n. 62 SENTENZA 26 marzo - 5 aprile 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 29, 40, 41, 50, comma 1, 53, comma 7, e 60 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, promosso dalla Regione Veneto, con ricorso notificato il 5 giugno 2012, depositato in cancelleria l'11 giugno 2012 ed iscritto al n. 89 del registro ricorsi 2012. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

uditi nell'udienza pubblica del 26 febbraio 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Bruno Barel e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 5 giugno 2012 e depositato il successivo 11 giugno la Regione Veneto ha impugnato, tra gli altri, gli articoli 29, 40, 41, 50, comma 1, 53, comma 7, e 60 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, per violazione degli articoli 117, quarto comma, 118 e 120 della Costituzione, in relazione al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. 1.1.- In particolare, l'art. 29 del d.l. n. 5 del 2012, recante «Disposizioni a favore del settore bieticolo-saccarifero», al comma 1 dispone che i progetti di riconversione del comparto bieticolo-saccarifero approvati dall'apposito Comitato interministeriale «rivestono carattere di interesse nazionale anche ai fini della definizione e del perfezionamento dei processi autorizzativi e dell'effettiva entrata in esercizio» e, al comma 2, stabilisce che entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge «il Comitato interministeriale di cui al comma 1 dispone le norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l'esecutivita' dei progetti suddetti, nomina, nei casi di particolare necessita', ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, un commissario ad acta per l'attuazione degli accordi definiti in sede regionale con coordinamento del Comitato interministeriale». La ricorrente precisa che il contesto normativo nel quale viene a collocarsi la disposizione impugnata e' rappresentato dal decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 (Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonche' in materia di fiscalita' d'impresa), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81. L'art. 2 del decreto citato, al fine di fronteggiare la grave crisi del settore bieticolo-saccarifero, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Comitato interministeriale, col compito (comma 2): a) di approvare entro 45 giorni «il piano per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticola-saccarifera»;

b) di coordinare «le misure comunitarie e nazionali previste per la riconversione industriale del settore e per le connesse problematiche sociali»;

c) di formulare «direttive per l'approvazione dei progetti di riconversione». La medesima disposizione statale ha previsto poi (comma 3) l'approvazione da parte del Ministro per le politiche agricole dei progetti di riconversione presentati per ciascuno degli impianti industriali ove sarebbe cessata la produzione di zucchero, ed ulteriori misure di sostegno, anche da parte dell'AGEA (commi da 4 a 5-bis, variamente modificati in sede di conversione e da leggi sopravvenute). Le misure adottate erano coerenti con quelle decise a livello comunitario, per la ristrutturazione dell'industria comunitaria dello zucchero, mediante il regolamento CE n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006 (relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero nella Comunita' europea e che modifica il regolamento CE n. 1290/2005 relativo al funzionamento della politica agricola comune). La Regione Veneto ha dato attuazione a quanto previsto dal regolamento comunitario e dalle correlate disposizioni statali, relativamente allo stabilimento saccarifero presente nel territorio regionale di Porto Viro, con un accordo di riconversione approvato, con deliberazione di Giunta regionale n. 1234 dell'8 maggio 2007 (in B.U.R. n. 49 del 29 maggio 2007), accordo poi modificato con un "Accordo integrativo" approvato con deliberazione di Giunta regionale n. 983 del 21 aprile 2009 (in B.U.R. n. 37 del 5 maggio 2009). La Regione evidenzia che la disposizione statale impugnata affida al Comitato interministeriale sia l'emanazione di non meglio precisate «norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l'esecutivita' dei progetti suddetti», sia la «nomina, nei casi di particolare necessita', ai sensi dell'art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, di un commissario ad acta per l'attuazione degli accordi definiti in sede regionale con coordinamento del Comitato interministeriale». La ricorrente lamenta che le nuove disposizioni statali, col riclassificare di interesse nazionale l'implementazione di tutti gli accordi regionali, in via generale e generica, sottopongono la connessa attivita' amministrativa regionale a vigilanza e controllo del Comitato ministeriale e consentono la nomina, da parte del medesimo Comitato, di commissari ad acta dotati anche di poteri sostitutivi. Secondo la Regione, l'art. 29 del decreto-legge in oggetto andrebbe ascritto alla materia «agricoltura» e, pertanto, violerebbe la sfera di competenza legislativa e amministrativa esclusiva propria della Regione del Veneto, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. La norma impugnata, inoltre, violerebbe anche l'art. 118 Cost. in quanto avocherebbe allo Stato, oltre ad un'attivita' normativa non meglio precisata, perfino l'attuazione in sede amministrativa degli accordi regionali finalizzati alla ristrutturazione dell'industria saccarifera nel quadro del regime temporaneo di aiuti istituito a livello dell'Unione. In tal modo, infine, sarebbe leso anche il principio costituzionale di leale collaborazione, sotteso all'art. 120 Cost., perche' con la disposizione in esame si disarticolerebbe quell'equilibrio nella cooperazione fra Stato e Regioni delineato dalla previgente normativa, fino a prefigurare una sorta di commissariamento delle Regioni perfino nella gestione operativa e dettagliata degli adempimenti amministrativi finalizzati all'implementazione di accordi con parti private. Spetterebbe invece alla Regione, oltre alla conclusione degli Accordi di ristrutturazione nel quadro del Programma nazionale, anche - a maggior ragione - la loro attuazione, attraverso la disciplina e l'attivazione degli appropriati procedimenti amministrativi. 1.2.- La seconda delle norme impugnate e' l'art. 40 del d.l. n. 5 del 2012 dal titolo «Soppressione del vincolo in materia di chiusura domenicale e festiva per le imprese di panificazione di natura produttiva» che abroga il secondo periodo dell'art. 11, comma 13, della legge 3 agosto 1999, n. 265 (Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonche' modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142). L'art. 11, comma 13, della legge n. 265 del 1999 dispone: «E' abrogata la legge 13 luglio 1966, n. 611. All'attivita' di panificazione autorizzata ai sensi della legge 31 luglio 1956, n. 1002, si applicano gli articoli 11, comma 4, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114». La disposizione statale censurata va, dunque, ad abrogare quella proposizione normativa (secondo periodo) che assoggettava l'attivita' di panificazione ad alcune disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). La finalita' della novella, resa evidente fin dalla rubrica e perseguita mediante l'abrogazione del rinvio alle disposizioni che regolamentavano la chiusura domenicale e festiva, e' costituita dalla liberalizzazione delle aperture dei panifici per la commercializzazione della propria produzione. Si intende estendere anche alle imprese artigiane di panificazione che curano la commercializzazione diretta di prodotti propri la cosiddetta liberalizzazione delle aperture degli esercizi commerciali al dettaglio, gia' disposta con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Secondo la ricorrente la norma impugnata violerebbe l'art. 117, quarto comma, Cost. In particolare, la disposizione statale andrebbe a confliggere con la specifica disciplina dettata dalla Regione Veneto con la legge 21 settembre 2007, n. 29 (Disciplina dell'esercizio dell'attivita' di somministrazione di alimenti e bevande), art. 25, nell'esercizio della propria competenza legislativa esclusiva sia in materia di commercio che di artigianato. In proposito la Regione Veneto rammenta di aver gia' impugnato l'art. 31 del decreto-legge n. 201 del 2011 e, coerentemente con quanto dedotto nel suddetto ricorso, a tutela delle proprie prerogative costituzionali e segnatamente della potesta' legislativa regionale in materia di commercio e di artigianato, ritiene di dover censurare anche l'art. 40 del decreto-legge in oggetto, per violazione della competenza legislativa regionale residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. Secondo la ricorrente sarebbe indubbio, secondo la giurisprudenza costituzionale, che la materia del commercio, cui la Regione ritiene appropriato ricondurre la disciplina delle aperture e degli orari ai fini della commercializzazione dei prodotti anche di propria produzione - analogamente comunque alla...

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