Sentenza nº 85 da Constitutional Court (Italy), 15 Maggio 2015

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione15 Maggio 2015
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 85

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice

- Giuseppe FRIGO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma 4-ter, lettera c), dell’art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 e dell’art. 3, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, aggiuntivo dell’art. 72-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, sezione distaccata di Galatina, nel procedimento vertente tra M.G. ed altro e T.A. con ordinanza del 12 febbraio 2014, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 aprile 2015 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale ordinario di Lecce, sezione distaccata di Galatina, con ordinanza del 12 febbraio 2014, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma 4-ter, lettera c), dell’art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, per violazione degli artt. 38 e 3 della Costituzione, nella parte in cui non ha previsto che siano fatte salve le limitazioni in materia di pignoramento di cui all’art. 545 del codice di procedura civile, e dell’art. 3, comma 5, lettera b), del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 aprile 2012, n. 44, che ha introdotto l’art. 72-ter (Limiti di pignorabilità) nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), per violazione degli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui non prevede l’applicazione dei limiti individuati da tale disposizione anche ai crediti sorti inter privatos.

    Riferisce il giudice a quo che la questione è sorta nell’ambito di una procedura esecutiva promossa da due creditori privati cittadini per un credito di alcune migliaia di euro.

    Si legge nell’ordinanza di rimessione che i creditori avevano richiesto il pignoramento presso terzi, ai sensi dell’art. 546, comma l, del codice di procedura civile, delle somme depositate a qualsiasi titolo su conti, certificati di deposito, libretti di risparmio o equipollenti intestati al debitore presso vari istituti di credito aventi sede in Galatina, citando l’esecutato ed i suddetti istituti di credito per l’udienza prevista dall’art. 547 cod. proc. civ. Riferisce il giudice rimettente che il pignoramento aveva dato esito positivo unicamente con riferimento all’indennità mensile di disoccupazione, periodicamente accreditata dall’Istituto nazionale della previdenza sociale su un conto corrente intestato al debitore. Questi, opponendosi all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 2, cod. proc. civ., si costituiva in giudizio ed evidenziava nell’occasione vari profili di incostituzionalità della procedura esecutiva.

    Il giudice a quo, nell’ordinanza del 12 febbraio 2014, osserva che sebbene da tempo la pignorabilità delle retribuzioni e delle pensioni sia disciplinata nel rispetto del principio consolidato della limitazione delle pretese creditorie entro precisi limiti percentuali (ordinariamente corrispondenti ad un quinto del loro importo), in ragione di consolidati orientamenti giurisprudenziali (sono richiamate varie decisioni di giudici di merito e la recente sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 9 ottobre 2012, n. 17178) tali limiti verrebbero meno quando i predetti emolumenti confluiscano in un conto corrente bancario o postale, in quanto, si troverebbe affermato, la somma perderebbe l’originaria qualificazione, confondendosi nella liquidità indistinta che costituisce il credito del correntista nei confronti della banca e, come tale, completamente aggredibile da parte di un creditore terzo che provveda a pignorare i conti correnti del lavoratore o del pensionato, piuttosto che sottoporre a pignoramento il credito che questi vanti per retribuzioni o per pensioni presso il proprio datore di lavoro o presso l’istituto previdenziale erogatore.

    Solo infatti nel caso di pignoramento eseguito presso il datore di lavoro, prosegue il rimettente, varrebbero le limitazioni suddette previste per i crediti da lavoro o da pensione, che invece verrebbero meno qualora le somme corrispondenti siano confluite in un conto corrente bancario.

    Il giudice a quo riferisce che l’unico, parziale, rimedio a tale inconveniente potrebbe rinvenirsi nella soluzione individuata da alcuni giudici di merito secondo i quali la natura privilegiata del rateo pensionistico permarrebbe anche se esso sia accreditato su un conto corrente o su un libretto di deposito, purché la natura del credito sia immediatamente riconoscibile per denominazione ed importo e purché non vi siano, all’attivo, voci diverse dall’accredito della pensione ovvero prelievi subito dopo il deposito della somma, a titolo di pensione (è citata una pronuncia del Tribunale di Sulmona).

    Il Tribunale di Lecce osserva che la questione, già presente con il diffondersi dell’accredito volontario sul conto corrente, sarebbe divenuta di particolare attualità con l’entrata in vigore dell’art. 12, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, nel testo in seguito modificato dalla legge n. 214 del 2011, il quale ha inserito il comma 4-ter all’art. 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148 che quindi [nel testo vigente] così recita: «lo stipendio, la pensione, i compensi comunque corrisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dai loro enti, in via continuativa a prestatori d'opera e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a mille euro, debbono essere erogati con strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate e le carte di cui all’articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Il limite di importo di cui al periodo precedente può essere modificato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Dal limite di importo di cui al primo periodo sono comunque escluse le somme corrisposte a titolo di tredicesima mensilità».

    Secondo il rimettente tale disposizione, consentendo la totale apprensione dei proventi della pensione una volta versati nel conto corrente, violerebbe l’art. 38 Cost. che, nel sancire il diritto dei lavoratori, in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria, a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, vorrebbe che sia garantita loro la corresponsione di un minimum vitale, il cui ammontare è riservato all’apprezzamento del legislatore (è citata la sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 1969). Il giudice a quo richiama anche la giurisprudenza della Corte costituzionale più recente, ed in particolare la sentenza n. 506 del 2002 (confermata anche da pronunce successive: sentenze n. 444 del 2005, n. 256 del 2006 e n. 183 del 2009) con la quale è stata ammessa la pignorabilità delle pensioni sia pubbliche che private – nella consueta misura del quinto – per ogni credito, ma con esclusione di quella parte corrispondente al minimo vitale necessario per il pensionato. Parimenti dovrebbe ritenersi, secondo il Tribunale di Lecce, per le indennità di disoccupazione, ancorché con specifico riferimento al limite di pignorabilità di un quinto dell’emolumento, tenuto conto che lo stesso art. 38 Cost. le menziona assieme alle pensioni.

    L’art. 12, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito dalla legge n. 214 del 2011, violerebbe inoltre l’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto paleserebbe una difformità di trattamento (subita dall’esecutato) – determinatasi a seguito dell’entrata in vigore della norma impugnata, in ragione della scelta del creditore tra l’aggressione del credito eseguito presso il datore di lavoro o presso l’ente...

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