L'applicazione giurisprudenziale delle tutele processuali

AutoreMaria Carla Gatto
Occupazione dell'autoreConsigliere della Corte di appello di Milano.
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@1. Premessa

L'introduzione della normativa sull'affido condiviso (legge n. 54 del 2006) ha l'indubbio merito di aver posto l'accento sulla corresponsabilizzazione dei genitori nei compiti e nelle funzioni educative anche dopo la scissione e la separazione della coppia.

Ma questa legge non si è limitata a innovare il delicatissimo settore dell'affidamento dei figli minori nella crisi della famiglia sia essa legittima o naturale, ma ha inserito, nel contesto di una disciplina nata e originariamente voluta come sostanziale, innovazioni di carattere processuale di grande rilievo ignorando alcune modifiche appena apportate dalla quasi contemporanea legge n. 80 (entrata in vigore il 1 marzo 2006), e così determinando una serie di problematiche interpretative, che sono una diretta conseguenza anche del mancato coordinamento della disciplina specificamente dettata per i singoli istituti e della scelta di non procedere ad abrogazioni espresse.

Si può dunque dire che questa legge è un'importante occasione perduta sotto molteplici profili:

  1. mancato coordinamento tra la disciplina prevista dalla legge con quella di nuovissima introduzione ad opera della legge n. 80/05 e successive modifiche della legge 28 dicembre 2005, n. 263;

  2. mancato coordinamento delle competenze del Giudice ordinario e del Tribunale per i minorenni che avrebbe finalmente posto termine al disagio derivante dalla parcel- lizzazione delle stesse con il rischio conseguente di compromettere l'effettiva tutela dell'interesse del minore;

  3. mancata chiarificazione della funzione residuale del Giudice tutelare a seguito dell'introduzione delle modifiche normative (art. 337 c.c.); Page 68

  4. mantenimento da parte del legislatore di due percorsi normativi formalmente distinti per la separazione e per il divorzio, operato dalla citata legge n. 80 ma ribadito dalla presente normativa, in controtendenza rispetto alle posizioni della giurisprudenza di merito e di legittimità e agli stessi interventi della Corte costituzionale orientati invece verso un'omogenizzazione tra i due procedimenti.

    Questo è dunque lo scenario che si delinea agli operatori del diritto, ai quali spetta dare risposte interpretative che riducano le contraddizioni e le disarmonie del testo normativo e consentano di dare sistematicità all'impianto, seguendo un principio di ragionevolezza, con la finalità di assicurare un'effettiva protezione degli interessi in gioco e di raggiungere una soluzione, il più condivisa possibile, in tempi ragionevoli.

    Se peraltro guardiamo al resoconto della seduta della Commissione Giustizia nel corso della quale è stato approvato il disegno di legge è possibile rinvenire l'inaspettato auspicio che la "giurisprudenza svolga un ruolo intelligente nella risoluzione delle questioni che l'articolato indubbiamente pone". Questo ci lascia stupiti non solo perché si ripone fiducia, in questi tempi non usuale, nell'attività della magistratura, ma anche perché si ha la prova della piena consapevolezza da parte del legislatore delle disorganicità del testo normativo, cioè proprio di quel dettato normativo che sta per approvare.

    Passerei quindi a esaminare tre questioni che, a mio avviso più di altre, impongono uno sforzo interpretativo e la necessità di dare sistematicità all'impianto normativo per evitare che le scelte processuali operate dalla legge di nuova introduzione si possano tradurre in una lesione degli interessi sostanziali che si vogliono tutelare e, primo fra tutti, dell'interesse del minore. Esaminerei in primo luogo il tema del riparto di competenza tra giudice ordinario e giudice minorile in ordine all'affidamento dei figli naturali, quindi i provvedimenti sanzionatori previsti dall'art. 709-ter c.p.c e, infine, alcune problematiche conseguenti all'introduzione del nuovo mezzo processuale costituito dal reclamo avverso le ordinanze presidenziali.

    @2. Il riparto di competenze in tema di affidamento della prole naturale

    Il legislatore, ora come in passato, ha focalizzato la sua attenzione sul modello della separazione coniugale per regolare i rapporti tra la coppia genitoriale in crisi e i propri figli seguendo la scelta già fatta con la previsione dell'art. 317 c.c., solo che oggi, con l'espresso richiamo contenuto nel secondo comma dell'art. 4, stabilisce che le nuove disposizioni- pur riferite alla sola separazione dei coniugi - trovano applicazione anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

    Proprio facendo leva su questa norma ci si è interrogati sull'ambito di applicazione della legge nel suo complesso e, in particolare, sull'incidenza di tali previsioni sul sistema Page 69 tradizionale delle competenze in ordine all'esercizio della potestà e all'affidamento dei figli di genitori non coniugati.

    Al riguardo non si può non essere d'accordo con quella parte della dottrina che rileva come la centralità delle norme di tutela dei figli previste dalla disciplina sostanziale della separazione non operi con la medesima forza espansiva, ora impressale anche dall'art. 4 della nuova legge, per quanto riguarda la disciplina processuale la cui applicazione in ambiti estranei alla separazione giudiziale deve essere valutata con molta prudenza.

    Il legislatore non ha infatti costruito una disciplina uniforme dei procedimenti innescati dalla crisi della coppia genitoriale, ma si è limitato a introdurre norme di portata ben limitata e specifica per quanto attiene ai profili processuali e, con riferimento ai procedimenti di separazione e divorzio, a segnare un'inversione di rotta, a favore della separazione, di quella rincorsa tra la disciplina della separazione e quella del divorzio, che per trent'anni aveva invece contraddistinto, a favore del divorzio, il percorso inter- pretativo legittimato dall'art. 23 l. n. 74/1987. Mentre infatti in forza della disposizione divorzile l'applicazione delle disposizioni processuali contenute nell'art. 4 della legge sul divorzio (norma interamente dedicata alla determinazione dell'iter del giudizio) veniva estesa, pur con la clausola di compatibilità, anche ai giudizi di separazione, oggi invece in forza dell'art. 4 legge n. 54 la normativa prevista per la separazione si estende al divorzio.

    Ciò premesso, dobbiamo tristemente prendere atto che nulla è mutato nella disciplina del riparto di competenze, forse nell'attesa dell'istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori, di cui a lungo si è dibattuto da diversi decenni, ma che è stata una problematica del tutto ignorata nel dibattito parlamentare che ha portato all'emanazione della disciplina sull'affido condiviso. Pertanto, nel silenzio del dato normativo, arbitraria risulta un'interpretazione del dettato legislativo tendente a ravvisare una modifica rispetto all'anteriore riparto di competenze: 1) sia che conduca all'eliminazione della competenza del Tribunale per i minorenni, 2) sia che conduca all'attribuzione di tutte le materie al Tribunale per i minorenni.

    La competenza del Tribunale per i minorenni è implicitamente evocata dalla legge n. 54 là dove impone l'applicazione delle nuove norme sull'affidamento condiviso anche alla filiazione naturale e più precisamente a quei "procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati" che l'art. 38 disp. att. c.c. assegna, com'è noto, alla competenza per mate- ria del giudice specializzato.

    L'art. 38 disp. att. c.c. (nella sua formulazione attuale, novellata da ultimo con la legge n. 184 del 1983) attribuisce al giudice minorile una competenza specifica nell'adottare i provvedimenti contemplati in disposizioni del codice, espressamente indicate (tra cui l'art. 317-bis c.c.), con la conseguenza che permane la residuale competenza del Tribunale ordinario per tutti i provvedimenti non demandati alla cognizione di una di- versa autorità giudiziaria.

    A mio avviso pertanto sono prive di fondamento normativo entrambe le opzioni interpretative che già sono venute a contrapporsi e che sono volte ad attribuire alla leg- Page 70 ge n. 54 una portata innovativa sul riparto delle competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni:

    - la prima si esprime a favore dell'acquisizione al Tribunale per i minorenni della competenza anche per l'adozione dei provvedimenti di contenuto economico, rite- nendo che la nuova disciplina non consenta di scindere tra loro il mo

    - la seconda opzione fa del pari leva, giungendo però a conclusioni opposte, sulla natura intrinsecamente unitaria della disciplina di nuovo conio, così che il giudice deve tenere presenti nella determinazione dei contributi economici anche

    Tale ultimo orientamento interpretativo seguito dal Tribunale per i minorenni di Milano si fonda, nonostante l'indiscussa sopravvivenza dell'art. 38 disp. att., sull'osservazione che detta norma non contiene la riserva a favore del Tribunale per i minorenni per l'applicazione degli artt. 155 e sgg. c.c., così che sarebbe più forte l'attrazione a favore del Tribunale ordinario. Secondo tale tesi il secondo comma dell'art. 4 legge n. 54 laddove estende "le disposizioni della presente legge", richiama integralmente le norme precedenti sia sostanziali che processuali e queste ultime presuppongono l'innesto su un rito ben preciso che è quello di cui agli artt. 706 e sgg c.p.c.

    ...

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