Il giudice della revisione penale “scientifica”. Profilo logico

AutoreNicoletta Ventura
Pagine223-252

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@1. Il confronto del giudice della revisione con il progresso scientifico: vantaggi ed inconvenienti

Il confronto del giudice della revisione con le cognizioni scientifiche focalizza l’attenzione speculativa sugli effetti sortibili dal recepimento endoprocedimentale delle conquiste modernistiche che si rivelino dotate di maggiori e migliori idoneità rappresentativa ed attendibilità rispetto ad omologhe tecniche più obsolete, ancorché sperimentalmente consolidate, creando divergenze opinionistiche tra gli studiosi della materia – di volta in volta – interessata716. I sussidi – all’uopo – apprestatiPage 224 dal sistema processuale penale717, quantunque validi in astratto, possono anche evidenziare talune défaillances nella sede applicativa, in ragione delle peculiarità delle reali contingenze presentate dal caso concreto.

A fronte di tali preliminari notazioni, occorre ridimensionare ogni possibile enfasi riscontrabile in merito alle applicazioni scientificotecnologiche in ambito revocatorio: nonostante il riscontro di una certa inclinazione sistemica all’impiego delle medesime, si finisce – inevitabilmente – con l’amplificare le difficoltà connesse ad un’analisi logico-fenomenologica vertente sia sulle funzionalità dell’intero processo penale, sia sull’applicazione di singoli istituti ad esso riferibili718, come la revisione della regiudicata, poiché il confronto diretto tra concetti giuridici e nozioni extraprocessuali – nella specie, scientistiche –, in qualche modo, potrebbe destare istanze “campanilistiche” – per così dire –, potenzialmente foriere di situazioni di conflittualità che, invero, giammai sono auspicabili in un contesto in cui la rilevanza degli interessi personali coinvolti richiede, per converso, massimo equilibrio.

Spetta, quindi, al giudice della revisione porre rimedio in simili situazioni di attrito a livello endoprocedurale, optando per le soluzioni applicative più congeniali alla congiuntura configuratasi nella realtà: costui dovrà improvvisarsi mediatore di regole giuridico-revocatorie e di enunciati empirici, mitigando ogni possibile (situazione di) attrito ed in ogni caso, propendendo per l’assunzione di determinazioni attestate in termini di rigorosa conformità ai precetti legali. Il buonsenso degli operatori del diritto e nondimeno, quello degli esperti interpellati ai fini revocatori può costituire un valido deterrente avverso il rappresentarsi di sterili tensioni nel corso della verifica rescissoria, garantendo che quest’ultima sia condotta sotto l’egida della ragionevolezza e della proficua collaborazione tra uomini di diritto e di scienza.

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@2. La mediazione giudiziale tra ius e science in sede revocatoria

L’interazione tra regole giuridiche e canoni empirici evidenzia la necessità di una mediazione nella sede revocatoria che vede protagonista il giudice della revisione: l’organo giurisdizionale competente è impegnato ad interpretare il duplice ruolo di operatore del diritto e di interprete degli aforismi sperimentali, nonché a fronteggiare l’ulteriore incombenza di conciliare il diverso modo di intendere la realtà fenomenica allorché la si osservi dal punto di vista del giurista ovvero da quello del cultore di discipline scientifiche. In particolare, al riguardo, si ravviserebbe una radicale differenziazione metodologica: nell’un caso, si registrerebbe l’applicazione di uno schema di ragionamento di tipo logico-sperimentale che connoterebbe il compito dell’accertamento della verità come tendente al conseguimento – nei limiti del possibile – del grado dell’autentica ricostruzione del fatto in tutte le sue componenti essenziali – peraltro, scevra da ogni impressione sensazionalistica719–, momento che, al relativo realizzarsi, implicherebbe il completamento dello stesso compito; nell’altro caso, invece, non può parlarsi di definizione della mansione ad un dato tempo, in quanto l’evoluzione scientifico-cognitiva integrerebbe ex se una fucina di dilemmi e supposizioni continui, di conseguenza, forieri di ulteriore implementazione del livello delle conoscenze sperimentali720.

Sulla scorta del materiale dimostrativo ritualmente prodotto, il giudice della revisione, serenamente, all’esito di un proprio apprezzamento in merito, provvederà alla formulazione del corrispettivo giudizio secondo un determinato orientamento e soprattutto, secondo scienza e coscienza, oltre che esperienza – e possibilmente, tenendo conto dell’ulteriore fonte conoscitiva data dalla cosiddetta «comprensione empatica di come si comporta la gente»721722. Ne deriva chePage 226 l’operazione logico-valutativa compiuta dal giudicante deputato al vaglio rescissorio – e dunque, i singoli passaggi di cui essa consta – sottende opzioni di carattere tecnico-giuridico che rappresentano il risultato tangibile di una mediazione intrinseca tra valutazioni giudiziali estremamente personali e tecnicismo processuale; e le prime, pure schivando ogni eventuale tentativo di introspezione o classificazione, sarebbero intrinsecamente connesse alla formulazione di ogni giudizio umano ed addirittura, risulterebbero in tal senso ed a tale scopo imprescindibili723.

Di conseguenza, un “argine” significativo avverso interpretazioni (giudiziali) soggettive improprie può scorgersi nella science che, addotta nel procedimento di revisione per il tramite di novelli dati (scientistico-)probatori, può limitare siffatti inconvenienti, vincolando in modo sensibile le opzioni decisorie del giudicante competente. In ciò, dunque, può individuarsi una funzione basilare assolta dalle «nuove prove» scientifiche rilevanti ai fini rescissori.

@3. Il compito verificazionistico del giudice della revisione “scientifica”

L’organo giurisdizionale deputato al vaglio revocatorio – in quanto «giurista», nonché «operatore giudiziario» – si occupa di una sfera avulsa da quella dell’astrazione, ove pare rappresentarsi congeniale un’opera di verifica sia dell’indice di capacità dimostrativa e di attendibilità delle formulazioni esperienziali assunte a criterio-guida della valutazione delle prove724, sia delle metodologie adottate dall’esperto, tenuto conto della «proiettabilità» degli elementi evinti – dal medesimo – nel complesso spaccato probatorio in cui si annoverano altresì le «nuove prove» scientifiche ex art. 630, comma 1, lett c), c.p.p.; ed a loro volta, queste ultime sembrano ivi ricevere adeguata considerazione della propria valenza probante725, quanto meno entro i limitiPage 227 contrassegnati dalle prospettazioni peritali o da quelle dei consulenti tecnici, delle quali, in particolare, deve essere accertata la sussistenza di «conferme senza controesempi» scaturenti dal controllo sperimentale, nonché il grado di resistenza agli esperimenti falsificazionisti e l’eventuale presenza di elementi di convalida in via temporanea726.

In particolare, la dottrina ritiene che all’organo giudicante spetti l’arduo «compito di verificare», in modo rigoroso, «la validità scientifica» dei parametri e delle metodiche impiegati ai fini delle operazioni peritali, soprattutto se inediti per l’esperienza del settore scientistico di riferimento, ergo «non ancora sottoposti al vaglio di una pluralità di casi ed al reiterato confronto critico tra gli esperti» della materia interessata, tanto da ritenersi «non ancora acquisiti al patrimonio della comunità scientifica»727.

Alla luce di ciò, il compito dell’organo giurisdizionale728 si appalesa rilevante, ma nel contempo, delicato: il giudice della revisione “scientifica” non deve tentare di individuare convalide o sconfessioni a ciò che gli è (già) noto, bensì tendere ad assumere consapevolezza in merito agli elementi concreti del reato, giammai attenuando il livello «di concentrazione, di attenzione e di tensione» in relazione alla (ri)delineanda ricostruzione del fatto incriminato, attesa l’influenza di tale profilo sulle proporzioni e sul valore dell’acquisizione gnoseologica729.

Così operando, oltre a neutralizzarsi «ogni ragionevole dubbio»730, si ottempererebbe all’esigenza di favorire il discernimento e di conquistare il placet «dei gruppi sociali nei quali e per i quali»731 viene instaurato il procedimento di revisione. In altre parole, la «capacità as-Page 228siologico-pragmatica» del giudice della revisione – inteso nel suo essere «Uomo in forma di sublime antonomasticità»732– diviene funzionale al vaglio di ogni aspetto sotteso alla formulazione del giudizio733 in cui culmina la procedura (scientifico-)revocatoria.

Si rievocherebbe, dunque, il generale trend verificazionista insistente – generaliter – nel compito giudiziale734 ed implicante l’inevitabile compimento di maggiori e migliori controlli, a loro volta, sintomatici di un livello più elevato di attendibilità, ergo di un superamento del piano della mera verosimiglianza per approdare a quello della più intensa approssimazione all’ideale di veritas – se non proprio assoluta, il più possibile prossima a tale grado –; inoltre, si sottende l’adozione di una logica di ragionamento differenziata a seconda del caso concreto che, alle volte, può richiedere – altresì – schematizzazioni qualificative di tipo quasi logico o semplicemente topico, valutativo ovvero retorico735. Con l’ulteriore notazione che ciò, considerato in una pro-Page 229spettiva giuspositivistica, tenderebbe a rimarcare la rilevanza dell’ufficio peritale736.

@4. Il sussidio sistematico: in particolare, il principio “iudex peritus peritorum”

L’assolvimento dell’onere di conciliare ius e science nel procedimento di revisione, quale incombente sull’organo giudicante competente – come si è visto –, appare coadiuvato dalla predisposizione di uno specifico sussidio sistematico, ravvisabile nell’attribuzione al medesimo (organo giudicante) – nei moderni ordinamenti giuridici – della qualifica di peritus peritorum; il che comporta la libera valutazione degli esiti peritali737. In concreto, quest’ultima si tradurrebbe nell’incombenza di sommare in sé e di interpretare il...

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