Sentenza nº 61 da Constitutional Court (Italy), 05 Marzo 1999

RelatoreFernanda Contri
Data di Resoluzione05 Marzo 1999
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.61

ANNO 1999

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti), promossi con ordinanze emesse l’8 gennaio 1997 dal Pretore di Cagliari, il 24 gennaio 1997 dal Pretore di Modena ed il 15 maggio 1997 dal Pretore di Milano rispettivamente iscritte ai nn. 90, 165 e 468 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica nn. 10, 15 e 30, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visti gli atti di costituzione di Cadoni Consolata Maria Giuseppa, di Saetti Franco, dell’INPS, di Muci Luigi, della Cassa Nazionale di Previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali e dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro, nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 27 ottobre 1998 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi gli avvocati Maurizio Cinelli per Saetti Franco e Muci Luigi, Carlo De Angelis per l’INPS, e l’avvocato dello Stato Luigi Mazzella per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio promosso da Consolata Cadoni contro l’INPDAI e la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, il Pretore di Cagliari, con ordinanza emessa l’8 gennaio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti).

    L’art. 1 della legge n. 45 del 1990 prevede la facoltà di chiedere la ricongiunzione, nella gestione di attuale afferenza, di tutti i periodi di contribuzione maturati presso forme obbligatorie di previdenza per i liberi professionisti cui il lavoratore, dipendente o autonomo, sia stato iscritto nel corso della sua vita lavorativa. Si tratta di una ricongiunzione onerosa, poichè la gestione presso la quale si effettua pone a carico del richiedente la somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base all’art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative a norma del primo comma dell’art. 2 ("Ai fini di cui all’art. 1, la gestione o le gestioni interessate trasferiscono a quella in cui opera la ricongiunzione l’ammontare dei contributi di loro pertinenza maggiorati dell’interesse composto al tasso annuo del 4,50 per cento").

    Le disposizioni impugnate - osserva, ai fini della motivazione della rilevanza, il pretore rimettente - impongono il rigetto della domanda attrice, diretta ad ottenere l’applicazione del sistema della "totalizzazione" dei contributi, basato sulla erogazione del trattamento pensionistico "pro-rata" da parte dei diversi enti previdenziali, ciascuno dei quali interessato in proporzione alla contribuzione versata dall’assicurato.

    Sotto il profilo della non manifesta infondatezza della questione, la disciplina impugnata appare al giudice a quo in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo dell’entità del trasferimento imposto all’ente cedente dal primo comma dell’art. 2, irragionevolmente commisurato al mero equivalente monetario dei contributi a suo tempo versati, non rivalutato, e maggiorato di un interesse addirittura inferiore a quello legale; sia sotto il profilo della disparità di trattamento in relazione a ipotesi di ricongiunzione meno onerose per gli interessati: il rimettente richiama la legge 7 febbraio 1979, n. 29 - che riguarda i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni INPS - secondo la quale l’onere di ricostituire la riserva matematica grava sull’assicurato nella misura del 50 per cento (art. 2, terzo comma); l’irragionevolezza dell’art. 2 della legge n. 45 del 1990 diventa ad avviso del giudice a quo "ancora più evidente in riferimento alle ipotesi di ricongiunzione che interessano i lavoratori subordinati, i quali non risultano mai penalizzati dal passaggio ad un diverso settore di attività (dal pubblico al privato e viceversa) e, dunque, da un regime previdenziale ad un altro" (oltre alla citata legge n. 29 del 1979, nell’ordinanza di rimessione si menziona la legge n. 322 del 1958 e, per il passaggio dal regime INPS a quello INPDAI, l’art. 5 della legge n. 44 del 1973).

    L’onere talora insostenibile posto dalla legge n. 45 del 1990 a carico del richiedente la ricongiunzione rende, secondo il giudice a quo, la disciplina impugnata incompatibile con gli artt. 2 e 38 della Costituzione, giacchè quella che la legge "configura come una ‘facoltà’ del libero professionista si traduce, in sostanza, nell’unica strada percorribile per rendere produttivi i periodi assicurativi maturati presso gestioni diverse, e viola il dettato costituzionale nel momento in cui non prevede l’alternativa opzionabilità di un meccanismo che eviti, nell’ipotesi in cui il costo della ricongiunzione non sia sostenibile, il verificarsi della sterilizzazione della contribuzione versata presso gestioni diverse e, nella peggiore delle ipotesi, il pregiudizio della privazione del diritto stesso al trattamento pensionistico, qualora in nessuna delle predette gestioni sia stato raggiunto il minimo contributivo prescritto".

    Dopo il rinvio ad una serie di ipotesi di applicazione del principio della "totalizzazione" e del criterio del "pro-rata" ad alcune categorie di lavoratori autonomi (commercianti, coltivatori diretti e artigiani ex art. 16 della legge n. 233 del 1990; imprenditori agricoli, agenti e rappresentanti di commercio ex artt. 11, legge n. 537 del 1993 e 2, comma 26, legge n. 335 del 1995; ostetriche libere professioniste; liberi professionisti forniti di albo ma sprovvisti di autonoma cassa di previdenza, ex decreto legislativo n. 103 del 1996), nell’ordinanza di rimessione si conclude per la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge n. 45 del 1990, "nella parte in cui non prevedeno la facoltà dell’assicurato libero professionista di optare per un meccanismo alternativo alla ricongiunzione onerosa dei periodi di contribuzione maturati presso altre gestioni, e tuttavia idoneo ad attribuire valenza alla suddetta contribuzione, ai fini del diritto al trattamento pensionistico".

  2. - Ha depositato fuori termine l’atto di costituzione nel giudizio dinanzi a questa Corte Consolata Cadoni, ricorrente nel procedimento a quo pendente di fronte al Pretore di Cagliari.

  3. - Questioni parzialmente analoghe di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge n. 45 del 1990 sono state sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 36, 38 e 41 della Costituzione, dal Pretore di Modena con ordinanza emessa il 24 gennaio 1997, nel corso di un giudizio iniziato da Franco Saetti contro la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti e contro l’INPS, per ottenere la pensione di anzianità o di vecchiaia commisurata a tutti i contributi obbligatoriamente versati in base al principio della totalizzazione, che comporterebbe l’obbligo degli enti convenuti di corrispondere al ricorrente i rispettivi pro-rata di pensione. In via subordinata, il ricorrente chiedeva che l’onere di ricongiunzione preteso dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti ex art. 2, comma 2, della legge n. 45 del 1990, fosse determinato sulla base del criterio della riserva matematica al cinquanta per cento, analogamente a quanto il terzo comma dell’art. 2 della legge 7 febbraio 1979 n. 29 dispone per gli altri lavoratori autonomi, e che fosse accertato l’obbligo dell’INPS di trasferire alla suddetta Cassa la riserva matematica nella stessa misura del cinquanta per cento, o almeno le somme versate a titolo di contributi, maggiorate da rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data del pagamento alla data del trasferimento.

    Il Pretore di Modena ritiene evidente la rilevanza delle questioni sollevate, "in quanto l’esistenza stessa della normativa impugnata comporta per ciò stesso il rigetto della domanda attrice".

    In relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione, premesso il rinvio ad una serie di testi normativi che prevedono ipotesi di totalizzazione (oltre a quelli richiamati nell’ordinanza del Pretore di Cagliari, si menzionano l’art. 5 della legge n. 44 del 1973; l’art. 17 della legge n. 1079 del 1971; la legge n. 402 del 1995; il rimettente richiama altresì l’art. 51 del Trattato CEE, nonchè l’art. 45 e seguenti del regolamento CEE n. 1408 del 1971, integrato dal regolamento n. 2001 del 1983), la questione di legittimità costituzionale sollevata é ritenuta dal Pretore di Modena non manifestamente infondata in quanto, a suo avviso, la mancata estensione del modello della totalizzazione ai soggetti contemplati dalla disciplina denunciata "viola il principio di eguaglianza, non essendo dato individuare alcuna ragione di tale diverso trattamento". L’art. 2 della legge n. 45 del 1990, in particolare, appare al rimettente in contrasto con i menzionati parametri costituzionali, "nella parte in cui non prevede la scelta per l’interessato tra totalizzazione e ricongiunzione, e cioé la facoltà di optare per un meccanismo alternativo alla ricongiunzione onerosa dei periodi di contribuzione maturati...

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