Dell'arbitrato

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine877-917
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Titolo VIII - Dell’arbitrato
uno Stato estero è autorizzata dal pubblico
ministero presso il tribunale, nella cui giuri-
sdizione la notif‌icazione si deve eseguire.
La notif‌icazione richiesta in via diplo-
matica è eseguita, a cura del pubblico mi-
nistero, da un uff‌iciale giudiziario da lui ri-
chiesto (70, 137). ]
TITOLO VIII
DELL’ARBITRATO
L’art. 1, 3° comma, lett. b), della l. n.
80/2005 ha delegato il Governo a riformare e
razionalizzare la disciplina dell’arbitrato preve-
dendo:
- la disponibilità dell’oggetto come unico e
suff‌iciente presupposto dell’arbitrato, salva di-
versa disposizione di legge;
- che, per la stipulazione di compromesso e
di clausola compromissoria, vi sia un unico cri-
terio di capacità, riferito al potere di disporre in
relazione al rapporto controverso;
- una disciplina relativa all’arbitrato con plu-
ralità di parti che garantisca nella nomina degli
arbitri il rispetto della volontà originaria o suc-
cessiva delle parti, nonché relativa alla succes-
sione nel diritto controverso ed alla partecipazio-
ne dei terzi al processo arbitrale, nel rispetto dei
principi fondamentali dell’istituto;
- una disciplina specif‌ica f‌inalizzata a garan-
tire l’indipendenza e l’imparzialità degli arbitri;
- una disciplina unitaria e completa della re-
sponsabilità degli arbitri, anche tipizzando le re-
lative fattispecie;
- una disciplina dell’istruzione probatoria,
con la previsione di adeguate forme di assistenza
giudiziaria;
- che gli arbitri possano conoscere in via inci-
dentale delle questioni pregiudiziali non arbitra-
bili, salvo che per legge sia necessaria la decisio-
ne con eff‌icacia di giudicato autonomo;
- una razionalizzazione della disciplina dei
termini per la pronuncia del lodo, anche con rife-
rimento alle ipotesi di proroga degli stessi;
- una semplif‌icazione e una razionalizzazio-
ne delle forme e delle modalità di pronuncia del
lodo;
- che il lodo, anche non omologato, abbia gli
effetti di una sentenza;
- una razionalizzazione delle ipotesi attual-
mente esistenti di impugnazione per nullità se-
condo i seguenti princìpi:
1) subordinare la controllabilità del lodo ai
sensi del secondo comma dell’art. 829 alla espli-
cita previsione delle parti, salvo diversa previsio-
ne di legge e salvo il contrasto con i principi fon-
damentali dell’ordinamento giuridico;
2) disciplinare il procedimento, prevedendo
le ipotesi di pronuncia rescissoria da parte del
giudice dell’impugnazione per nullità;
3) disciplinare in generale i rapporti fra arbi-
tro e giudice, ivi compresa l’eccezione di patto
compromissorio;
- una disciplina dell’arbitrato amministrato,
assicurando che l’intervento dell’istituzione arbi-
trale nella nomina degli arbitri abbia luogo solo
se previsto dalle parti e prevedendo, in ogni caso,
che le designazioni compiute da queste ultime
siano vincolanti;
- la soppressione del capo dedicato all’arbi-
trato internazionale, con tendenziale estensione
della relativa disciplina all’arbitrato interno, sal-
vi gli opportuni adattamenti, con esclusione di
quanto previsto dall’art. 838;
- che le norme in materia di arbitrato trovino
sempre applicazione in presenza di patto com-
promissorio comunque denominato, salva la di-
versa ed espressa volontà delle parti di derogare
alla disciplina legale, fermi in ogni caso il rispet-
to del principio del contraddittorio, la sindacabi-
lità in via di azione o di eccezione della decisione
per vizi del procedimento e la possibilità di fruire
della tutela cautelare.
In attuazione della delega, è stato emanato
il d.lgs. n. 40/2006, che ha riformato a fondo
il procedimento arbitrale. Ai sensi dell’art. 27,
comma 3, del citato decreto legislativo, le nuove
disposizioni si applicano alle convenzioni di arbi-
trato stipulate dopo l’entrata in vigore del mede-
simo decreto.
CAPO I
DELLA CONVENZIONE
D’ARBITRATO (1)
(1) Questo capo è stato così sostituito dall’art. 20 del
D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40.
A norma dell’art. 27, comma 3, del citato decreto legi-
slativo le disposizioni di questo capo si applicano alle con-
venzioni di arbitrato stipulate dopo l’entrata in vigore del
medesimo decreto.
Si riporta il testo del precedente capo I: «CAPO I. DEL
COMPROMESSO E DELLA CLAUSOLA COMPRO-
MISSORIA».
«806. (Compromesso). Le parti possono far decidere da
arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previ-
ste negli artt. 429 e 459, quelle che riguardano questioni di
stato e di separazione personale tra coniugi e le altre che non
possono formare oggetto di transazione.».
«807. (Forma del compromesso). Il compromesso deve,
a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’og-
getto della controversia.
«La forma scritta s’intende rispettata anche quando la
volontà delle parti è espressa per telegrafo o telescrivente.
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Libro IV - Dei procedimenti speciali
«Al compromesso si applicano le disposizioni che rego-
lano la validità dei contratti eccedenti l’ordinaria ammini-
strazione.».
«808. (Clausola compromissoria). Le parti, nel con-
tratto che stipulano o in un atto separato, possono stabili-
re che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano
decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono
formare oggetto di compromesso. La clausola compromissoria
deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compro-
messo ai sensi dell’art. 807, commi primo e secondo.
«Le controversie di cui all’art. 409 possono essere decise
da arbitri solo se ciò sia previsto nei contratti e accordi col-
lettivi di lavoro purché ciò avvenga, a pena di nullità, senza
pregiudizio della facoltà delle parti di adire l’autorità giudi-
ziaria. La clausola compromissoria contenuta in contratti o
accordi collettivi o in contratti individuali di lavoro è nulla
ove autorizzi gli arbitri a pronunciare secondo equità ovvero
dichiari il lodo non impugnabile.
La validità della clausola compromissoria deve essere va-
lutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si ri-
ferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende
il potere di convenire la clausola compromissoria.».
«809. (Numero e modo di nomina degli arbitri). Gli
arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari.
«Il compromesso o la clausola compromissoria deve con-
tenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di
essi e il modo di nominarli.
«In caso di indicazione di un numero pari di arbitri,
l’ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente conve-
nuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previ-
sti dall’art. 810. Qualora manchi l’indicazione del numero
degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbi-
tri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno
diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale
nei modi previsti dall’art. 810.».
L’arbitrato è uno strumento con il quale le
parti sottraggono al giudice ordinario la decisio-
ne di una determinata lite e la aff‌idano ad arbi-
tri, cioè a privati cittadini incaricati dalle parti di
decidere la controversia.
L’arbitrato, quindi, sostituisce la giurisdizione
ordinaria, e una volta decisa la controversia, la
decisione degli arbitri (rituali), il cd. lodo arbitra-
le, “ha dalla data della sua ultima sottoscrizione
gli effetti della sentenza pronunciata dall’autori-
tà giudiziaria”: così dispone l’art. 824bis (),
che rappresenta senza dubbio una delle novità
più rilevanti introdotte dalla riforma del 2006,
ponendo f‌ine alle discussioni che in passato ave-
vano agitato dottrina e giurisprudenza sull’eff‌i-
cacia da attribuire al lodo. In ogni caso, essendo
stato mantenuto l’exequatur ( 825) ai f‌ini del-
l’esecutività del lodo, gli effetti della sentenza at-
tribuiti al lodo si risolvono nell’eff‌icacia costitu-
tiva o di accertamento sul rapporto intercorrente
tra le parti e nell’obbligo, per queste ultime, di
osservare la pronuncia arbitrale (Punzi).
Il giudizio arbitrale, dal punto di vista descrit-
tivo, è quindi una sorta di “giustizia privata”, ov-
vero un mezzo al quale le parti possono ricorrere
sottraendo alla giustizia ordinaria la decisione
della lite.
Il ricorso all’arbitrato è dovuto soprattutto al-
la crisi della giustizia ed alla diff‌icoltà di otte-
nere, in tempi rapidi, una soluzione delle con-
troversie.
Sulla natura giuridica dell’arbitrato (rituale),
già prima della riforma del 2006, accanto a chi
sosteneva che si trattasse di uno strumento di
natura privatistica (Satta), ossia di un procedi-
mento che produce i suoi effetti sul piano nego-
ziale e che si conclude con un atto - il lodo - an-
ch’esso di natura negoziale, c’era chi sosteneva
che l’arbitrato avesse natura giurisdizionale, con-
cludendosi con un provvedimento avente effetti
sovrapponibili a quelli della sentenza del giudice
statuale, esclusa l’esecutività e l’idoneità alla tra-
scrizione e all’iscrizione ipotecaria (effetti, questi
ultimi, subordinati all’exequatur del Tribunale).
Quest’ultima tesi è stata accolta dal legisla-
tore del 2006 che, con il novellato art. 824bis,
afferma esplicitamente che il lodo, dalla data
della sua ultima sottoscrizione, ha gli effetti del-
la sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria;
del resto, nella trama degli artt. 806 e ss. sono
rinvenibili numerosi indizi dai quali è possibile
ricavare l’intenzione del legislatore di avvicinare
l’arbitrato al giudizio ordinario.
Accanto all’arbitrato rituale si pone il cd. ar-
bitrato irrituale, nel quale le parti aff‌idano agli ar-
bitri il compito non di comporre la lite attraverso
valutazioni o giudizi ma di redigere un accordo
per def‌inire in via amichevole le contestazioni ri-
guardanti determinati rapporti giuridici attraver-
so una dichiarazione di volontà negoziale sostitu-
tiva di quella delle parti.
Posto che sia l’arbitrato rituale che quello irri-
tuale hanno natura privata, la differenza tra l’uno
e l’altro tipo di arbitrato non risiede nel fatto che
con il primo le parti aff‌idano agli arbitri una fun-
zione sostitutiva di quella del giudice, ma va rav-
visata nel fatto che, nell’arbitrato rituale, le parti
vogliono che si giunga a un lodo suscettibile di
essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di
cui all’art. 825 c.p.c., con l’osservanza del regi-
me formale del procedimento arbitrale, mentre
nell’arbitrato irrituale aff‌idano all’arbitro (o agli
arbitri) la soluzione di controversie (insorte o
che possano insorgere in relazione a determinati
rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumen-
to negoziale, mediante una composizione ami-
chevole o un negozio di accertamento ricondu-
cibile alla volontà delle parti stesse, le quali si
impegnano a considerare la decisione degli arbi-
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Titolo VIII - Dell’arbitrato 806
tri come espressione della loro volontà (Cass. n.
14972/2007).
Presupposto per lo svolgimento del giudizio
arbitrale è la cd. convenzione d’arbitrato ( 806
e ss.).
L’espressione “convenzione d’arbitrato” so-
stituisce la distinzione, in voga nel regime pre-
vigente, tra “compromesso(accordo col quale
le parti si impegnano a far decidere da arbitri
le controversie tra loro insorte) e “clausola com-
promissoria(clausola con la quale le parti, nel
contratto che stipulano o in un atto separato,
stabiliscono che le controversie future in materia
di interpretazione o di esecuzione nascenti dal
contratto siano decise da arbitri), per sottolinea-
re l’unicità di disciplina: la base dell’arbitrato è
sempre l’accordo delle parti, appunto la conven-
zione d’arbitrato (Carpi). Tuttavia, la distinzione
tra “compromesso” e “clausola compromisso-
ria” viene mantenuta con riferimento all’oggetto
dell’arbitrato: il compromesso riguarda una lite
specif‌ica già nata, mentre la clausola compro-
missoria riguarda liti eventuali e future, non de-
terminate ma determinabili in quanto collegate
alla vita di un rapporto anche non contrattuale
(Bove).
806.
Controversie arbitrabili. – Le
parti possono far decidere da arbitri le con-
troversie tra di loro insorte che non abbia-
no per oggetto diritti indisponibili, salvo
espresso divieto di legge.
Le controversie di cui all’articolo 409
possono essere decise da arbitri solo se pre-
visto dalla legge o nei contratti o accordi
collettivi di lavoro.
1) LIMITI.
Il d.lgs. n. 40/2006 ha riformulato, semplif‌i-
candolo, il testo del “vecchio” art. 806. Infatti,
mentre la norma previgente stabiliva che “le par-
ti possono far decidere ad arbitri le controversie
tra loro insorte, tranne quelle previste dagli artt.
429 e 459 [leggi: 409 e 442], quelle che riguar-
dano questioni di stato e di separazione perso-
nale tra coniugi e le altre che non possono for-
mare oggetto di transazione”, il “nuovo” art. 806
stabilisce che le parti possono far decidere da
arbitri le controversie tra di loro insorte che non
abbiano per oggetto diritti indisponibili (diritti sot-
tratti alla disponibilità delle parti), salvo espresso
divieto di legge, aggiungendo che le controversie
di cui all’art. 409 “possono essere decise da ar-
bitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o
accordi collettivi di lavoro”.
Quest’ultima precisazione richiama quanto
già previsto dal 2° comma (ora abrogato) dell’art.
808 e si allinea all’orientamento prevalente che,
già sotto il vigore del “vecchio” art. 806, con-
sentiva l’arbitrato in materia di lavoro se previ-
sto da una disposizione di legge o da un accordo
collettivo.
2) DISPONIBILITÀ DELL’OGGETTO.
La nuova formulazione dei Capi da I a VI del
Titolo VIII del Libro IV del codice realizza una
riforma complessiva dell’intera materia, secondo
i principi espressi nella legge delega. In primo
luogo, la razionalizzazione della disciplina è per-
seguita con l’individuazione della disponibilità
dell’oggetto quale unico e suff‌iciente presuppo-
sto dell’arbitrato, salva diversa disposizione di
legge.
Si è quindi risolta nel senso più coerente con
gli approdi della giurisprudenza e della dottrina
più accreditata la problematica dei presupposti
delle “controversie arbitrabili” (così la rubrica
del nuovo art. 806). La disponibilità dell’oggetto
come unico e suff‌iciente presupposto dell’arbi-
trato sposta quindi l’angolo visuale dalle “que-
stioni” che possono essere decise dagli arbitri ai
“diritti” controversi. Viene in tal modo superato
l’approccio analitico della norma previgente, dal
cui riferimento alla disciplina della transazione,
peraltro, era desunto per l’appunto l’indisponibi-
lità dell’oggetto quale elemento indefettibile del-
l’arbitrabilità della controversia. La disponibilità
va riferita al diritto azionato e non alle questioni
che si pongano nel percorso logico-giuridico del-
la decisone, salvo si tratti di questioni che per
legge debbano essere decise con autorità di giu-
dicato.
ARBITRATO,
PERIZIA CONTRATTUALE,
ARBITRAGGIO
Mentre nell’arbitrato irrituale o libero le
parti conferiscono all’arbitro (o agli arbitri) il
compito di def‌inire in via negoziale le contesta-
zioni insorte o che possono insorgere tra di loro
in ordine a determinati rapporti giuridici, con la
perizia contrattuale le parti devolvono al terzo,
o ai terzi, scelti per la loro particolare compe-
tenza tecnica, non già la risoluzione di una con-
troversia giuridica, ma la formulazione di un
apprezzamento tecnico che preventivamente si
impegnano ad accettare (Cass. n. 4954/1999).
Invece, con l’arbitraggio si conferisce ad un
terzo l’incarico di determinare, in sostituzione
delle parti, un elemento del negozio giuridico in

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