Il risarcimento del danno al soggetto straniero

AutoreSilvio Lovetti - Filippo Martini
Pagine123-148

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@5. Il risarcimento del danno al soggetto straniero.

@@5.1. Generalità.

La circolazione transnazionale dei veicoli e dei natanti, regolamentata dalle direttive internazionali ed interne come illustrate nelle pagine di quest’opera, hanno determinato col tempo anche il fiorire di istituti processuali e non legati al risarcimento del danno subito da cittadino non residente nel territorio dello Stato italiano.

Le questioni che si pongono oggi all’attenzione dell’operatore (sia esso un avvocato, una parte lesa, oppure il gestore di un sinistro per conto dell’impresa tenuta al ristoro del danno) sono sostanzialmente due.

La prima concerne la condizione di proponibilità della domanda giudiziale in Italia da parte del soggetto straniero, come limitata e vincolata dalle disposizioni contenute nelle Preleggi al Codice Civile ed essenzialmente per quanto disciplinato dall’art. 16 delle Disposizioni sulla legge in generale.

Il secondo argomento concerne una questione legata per così dire più agli istituti tipici della liquidazione del danno, con particolare riguardo alle variabili equitative e di personalizzazione del danno non patrimoniale, che attengono all’esigenza, più o meno sentita da parte della giurisprudenza di merito, di parametrare le variabili economiche dell’indennizzo riconosciuto in ragione del potere di acquisto della moneta nel luogo ove la somma riconosciuta al danneggiato verrà presumibilmente spesa.

Infine, non è marginale la problematica che attiene alla disciplina interna ed internazionale relativa alla surroga dell’assicuratore sociale straniero (che abbia erogato prestazioni dovute ai propri associati) verso l’impresa i assicurazione del responsabile civile.

@@5.2. Il Trattamento dello straniero e le condizioni di reciprocità.

In una decisione relativamente recente, la Suprema Corte di Cassazione stabilì che: “L’esistenza della condizione di reciprocità prevista dall’art. 16 delle Preleggi, ponendosi come fatto costitutivo del diritto azionato dallo straniero, deve da lui essere provata in caso di contestazione” (Cass. civ., Sez. I, 15/06/2000, n.8171; Cass. civ., Sez. III, 07/08/2000, n.10360).

Del resto la ratio che ispirò il legislatore dell’art. 16 delle Preleggi, fu quella di tutelare il cittadino italiano che venga a trovarsi in una situazione giuridica identica a quella di un cittadino straniero in Italia e che intenda far valere i propri diritti innanzi al giudice italiano; ovvero il Legislatore italiano riconosce i medesimi diritti azionati anche dallo straniero a condizione che il Paese di provenienza dello stesso riservi al cittadino italiano la

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medesima tutela.

Tale condizione voleva fungere, in un certo qual modo, da stimolo ed impulso alle legislazioni degli altri Paesi nel riconoscere le medesime condizioni di tutela anche al cittadino italiano che debba esercitare un proprio diritto in una condizione di distanza dai regimi ordinatori del nostro sistema normativo nazionale.

Va da sé, quale premessa necessaria, che laddove le normative degli organismi sopranazionali (la UE innanzitutto) ovvero gli accordi bilaterali hanno col tempo consentito il riavvicinamento delle legislazioni ed il reciproco e transnazionale riconoscimento di forme di tutela a persone giuridiche e fisiche, eliminando quindi gli ostacoli legati alla nazionalità del soggetto agente, la rilevanza del sistema della reciprocità ha perso la sua rilevanza nel sistema e, in effetti, come si dirà anche la sua efficacia vincolante.

L’articolo 16 delle Disposizioni sulla legge in generale dispone dunque che “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere”.

Va detto che la norma, benché col tempo ridimensionata per le ragioni che diremo, ha tuttavia ancora una sua portata dispositiva vincolante ed attuale. È pacifico, infatti, che l’articolo 16 delle Preleggi non sia una norma implicitamente abrogata dalla Costituzione (si veda: “l’art. 16, comma I, delle disposizioni sulla legge in generale, che ammette lo straniero al godimento dei diritti civili attribuiti al cittadino italiano solo a condizione di reciprocità, non è derogato dagli arti. 2, 3, 10 e 24 Cost.”, Cass. 10.2.1993, n. 1681 in Giust. Civ., 1994, 1, 1660).

Addirittura, in una decisione, rimasta però isolata, si è affermato che il

problema della sussistenza della condizione di reciprocità sarebbe rilevabile d’ufficio (Trib. Roma 20.6.1986, in Dir. e pratica assic., 1987, 618).

Né, è bene osservare, la norma è stata espressamente abrogata dalla legge n. 218/95 di riforma del diritto internazionale privato e processuale, come invece avvenuto per gli articoli da 17 a 31 delle disposizioni preliminari. Semmai, come detto, la portata della norma è andata ridimensionandosi proprio alla luce dell’entrata in vigore di accordi e trattati internazionali che hanno superato le ragioni di vincolo che sottendevano la ratio della norma stessa.

Si può dire quindi che oggi, nel nostro ordinamento, restano sottoposti alla condizione di reciprocità, fatto salvo per i diritti fondamentali della persona, gli stranieri extracomunitari che non possano avvalersi del testo unico sull’immigrazione o di convenzioni internazionali, nonché le persone giuridiche straniere.

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Analizzando in dettaglio la condizione in argomento (nel campo che si dirà residuale di sua applicazione) va detto che onere di provare la circostanza che nel Paese di origine della parte danneggiata il proprio ordinamento riconosca un diritto eguale o simile a quello da loro esercitato in Italia, e cioè che vi sia la “pari dignità” di trattamento giudiziario del cittadino italiano di fronte all’autorità locale, è posto a carico della stessa parte istante.

L’esistenza della condizione di reciprocità prevista dall’art. 16 delle Preleggi, dunque, si pone come fatto costitutivo del diritto azionato dallo straniero.

In linea generale, in passato si è sostenuto che “le condizioni di reciprocità sussistono quante volte lo Stato, cui appartiene la persona che agisce in giudizio, riconosce nel proprio ordinamento un diritto uguale o simile a quello esercitato in Italia, senza discriminare quanto all’esercizio di tale diritto il cittadino o la persona giuridica di nazionalità italiana rispetto al cittadino e alla persona giuridica propri” (Cass. 19.6.1995 n. 6918 in Giust. Civ. 1995,1,2659; in senso conforme: Cass. Civ., Sez. III, 17.02.1995, n. 1712 e Cass. Civ., Sez. III, 20.12.1995, n. 12978). Secondo altro orientamento, con riferimento alla tutela specifica di diritti soggettivi primari dell’individuo, si è detto che se è vero che: “lo straniero che in Italia subisca una lesione alla salute, ha diritto al risarcimento a prescindere dalla esistenza della condizione di reciprocità di cui all’art. 16 delle disposizioni preliminari al codice civile”, è tuttavia altrettanto vero che: “tale condizione è necessaria perché lo straniero possa invocare nel nostro paese il risarcimento dei danni patrimoniali o morali” (Trib. di Roma 23.03.1996, n. 4760, in Giur. Civ., 1996,785).

La tesi ultima fatta propria dal Tribunale capitolino ha a lungo costituito

un solco ed un confine della disciplina per la quale si tende a riconoscere come degni di tutela comunque i danni che possano rientrare nell’alveo dell’art. 32 della Costituzione (quale il danno alla salute), ma è in ogni caso pacifico che il principio di reciprocità possa considerarsi applicabile a tutte le ulteriori voci di danno, fra le quali (all’epoca) il cosi detto “danno morale” e quello “patrimoniale”.

Più di recente, il Tribunale di Milano aveva avuto modo di precisare che: “… va rilevato che il diritto alla salute è costituzionalmente garantito e che nel nostro ordinamento i criteri ispiratori delle norme sulla responsabilità civile – soprattutto nel settore della circolazione stradale – rispondono ad esigenze di solidarietà, riparazione ed equità costituenti principi fondamentali dell’ordinamento, che, in quanto tali, appaiono inconciliabili con la previsione di una disparità di trattamento tra soggetti danneggiati sulla base del criterio della cittadinanza. Pertanto, la domanda deve ritenersi ammissibile nella parte relativa al riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla salute subito da …, non esigendo il complesso della normativa vigente la verifica circa la sussistenza delle condizioni di reciprocità nella legislazione del paese d’origine del deceduto.

Con riferimento invece alla domanda risarcitoria proposta iure proprio dai congiunti di … non residenti né presenti nel territorio italiano … la verifica suddetta si impone, trovando piena applicazione l’art. 16 delle preleggi al codice civile. Gli attori sostengono

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di avere dimostrato la sussistenza della reciprocità con i documenti allegati alla memoria istruttoria (lettere – pareri di organi nazionali dello Stato di appartenenza della vittima) e con una fotocopia di un Bollettino ufficiale in lingua francese ….

È evidente che una tale documentazione è assolutamente inadeguata allo scopo di dimostrare la reciprocità e pertanto la domanda non può essere presa in esame nel merito” (Tribunale di Milano, Sez. V Civile, Dott.ssa Fontanella, 10.01.2004, n. 265, inedita).

Ed ancora, sempre il Tribunale di Milano in altra decisione, ha affermato che stante la “mancanza di prova specifica – del tutto mancante nel caso di specie – circa l’esistenza nella legislazione del paese di appartenenza di normativa analoga a quella italiana”, solo “i diritti fondamentali sono riconosciuti incondizionatamente ad ogni uomo dalla Costituzione” e che quindi, nella specie, solo “astrattamente” risulta risarcibile il “danno alla salute a seguito di incidente stradale … e non anche quello patrimoniale” (Tribunale di Milano, Sez. XII Civile, Dott.ssa Alessi, n. 5456 dell’8.5.2006, inedita; in senso conforme...

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