Le tutele sostanziali

AutoreMauro Paladini
Occupazione dell'autoreAvvocato e professore presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Pagine19-36

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@1. Ricordo dell'avv. Mario Jaccheri

È con particolare emozione e commozione che intervengo in un convegno organizzato dall'Osservatorio sul diritto di famiglia per commemorare la figura dell'avv. Mario Jaccheri.

Ritornato a Pisa alla Scuola Superiore Sant'Anna, avevo avuto diverse occasioni di incontrare l'avv. Jaccheri e di confrontarmi con lui su questioni giuridiche e, in particolare, di diritto della famiglia. Mi aveva sempre colpito l'approccio direttamente rivolto a enucleare e risolvere il problema esistenziale, che si celava dietro al dilemma interpretativo e applicativo, che pure l'avv. Jaccheri inquadrava e scioglieva con l'intelligenza e la finezza che gli appartenevano.

Ricordo il convegno organizzato dall'avv. Jaccheri e della sezione pisana dell'Osservatorio, svoltosi nell'impareggiabile contesto della tenuta di San Rossore il 28 giugno 2003, nel quale, tra le numerose e interessanti relazioni, una era stata dedicata proprio al tema dell'affidamento congiunto dei figli, già in quel momento posto dall'Osservatorio come uno dei principali temi di confronto e dibattito.

Il "taglio" - che gli odierni organizzatori hanno voluto attribuire a questo incontro - credo che rispecchi in modo fedele l'impostazione professionale dell'avv. Jaccheri e la prospettiva da lui sempre rivolta alla "tutela" degli interessi coinvolti nella vicenda e, in particolare, dei soggetti deboli (i figli, il coniuge debole, gli ascendenti).

Un grazie, quindi, sentito e devoto all'avv. Mario Jaccheri per quanto nella sua vita ha saputo fare a tutela dei diritti dei soggetti deboli; un grazie all'Osservatorio sul diritto di fa- Page 20 miglia e alla sua sezione pisana, all'amico Claudio Cecchella per il gradito invito, e alla cara Elena Jaccheri, che del padre prosegue, con instancabile impegno, la feconda attività.

@2. L'affidamento condiviso e i profili di attuale distinzione rispetto affidamento esclusivo

Il tema che mi è stato affidato è quello delle tutele sostanziali nelle recenti riforme della separazione personale e del divorzio e ritengo di interpretare correttamente il proposito degli organizzatori concentrando la mia attenzione sui profili sostanziali della legge n. 54 del 2006, che ha sancito - come è noto - il principio per cui, nella crisi di ogni relazione familiare o parafamiliare che coinvolga il rapporto tra genitori e figli, "il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno [dei genitori], di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi".

Il c.d. "diritto alla bigenitorialità" era già riconosciuto, invero, in fondamentali testi normativi sovranazionali, quali la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (art. 9, 3 comma) e la Carta di Nizza (art. 24, ora art. 84 del Trattato costituzionale europeo), nonché nella quasi totalità degli ordinamenti europei.

Si trattava, pertanto, di una scelta normativa per molti versi obbligata che, non a caso, ha ottenuto, all'atto della sua adozione, il consenso di quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento, sensibili alle ragioni da tempo fatte valere da una parte dell'opinione pubblica e, in particolare, dalle associazioni di "padri separati", schierate in prima linea per la rivendicazione di un diritto alla genitorialità sovente compresso da provvedimenti giudiziari di affidamento esclusivo in favore della madre, con limitazioni quantitative e qualitative dei tempi di permanenza con il padre.

La legge, tuttavia, presenta non poche difficoltà interpretative, che si sono rivelate assai presto all'origine di soluzioni giurisprudenziali diverse e, talvolta, stridenti.

In primo luogo, deve escludersi - secondo uno dei pochi aspetti su cui parrebbe convergere la maggioranza degli interpreti - che l'affidamento condiviso implichi la matematica ripartizione tra i genitori dei tempi di permanenza con il figlio; l'affidamento condiviso è compatibile, infatti, con il "collocamento prevalente" della prole presso uno dei genitori, al quale - al fine di assicurare stabilità dell'habitat domestico e continuità nelle abitudini di vita - dovrà essere disposta, di regola, altresì l'assegnazione della casa familiare (art. 155-quater c.c.).

Se ciò è vero, peraltro, sussiste il concreto rischio che l'affidamento condiviso si trasformi in una definizione giuridica di modalità di affidamento che, in concreto, potrebbero non differenziarsi significativamente dal precedente affidamento esclusivo con diritto di visita per uno dei genitori. Non può escludersi, quindi, che, alla base della scelta legislativa dell'affidamento condiviso, si possa rintracciare l'intento del legislatore di ripartire secondo proporzioni più egualitarie rispetto al passato la permanenza e la frequentazione di entrambi i genitori. Page 21

Il rischio di una differenza beffardamente solo nominalistica rispetto al passato si rivelerebbe ancor più evidente laddove gli interpreti dovessero propendere per la tesi secondo la quale l'esercizio della potestà non si differenzi a seconda della natura condivisa o esclusiva dell'affidamento.

L'art. 155, 3 comma, c.c., infatti - con una previsione che non distingue apparentemente tra affidamento condiviso e affidamento esclusivo - stabilisce che "La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente".

Secondo una prima tesi, l'art. 155, 3 comma, c.c. si applica sia all'affidamento condiviso sia all'affidamento esclusivo: da questo punto di vista, le due forme di affidamento non si differenzierebbero in alcun modo.

Secondo una tesi opposta, invece, nel caso di affidamento esclusivo l'esercizio della potestà spetterebbe al solo genitore affidatario.

Secondo una tesi intermedia, infine, nell'affidamento esclusivo di regola l'esercizio della potestà spetterebbe a entrambi i genitori, salvo che il giudice, in casi particolari caratterizzati dal rischio di un concreto pregiudizio per il minore, disponga l'esercizio esclusivo della potestà in capo al solo genitore affidatario.

In favore della prima tesi militano, invero, soltanto argomenti letterali o formalistici, quali la collocazione dell'art. 155, 3 comma, c.c. - che, nel contesto della norma, parrebbe non distinguere tra le due forme di affidamento - e la presunta mancanza di una nuova previsione che, in luogo dell'abrogato art. 155, 3 comma, c.c., disciplini il contenuto e l'esercizio della potestà nell'ipotesi di affidamento esclusivo.

La tesi intermedia, a sua volta, appare in contrasto col dato testuale, che non consente di evincere alcuna "dicotomia" nell'ambito della figura dell'affidamento esclusivo. Inoltre, se il presupposto per escludere il genitore non affidatario dall'esercizio della potestà - secondo questa ricostruzione - è costituito dal requisito del "pregiudizio per il minore", si deve sottolineare che esso finirebbe col coincidere col presupposto richiesto dall'art. 155-bis c.c. perché possa essere disposto l'affidamento esclusivo.

L'argomento letterale appare scarsamente probante, posto che l'art. 155 c.c., pur enunciando l'affidamento esclusivo come alternativa all'affidamento condiviso, è norma generale, rispetto alla quale l'art. 155-bis c.c., espressamente dedicato all'affidamento esclusivo, pone una previsione speciale alla quale l'interprete può legittimamente attribuire un contenuto peculiare sotto il profilo delle regole compatibili con tale modalità di affidamento.

Anche l'argomento dell'abrogazione della norma che disciplinava l'esercizio esclusivo della potestà da parte del solo genitore affidatario si rivela poco significativa, posto che nell'ordinamento è contenuta ancora una norma che descrive tale esercizio. L'art. 6, Page 22 4 comma, legge n. 898/70 contiene, infatti, una norma quasi perfettamente sovrapponi- bile al disposto dell'abrogato art. 155, 3 comma, né può condividersi l'argomento della presunta abrogazione tacita dell'art. 6, posto che la giurisprudenza applica in modo particolarmente restrittivo i criteri dell'art. 15 disp. prel. c.c.

Deve nettamente preferirsi, pertanto, la tesi secondo cui, nel caso di affidamento esclusivo, l'esercizio della potestà spetta al solo genitore affidatario, come appare del resto comprensibile in considerazione della "eccezionalità" dell'affidamento esclusivo, che l'art. 155-bis prevede per i soli casi di manifesta e grave inidoneità di un genitore sul piano educativo. Sarebbe addirittura paradossale che, nonostante tali eccezionali situazioni, l'esercizio della potestà continui a essere riconosciuto anche al genitore privato dell'affidamento.

La tesi dell'indifferenza delle modalità di affidamento ai fini dell'esercizio della potestà conduce - unitamente a quella della compatibilità tra affidamento condiviso e collocamento prevalente presso un genitore (con tempi non diversi da quelli dell'affidamento esclusivo) - al progressivo affievolimento delle differenze contenutistiche tra le modalità di affidamento e all'attribuzione alla nuova legge di una vacua valenza declamatoria e gattopardesca.

@3.L'assegnazione della casa familiare come "epicentro" della nuova disciplina

La possibilità - che, come si è detto, è unanimemente riconosciuta dalla dottrina - che all'affidamento condiviso corrisponda il collocamento prevalente presso uno dei genitori, attribuisce un significato davvero "centrale" all'istituto dell'assegnazione della casa coniugale.

Il nuovo art. 155-quater c.c. stabilisce che "Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione...

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