I sindaci e i flussi informativi sociali, tra obblighi di cooperazione e doveri di vigilanza

AutoreDaniela Caterino
Pagine50-167
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CAPITOLO SECONDO
I SINDACI E I FLUSSI INFORMATIVI SOCIALI,
TRA OBBLIGHI DI COOPERAZIONE
E DOVERI DI VIGILANZA
SOMMARIO. 1. Premessa metodologica. - 2. Gli obblighi di c omunicazione al col-
legio sindacale: aspetti generali e rapporto con il potere di richiesta d i in-
formazioni. - 3. Dovere di coop erazione informativa degli amministratori e
poteri dei sindaci. - 4. Profili soggettivi dell’obbligo informativo a carico
degli amministratori: a) Il caso della presenza di organi delegati. - 5. (segue): b)
Comitati interni di origine autodisciplinare. - 6. Doveri d’informazione e a u-
tonomia statutaria: a) forma e contenuto della relazione periodica. - 7. (segue):
b) la tempistica della relazione. - 8. Informazione preventiva e obblighi ex art.
149, comma 1, lett. c bis T.U.F. - 9. Informazione preventiva , controllo conco-
mitante e confusione di ruoli. - 10. Regole statutarie sulle modalità temporali di
informazione e responsabilità del collegio sindacale. - 11. Gli obblighi informa-
tivi dei preposti al controllo interno. - 12. Preposti al controllo interno, sistema
di controllo interno e di gestione dei rischi e compiti del collegio sindacale: la
“lunga marcia” del Codice di Autodisciplina. - 13. (segue): il (parziale) revire-
ment del Codice di Autodisciplina e la riaffermata centralità del collegio sinda-
cale nel sistema dei controlli delle s.p.a. quotate. - 14. Lo scambio informativo
con la società di revisione. - 15. Altri destinatari “impliciti” dell’obbligo di coo-
perazione informativa: a) l’“Organismo di vigilanza”. - 16. (segue): b) il diri-
gente preposto all’elaborazione dei documenti contabili. - 17. Cooperazione in-
formativa e organi delle società controllate. - 18. Obblighi di cooperazione in-
formativa e connotati dell’ufficio sindacale nelle società quotate.
PARTE PRIMA
I SINDACI COME DESTINATARI
DI FLUSSI INFORMATIVI OBBLIGATORI
1. Premessa metodologica
L’approccio ormai classicamente utilizzato nell’analisi dell’at-
tività dei sindaci prende, come è noto, le mosse dallo schema rico-
struttivo mutuato dagli studi amministrativistici e da lungo tempo
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fatto proprio dalla più avvertita dottrina giuscommercialistica. Tale
schema inquadra l’attività di vigilanza svolta dal collegio sindacale
attraverso una tripartizione in fasi: istruttoria, valutativa e commi-
natoria1; e risulta sicuramente utile per comprendere in prospettiva
generale in quale direzione si siano volta a volta orientati gli inter-
venti di riforma succedutisi nel tempo.
Così, l’enfasi posta dal legislatore del T.U.F. sul potenziamento
della fase istruttoria appare evidente, soprattutto ove si confrontino
le disposizioni originariamente introdotte nel 1998 con l’impianto
delle regole codicistiche all’epoca vigenti; ma l’impressione non
viene significativamente modificata guardando all’attuale quadro
normativo, quale risulta dal parallelo potenziamento dello strumen-
tario a disposizione dei sindaci nel diritto comune e nelle norme
dedicate alle società quotate.
Che l’attività di raccolta delle informazioni abbia attinto nuova
linfa dalle disposizioni del Testo Unico in tema di poteri attribuiti
all’organo ed ai suoi componenti uti individui2 è rilievo di assoluta
evidenza, laddove si osservi semplicemente che:
a) una norma specifica, l’art. 150 T.U.F., emblematicamente ru-
bricata Informazione, era (ed è tuttora) rivolta a determinare
nell’an e, talvolta, anche nel quantum e nel quando i flussi
informativi che devono necessariamente instaurarsi tra il colle-
gio sindacale ed una serie di soggetti a vario titolo coinvolti
nella sua attività di vigilanza3;
b) è stato statuito l’obbligo di presenza dell’organo di vigilanza
nelle riunioni di tutti gli altri organi sociali, comitato esecutivo
compreso (art. 149 co. 2 T.U.F., poi riprodotto identicamente
per le non quotate dal novellato art. 2405 c.c.), consentendo al
contempo al collegio di assumere funzione propulsiva al fine
1 Così come faceva il celebre studio di G. CAVALLI, P rofili del controllo
sindaca le sugli amministratori di so cietà per azioni, cit.; la partizione è divenuta
ormai classica neg li studi sul collegio sindacale, grazie anche all’ampia elabor a-
zione teorica di G. DOMENICHINI, Collegio sindacale, cit., 561 ss.; e per una li-
nea di indagine che riprende lo schema con riferimento alle società quotate v. P.
VALENSISE, Il “nuovo” collegio sindacale, cit., 98 ss.
2 Sul rap porto tra poteri individuali e poteri del collegio cfr. G. CAVALLI, I
sindaci, cit., 89 ss., cui a dde i contributi citati ante, Cap. I, § 1, nt. 1.
3 Non a caso parla di “istituzio nalizzazione dello scambio di informazioni”
la Relazione al decreto Draghi.
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della riunione stessa, dal momento che ex art. 151 T.U.F. gli
compete il potere di convocare assemblea, consiglio di ammi-
nistrazione e comitato esecutivo ogni qual volta ciò sia neces-
sario per l’adempimento delle sue funzioni; oggi i poteri di
convocazione e di richiesta di collaborazione possono essere
esercitati anche individualmente dai sindaci, fatta eccezione per
la convocazione assembleare, che può essere suscitata da al-
meno due membri del collegio. La versione della norma prece-
dente al d.lgs. n. 37/2004 prevedeva che tutti i poteri di convo-
cazione spettassero ad almeno due membri del collegio4;
c) l’apparato dei collaboratori all’attività sindacale è stato oppor-
tunamente potenziato, consentendo l’apporto non soltanto
come stabilisce l’art. 2403-bis c.c. di dipendenti ed ausiliari
dei sindaci, ma anche dei dipendenti della società vigilata, sia
pure con tutte le cautele e le limitazioni di cui si dirà.
Parimenti, l’approccio ormai tradizionale alla ricostruzione
dell’attività del collegio sindacale si dimostra altrettanto utile in
funzione della valutazione di ordine complessivo in merito all’in-
cidenza del T.U.F. sul punto debole tradizionalmente evidenziato
dalla dottrina: l’assenza nella disciplina civilistica di adeguati str u-
menti di reazione, che consentissero all’organo di realizzare risulta-
ti sanzionatori dei comportamenti o delle situazioni non conformi
alla legge ed all’atto costitutivo.
Peraltro, i risultati del processo riformatore appaiono su questo
fronte meno lineari di quelli appena riferiti.
Se comparata con le norme codicistiche ante riforma societaria,
la formulazione originaria degli articoli 149 - 154 T.U.F. mostrava
un certo potenziamento dello strumentario reattivo a disposizione
dei sindaci, sia nella prospettiva endosocietaria (poteri di convoca-
zione degli organi, potere di proposta) che esogena (legittimazione
alla denunzia ex art. 2409 c.c., comunicazioni alla Consob delle ir-
regolarità riscontrate); ma non fugava del tutto il dubbio che il
nuovo assetto dei poteri dei sindaci di società quotate perseguisse
in effetti l’obiettivo – davvero modesto di permettere al collegio
sindacale ed ai singoli sindaci di aumentare gli strumenti per la
4 Sulla ratio della modifica, anche in relazione allo spazio per l’attivazione
dei poteri non collegiali da parte dei c.d. “sindaci di minoranza”, si avrà modo di
tornare diffusamente in seguito (cfr. infra, cap. III, §§ 6 e 7).

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