto giuridico preesistente;
porre fine ad un rapporto giuridico già esistente.

L’art. 1173 c.c., come sappiamo, inserisce il contratto tra le fonti delle obbligazioni, insieme ai fatti illeciti e agli altri fatti o atti idonei a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. La definizione di contratto fornita dall’art. 1321 c.c., come evidenziato dalla dottrina (Gazzoni, Sacco), risente fortemente dello stretto collegamento instaurato con il citato art. 1173 c.c. e pone in ombra il fatto che esistono contratti che invece di costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico determinano l’immediato trasferimento di diritti: si tratta dei cd. contratti ad effetti reali o traslativi (vedi Cap. 26 par. 3).
È stato però evidenziato, a tale proposito, che anche il contratto che trasferisce un diritto reale modifica un assetto di interessi preesistente e dunque lo stesso determina un "regolamento" di un rapporto giuridico (Galgano).

Oltre che per la sua struttura necessariamente bilaterale o plurilaterale, il contratto si caratterizza per la sua patrimonialità, nel senso che esso ha necessariamente ad oggetto un rapporto giuridico suscettibile di valutazione economica; non ogni accordo giuridicamente rilevante, dunque, può essere qualificato come un contratto: il matrimonio, ad esempio, avendo ad oggetto un rapporto di carattere personale, non rientra nella categoria del contratto, ma nella più ampia categoria del negozio giuridico.

Il Titolo II del Libro IV del codice civile contiene una disciplina di carattere generale che si applica a tutti i contratti.

Lo stesso codice civile regolamenta, poi, una serie di singoli tipi di contratto, la maggior parte dei quali sono previsti nel Titolo III del Libro IV (si tratta, ad esempio, della compravendita, della permuta, della locazione, del mutuo,

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del mandato); altre norme relative a singoli contratti sono contenute nel Libro I (es.: il contratto di costituzione di una associazione), nel Libro II (es.: donazione), nel Libro V (es.: contratto di società) e nel Libro VI (es.: costituzione di ipoteca).

Tutti questi contratti sono detti tipici, perché il legislatore prevede per ciascuno di essi un determinato nome (sono definiti, infatti, anche contratti nominati) e una determinata disciplina. Vedremo nel prossimo paragrafo, però, che i privati possono, entro certi limiti ed in presenza di determinati presupposti, concludere contratti diversi da quelli espressamente previsti e disciplinati dalla legge, i quali sono qualificati contratti atipici.

@2 L’autonomia contrattuale

L’art. 1322 c.c. - espressione del principio di autonomia privata nell’ambito contrattuale - stabilisce che le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e che le stesse possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela.

Si parla, a tale proposito, di autonomia contrattuale, la quale si sostanzia, in primo luogo, nella libertà attribuita ai privati di determinare il contenuto del regolamento contrattuale nei limiti imposti dalla legge.

Questo significa che le stesse possono utilizzare uno schema contrattuale previsto dalla legge ed adeguarlo come meglio credono alle proprie esigenze. Esse devono rispettare necessariamente le disposizioni che si definiscono inderogabili (la cui applicazione, cioè, è imposta dall’ordinamento); possono, invece, derogare alle disposizioni che si definiscono dispositive (che, cioè, regolano il rapporto, ma lasciano libere le parti di regolarlo diversamente) ed introdurre, sempre nei limiti imposti dalla legge, gli ulteriori patti, le ulteriori clausole contrattuali, che ritengono opportuni e che meglio soddisfano i loro interessi.

Può accadere, però, che le parti abbiano esigenze che non possono essere soddisfatte attraverso la stipulazione di uno dei contratti tipici. In questo caso esse, come stabilisce il 2° comma dell’art. 1322 c.c., possono concludere contratti diversi da quelli espressamente previsti e disciplinati dalla legge, purché tali contratti siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Questi contratti, non previsti dalla legge, sono qualificati contratti atipici (o innominati).

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Le parti possono, dunque, stipulare un contratto atipico solo quando perseguono interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Tali interessi possono dirsi meritevoli di tutela quando sono quanto meno compatibili con l’utilità sociale, quando il contratto, cioè, non è in contrasto con gli interessi della collettività e non reca danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.

Non sono meritevoli di tutela, invece, quando non sono conformi alle esigenze della comunità.

Nell’ambito dei contratti atipici rientrano i cd. contratti misti, nei quali concorrono gli elementi di più contratti tipici che si fondono in un unico contratto (ad esempio, il contratto con il quale una banca...

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