Sentenza nº 506 da Constitutional Court (Italy), 04 Dicembre 2002

RelatoreRomano Vaccarella
Data di Resoluzione04 Dicembre 2002
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.506

ANNO 2002

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Riccardo CHIEPPA Giudice

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE "

- Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

- Francesco AMIRANTE "

- Ugo DE SIERVO "

- Romano VACCARELLA "

- Paolo MADDALENA "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, e dell’art. 69, primo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2002 dal Tribunale di Ragusa nel procedimento civile vertente tra Caruso Rosario e la Legal Sud s.r.l., iscritta al n. 171 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 ottobre 2002 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

Ritenuto in fatto

  1. – Nel corso di un processo di opposizione all’espropriazione forzata presso terzi di una pensione di vecchiaia erogata dall’INPS, avendo l’opponente invocato l’impignorabilità assoluta, il Tribunale di Ragusa, con ordinanza del 31 gennaio 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, e dell’art. 69, primo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), per contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione e, comunque, con il principio di ragionevolezza, nella parte in cui escludono – a differenza di quanto disposto dall’art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile con riguardo alle retribuzioni – la pignorabilità, nei limiti di un quinto, della pensione di vecchiaia erogata dall’INPS per crediti diversi da quelli vantati dall’INPS stesso e da quelli di natura alimentare.

  2. – Con riguardo alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo mostra di dissentire dal precedente arresto sul punto della Corte costituzionale, costituito dalla sentenza n. 55 del 1991, sia nella parte in cui tale pronuncia valutava la limitazione introdotta dalle norme denunziate come meramente incidente su di uno dei tanti mezzi di esecuzione civile – l’espropriazione presso terzi – piuttosto che quale deroga al principio di responsabilità patrimoniale generica sancito dall’art. 2740 del codice civile, sia nella parte in cui il differente regime della pignorabilità delle retribuzioni e delle pensioni era giudicato con "l’intrinseca diversità di due situazioni giuridiche che rispondono a principi e finalità diversi quali quelli espressi dagli artt. 36 e 38 della Costituzione".

    Quanto alla prima questione, il rimettente sottolinea l’incongruenza della esclusione del mezzo espropriativo nella pratica più fruttuoso, mentre, con riguardo al secondo profilo, ritiene irragionevole la differenza tra il regime generale di impignorabilità delle pensioni e quello della pignorabilità delle retribuzioni private, ogni qual volta il trattamento pensionistico non abbia carattere "speciale", ma integri invece un’ipotesi di salario differito, con identità di natura e funzione che postula di necessità eguale trattamento in sede esecutiva. L’equivalenza tra pensione e retribuzione renderebbe irragionevole una situazione per cui, nonostante la rilevanza costituzionale del diritto alla retribuzione (art. 36, primo comma, Cost.), questa è pignorabile nei limiti di un quinto, laddove il principio di solidarietà, di cui all’art. 38, secondo comma, Cost., farebbe sì che la pensione sia impignorabile anche quando costituisca "prosecuzione" della medesima capacità reddituale.

    In tale ottica il giudice a quo critica il presupposto implicito della sentenza n. 55 del 1991 della Corte - rinvenuto nell’"opzione teorica dell’autonomia del sistema delle assicurazioni sociali rispetto alle assicurazioni private in quanto riconducibili alla cosiddetta sicurezza sociale, in ossequio al loro fondamento legale e non pattizio nonché al principio dell’automaticità delle prestazioni" - richiamandosi ai dati normativi che invece accomunano le due fattispecie, e segnatamente all’art. 1886 cod. civ. (che richiama, per la disciplina delle assicurazioni sociali, la disciplina codicistica per colmare le eventuali lacune delle leggi speciali) e all’art. 2116, primo comma, cod. civ. (che sancisce il principio dell’automaticità delle prestazioni previdenziali). Permarrebbe, inoltre, la correlazione tra contributi e prestazioni nella misura in cui l’erogazione di queste ultime resta comunque subordinata all’accertamento del fatto che i contributi erano effettivamente dovuti.

    Neppure il fine pubblicistico delle assicurazioni sociali sembra, infine, impedirne l’assimilazione a quelle private in punto di pignorabilità, tenuto conto della natura mista dell’erogazione (retributiva, previdenziale, assistenziale), cui ha fatto esplicito riferimento anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 99 del 1993 (evolutiva rispetto alla citata sentenza n. 55 del 1991), la quale ha dichiarato incostituzionale l’art. 2, primo comma, numero 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nella parte in cui escludeva la pignorabilità, nei limiti di un quinto, dell’indennità di fine rapporto dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni.

  3. - Evidente è, inoltre, ad avviso del rimettente, la rilevanza della questione "atteso l’evidenziato thema decidendum".

  4. - E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. A sostegno di tale conclusione osserva come, già con la sentenza n. 22 del 1969, la Corte costituzionale abbia chiarito che il principio generale della intangibilità delle pensioni erogate dall’INPS consente solo deroghe, espressamente stabilite, che siano aderenti ai precetti dell’art. 38, secondo comma, Cost., e che, in relazione alla natura del credito vantato nei confronti dell’assicurato, precisino la quota aggredibile dell’emolumento. Tale sarebbe la linea anche della sentenza n. 1041 del 1988 che, nel consentire la pignorabilità nei limiti di un quinto (rectius, di un terzo) delle pensioni corrisposte dall’INPS per crediti alimentari, effettua una puntuale comparazione tra i beni essenziali della vita e della dignità dell’uomo, tutelati dall’art. 38, secondo comma, Cost., e quello agli alimenti, garantito dall’art. 29 Cost.

    Nel richiamare, infine, la sentenza n. 55 del 1991 e l’ordinanza n. 314 del 1991, l’Avvocatura evidenzia come il giudice rimettente non abbia neppure specificamente indicato e qualificato la natura del credito azionato, con ciò impedendo ogni valutazione comparativa con gli interessi tutelati dal menzionato art. 38 Cost.

    Considerato in diritto

  5. - Il Tribunale di Ragusa dubita, "in relazione all’art. 3, comma primo, Cost., e, comunque, al principio di ragionevolezza", della legittimità costituzionale dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, e dell’art. 69...

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