Sviluppi giuridici e conseguenze socio-economiche del pellegrinaggio

AutoreMaria Luisa Lo Giacco
Pagine67-118

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@1. La lex peregrinorum

Lungo tutto il loro cammino i pellegrini godevano di una particolare tutela giuridica garantita sia dalla legislazione ecclesiastica, sia da quella secolare. Si creò una "lex peregrinorum"1 che proteggeva i viaggiatori religiosi sotto ogni aspetto, indipendentemente dalle motivazioni che li avevano spinti a partire e che potevano essere le più varie: dall'adempimento di un voto, alla penitenza, alla condanna penale, alla richiesta di guarigione. Si è detto, a tal proposito, che a partire dalle leggi promulgate in favore dei pellegrini vide la luce un diritto sovranazionale: "La pratica del pellegrinaggio si iscrive al primo posto tra i motivi che causarono l'elaborazione progressiva di un corpo di regole senza frontiere. Gli storici del diritto, troppo attenti allo «ius mercatorum» hanno sottovalutato il posto o l'importanza che, molto prima, il pellegrinaggio ha avuto"2.

Abbiamo visto che il pellegrinaggio poteva essere imposto come penitenza, oppure inserito come clausola in un testamento; furono parecchi anche i pellegrini costretti a mettersi in viaggio in seguito ad una sentenza comminata da un tribunale secolare. Ma accanto a coloro che erano obbligati a partire, più numerosi furono certamente coloro che volontariamente Page 68 si mettevano in cammino per fede, per adempiere un voto, per chiedere la guarigione da una malattia o una grazia, per ringraziare della guarigione o della grazia ricevuta. La richiesta di guarigione era uno dei motivi che più frequentemente spingeva il fedele a recarsi presso un santuario, poiché durante tutto il Medioevo epidemie e malattie non trovavano validi rimedi in un'arte medica affidata soprattutto a erboristi e guaritori. Il ricorso al divino era inoltre favorito dal clero, che diffondeva fra il popolo la convinzione che le malattie fossero una sorta di punizione per i peccati commessi e che dunque la guarigione potesse essere ottenuta solo attraverso il sincero pentimento e l'intercessione dei santi3. In caso di malattia i pellegrinaggi diventavano pertanto una "terapia normale, naturale, anzi quasi obbligatoria"4, in particolare in occasione delle epidemie di peste, frequenti durante il Medioevo, poiché si riteneva che la peste fosse un flagello inviato da Dio per punire gli uomini peccatori5. Si favoriva in questo modo una propagazione del contagio proprio a causa dei pellegrini e degli altri viaggiatori che diventavano involontari veicoli dell'epidemia. In qualche caso, invece, il pellegrinaggio si concludeva real- mente con una guarigione, dovuta talvolta ad un miracolo, più spesso al cambio di clima e di dieta che il viaggio determinava, o alle cure migliori che il malato riceveva nel santuario e presso i monasteri nei quali veniva accolto lungo il cammino: Page 69 non bisogna infatti dimenticare che i monaci erano spesso ottimi medici6. Si diffuse anche la convinzione che, in determinati santuari definiti "santuari di attesa", dovessero essere portati i bambini morti senza aver ricevuto il battesimo: deposti sull'altare questi riacquistavano la vita per lo strettissimo lasso di tempo necessario per ricevere il sacramento e quindi per poter essere sepolti in terra consacrata ed entrare in Paradiso7.

Prima della partenza era necessario che i pellegrini ottenessero la benedizione e l'autorizzazione dal vescovo, se chierici, o dal parroco, se laici. Il canone 44 del concilio di Châlon ribadiva il divieto per i chierici di entrare nelle taverne e di recarsi in pellegrinaggio senza l'autorizzazione del proprio vescovo; stigmatizzava poi il ricorso ai pellegrinaggi da parte di chierici che, dopo avere condotto una vita dissoluta, pensavano in questo modo di lucrare il perdono per le colpe commesse, riprendendo a tal proposito la celebre frase di san Girolamo, secondo la quale "non Hierosolymam vidisse, sed Hierosolymis bene vixisse, laudandum est"8. Nel Decreto di Ivo di Chartres si giudicava stolto chi, avendo compiuto un peccato capitale, invece di accettare la penitenza impostagli dal proprio confessore, si recava pellegrino a Roma, pensando che tale viaggio fosse più efficace: al contrario veniva raccomandato ai peccatori di sottoporsi prima alla penitenza e poi, una volta ottenuta l'autorizzazione da parte del proprio vescovo, eventualmente recarsi anche a Roma9. Il canone 16 del capitolo I del concilio di Seligenstadt del 1023 vietava a chiunque di mettersi in viaggio per l'Urbe senza il permesso del proprio Page 70 vescovo10, proibizione che troviamo anche nel Decreto di Ivo di Chartres11. I monaci non potevano intraprendere un pellegrinaggio se prima non erano autorizzati dal loro abate o superiore12.

Il pellegrino che avesse ottenuto tutti i permessi necessari alla partenza ricadeva sotto la protezione della Chiesa, e se si trattava di chierici diretti in pellegrinaggio a Roma, godevano della protezione apostolica13. La loro particolare dignità li rendeva capaci di ricevere il sacramento della penitenza anche durante i periodi di interdetto generale14. La Chiesa tutelava i beni e la famiglia del pellegrino, stabilendo ad esempio che i primi non potessero essere toccati da alcuno, neppure in seguito a sentenza; più in generale, la giurisdizione secolare non aveva competenza alcuna sui pii viaggiatori fino a quando non rientravano dal loro viaggio. Durante la loro assenza da casa un parente, un servitore, o un amico potevano agire in giudizio per difendere le proprietà dei pellegrini, ed in ogni caso, una volta rientrati dal viaggio, essi avevano un anno di tempo per agire in difesa dei propri interessi15. Due documenti di papa Page 71 Eugenio III mostrano la sollecitudine della Chiesa verso i pellegrini (e i crociati, considerati come pellegrini in Terrasanta). Il primo è una lettera del 22 novembre 1145, indirizzata ai vescovi toscani, riguardante coloro che si recavano a Pistoia per venerare l'altare di San Giacomo. Il papa chiedeva ai vescovi di vigilare affinché i fedeli delle loro diocesi non molestassero né disturbassero in alcun modo i devoti viaggiatori: "quos si qui facere praesumpserint, eos tanquam sacrilegos, et tregua Dei violatores excommunicatos publice denuntietis"16. Il secondo documento è costituito dalla Bolla Quantum praedeces- sores promulgata il 1º dicembre 1145 che, nell'indire la crociata, stabiliva che moglie, figli e beni di colui che partiva per la Terrasanta ricadessero sotto la protezione della Sede Apostolica17. Il canone 18 del concilio di Rouen del 1072 si preoccupava invece della stabilità familiare dei pellegrini, stabilendo che le loro mogli non potessero risposarsi prima che fosse passato un congruo periodo di tempo da quella che veniva considerata come la probabile data di ritorno a casa del marito18.

Lungo la strada, oltre a godere della protezione regia, coloro che erano in viaggio per motivi religiosi potevano avvalersi dell'istituto della "Pace di Dio" che vietava agli uomini armati, sotto pena di sanzioni canoniche, di molestare alcune particolari categorie di persone particolarmente povere o indifese come i chierici e i mercanti19. A garanzia del rispetto della Page 72 "Pace di Dio" furono create delle confraternite che vigilavano sulle infrazioni di essa e furono costituiti, con il concilio di Montpellier del 1214, dei veri e propri tribunali che avevano competenza sull'eventuale infractor pacis20. Anche chi violava la pace sociale, ad esempio provocando dolosamente un incendio, veniva condannato a compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme o a Santiago di Compostela, come stabilito dal canone 15 del concilio di Reims del 114821. D'altronde, il fatto di poter viaggiare in sicurezza e al riparo da atti di violenza era uno dei motivi che potevano determinare il successo o al contrario la crisi di un luogo di pellegrinaggio: il santuario di Sant'Egidio, che per secoli aveva rappresentato una delle più importanti mete europee, andò del tutto in rovina durante la guerra dei cento anni22, e anche il più importante pellegrinaggio cristiano, quello in Terrasanta, conobbe una crisi quando l'ostilità tra i conquistatori arabi e i regni cristiani si fece più aspra rendendo difficile e pericoloso il viaggio dei fedeli fino a Gerusalemme. E la crisi di un pellegrinaggio, come vedremo, voleva dire anche crisi dell'economia che si reggeva attorno ad esso; infatti, come scrive Giorgio Otranto, la presenza di numerosi fedeli e visitatori costituiva "uno dei fattori economici Page 73 di maggiore rilevanza per quelle città che disponevano di un santuario importante"23.

Proprio per garantire la sicurezza dei pellegrini, le leggi penali, sia secolari sia ecclesiastiche, prevedevano pene severe per chi avesse molestato i pii viaggiatori. Protettori di questi ultimi erano soprattutto i chierici e in particolare i vescovi, come stabilito dal Concilio di Tours dell'anno 813, che ai canoni 5 e 6 prevedeva che la loro tavola dovesse essere parca ma sempre pronta ad accogliere poveri e pellegrini24, e dalla Sinodo di Pavia dell'anno 850 al § 3: "Placet episcopum moderatis epulis contentum esse suosque convivas ad comedendum et potandum non urgere, quin potius sempre se sobrietatis prebeat exemplum...; adsint peregrini et pauperes et debiles, qui de sacerdotali mensa Christum benedicentes benedictionem percipiant"25. Nel Decreto di Graziano veniva punito con la scomunica chi avesse aggredito, molestato o preteso balzelli dai pellegrini: "Si quis Romipetas, et peregrinos, et Apostolorum limina, et aliorum sanctorum oratoria visitantes capere, seu rebus, quas ferunt, spoliare, et mercatores novis teloneorum et pedagiorum exactionibus molestare tenptaverit, donec satisfecerit, comunione careat Christiana"26. Il canone 11 del Concilio Lateranense II, si preoccupava della sicurezza del viaggio di preti, monaci, pellegrini e mercanti e del lavoro dei contadini: "Praecipimus etiam ut presbiteri clerici monachi peregrini mercatores rustici euntes et redeuntes et in agricoltura persistentes...omni tempori...

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