Il fulcro dommatico

AutoreNicoletta Ventura
Pagine127-166

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@1. Il fondamento giuspositivistico della revisione “scientifica” della res judicata ovverosia la disposizione ex art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p

Il dissertare in tema di revisione “scientifica” della regiudicata penale comporta la necessaria considerazione di taluni profili speculativi significativi ai fini di individuazione della proiezione scientistica del concetto di novità probatoria, di cui all’art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p.; il che, in particolare, sollecita l’attenzione dell’interprete proprio sul dato giuspositivistico testè menzionato. Nel rappresentarsi foriera del recepimento di tecniche e canoni empirici innovativi, detta norma appresterebbe uno strumento legale atto a fungere da vettore endoprocedurale diPage 128 cognizioni extragiuridiche, regolamentandone l’impiego e l’accesso; più precisamente, trattasi di una prescrizione orientata nel senso del consentire l’inserimento delle nuove scoperte nella dinamica revocatoria, ma in modo tale da calibrarne l’adozione alle contingenze, sostantive e formali, proprie della sede procedimentale in discorso407. In particolare, a norma del citato art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., la revisione di un processo penale già definitosi con la condanna dell’imputato può essere richiesta – tra l’altro – in ragione della sopravvenienza ovvero della scoperta di «nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate», suffragano l’idea che l’istante(-condannato) sia prosciolto ai sensi dell’art. 631 c.p.p.408. Al riguardo, taluni studiosi ritengono che il testo del vigente art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., appena citato, riprenda in modo pressoché integrale l’omologa impostazione dell’abrogato articolato codicistico e con essa, la problematica “eredità” esegetica connessa a quest’ultima409, nonostante i moniti rassegnati dai giudici di legittimità410; secondo altri, invece, esso tenderebbe ad affrancarsi dalle opzioni di politica legislativa effettuate sotto il vigore del codice di rito abrogato, dal momento che l’espressione “nuovi elementi di prova” – presente nel testo dell’art. 554, n. 3, del codice di rito del 1930 – è stata sostituita, post riforma del 1988, dalla locuzione “nuove prove”411.

Ad ogni modo, la linearità prescrittiva dell’attuale lettera della previsione in discorso si presenta ex se speculare all’individuazione delle carat-Page 129teristiche che deve presentare il sostrato probante fondativo della domanda rescissoria, il quale può essere costituito anche da elementi probatori – non solo e necessariamente da prove – suscettibili, tuttavia, di assurgere al rango di prova tout court nell’ambito del procedimento di revisione412. In proposito, il primo dato di rilievo che emerge in sede esegetica è rappresentato dal novum probatorio che, in definitiva, costituisce «il cuore della revisione»413. Significativa appare, infatti, l’opzione politico-legislativa di condizionare l’applicazione dell’istituto ex artt. 629 e segg. c.p.p. ad una base dimostrativa consistente, come attestato dall’uso grammaticale del plurale «nuove prove» – anziché del singolare “nuova prova” –.

Le ragioni di una simile determinazione normativa risultano comprensibili: la riconsiderazione di una vicenda giudiziaria oramai definita sconvolge un assetto decisionale stabilito, peraltro, comportando un dispendio di tempi ed energie processuali ulteriori rispetto a quelli già impiegati per l’accertamento ordinario. In altri termini, il monito ermeneutico rassegnato all’interprete dal legislatore è quello di riattivare il sistema della giustizia penale soltanto sulla scorta di presupposti di ragguardevole spessore probante piuttosto che in base a dati labili, di scarsa intensità rappresentativa, che lascerebbero preconizzare epiloghi procedimentali similari a quello da revisionarsi, vanificando l’impegno “straordinario” profuso dagli operatori del diritto.

@2. Segue. Ratio “scientistica” del dettato normativo

La littera legis della disposizione ex art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. pare implicare – tra l’altro, anche – il riferimento al novum probatorio scaturente dall’impiego di cognizioni e metodi innovativi di derivazione tecnico-scientifica; il che equivarrebbe ad una sorta di richiamo legislativo del bagaglio cognitivo di soggetti esperti nella materia interessata – di volta in volta – ed un implicito invito, per l’interprete-operatore del diritto, ad attingere dal patrimonio conoscitivo di costoro414. Considerata in chiave scientistica, dunque, la normaPage 130 in discorso sembra permeata da una precisa ratio, quella di voler impedire che le evoluzioni scientifiche intervenute in tempi successivi rispetto al passaggio in giudicato della sentenza di condanna non possano essere recuperate in alcun modo nella sede processuale e quindi, non siano in grado di – ivi – sortire l’effetto di meglio chiarire la criminodinamica e magari, condurre ad una conclusione – anche in toto – antitetica rispetto a quella statuita in via ordinaria. In altre parole, il legislatore si mostra sensibile ai progressi relativi alle modalità con cui l’esperto provvede ad espletare il test di volta in volta richiesto e – potenzialmente – foriero di esiti probanti dissimili da quelli sortiti dall’omologo esame compiuto con tecniche più obsolete.

Per meglio chiarire il senso di simili notazioni, è possibile ricorrere ad un’esemplificazione significativa: si pensi all’esame autoptico, caratterizzato da indiscussa valenza dimostrativa e da susseguente diffusività d’impiego nell’esperienza giudiziaria; ebbene, in taluni casi415, l’applicazione di più recenti rinvenimenti empirici potrebbe condurre ad un sovvertimento di precedenti risultanze conseguite alla stregua di cognizioni più datate, ancorché sperimentalmente comprovate, quantunque l’espletamento dell’ulteriore autopsia avvenga a notevole distanza di tempo dalla precedente, ergo dall’exitus416.

Dall’esempio testè riportato si deduce che ad un’implementazione del livello delle conoscenze sperimentali può abbinarsi un potenziamento della cognizione penale, quantunque in un ambito straordinario quale è quello revocatorio che può rivelarsi, così, sede di conseguimento di una verità processuale più convincente. Un organigramma coerentemente pianificato dei fattori scientifico-probatori considerati in sede rescissoria è garanzia di un innesto proficuo della science nella ricostruzione criminogenetica e criminodinamica del fatto-reato attenzionato: mercè l’ausilio di strumenti verificazionistici apprestati dal campo scientifico e tecnologico, è possibile rendere edotta la sede della cognitio poenalis “straordinaria” – anche – in merito a dati ulteriori e chiarificatori di aspetti ricostruttivi ambigui od addirittura ignoti, favorendo una comprensione globale e più articolata dello svol-Page 131gimento dell’actio contra legem, dalla fase del relativo concepimento e maturazione sino a quella della sua concreta perpetrazione.

@3. Il nucleo della dinamica scientistico-revocatoria: concetto di «nuove prove» (scientifiche)

Nell’ordine di idee sin qui precisato, pare risaltare una specifica nozione, quella di «nuove prove» scientifiche, di cui occorre vagliare l’efficacia nella congiuntura procedurale data dalla revisione di un processo penale già definito con un provvedimento di condanna417. Le peculiarità ontologiche di siffatta entità probatoria – intesa in senso generale, ossia come «nuove prove» tout court – hanno, da sempre, auspicato una maggiore attenzione dottrinale418, onde meglio chiarirne il senso e la portata funzionalistica; perciò, pare opportuno muovere dalla considerazione del concetto generale che, nella sua caleidoscopicità419, costituisce un “prisma” – per così dire – speculativo imprescin-Page 132dibile, mercè il quale indagare – altresì – sulla sua specifica proiezione scientistica. In verità, nella sede interpretativa, è stato individuato uno specifico ordine «classificatorio»420: eccettuate le prove dichiarate inutilizzabili nella sede procedimentale ordinaria421, la novità probatoria deve essere costituita da più fattori probanti, i quali – nella specie – possono configurarsi quali noviter producta id est dati probatori già noti, ma non prodotti nel processo revisionando –, noviter reperta, cioè prove ammesse nella sede dell’accertamento ordinario, ma – ivi – pretermesse dal giudicante422 e noviter cognita, rinvenuti ex novo423.

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In proposito, la dottrina ha osservato come il dato di rilievo sia rappresentato dal «mancato esame quando bisognava scegliere tra condanna o proscioglimento»424. Quindi, «importa poco che qualcosa figuri negli atti, se il giudice l’ha ignorato»425, poiché il fattore significativo – nei sensi in discorso – s’individua negli elementi probanti che non sono stati vagliati in fase ordinaria; e ciò, quantunque essi potessero considerarsi quale potenziale oggetto di valutazione, perciocché capaci di dimostrare l’opportunità di prosciogliere il condannato – con le formule di rito –, ai sensi dell’art. 631 c.p.p.426 ed eventualmente, di incriminare un soggetto differente427. Dal canto suo, il Supremo organo di legittimità ha chiarito che, nella nozione in discorso, sono annoverabili non soltanto le prove sopraggiunte o scoperte post rem iudicatam, bensì anche quelle non assunte nel processo revisionando oppure assunte, però non considerate nemmeno in via implicita; tuttavia, i giudici di legittimità hanno rimarcato l’esistenza di una condizione: esse non devono risultare già oggetto di una declaratoria di inammissibilità ovvero di superfluità ed inoltre, è necessario prescindere dal fatto che la mancata conoscenza giudiziale delle medesime dipenda da un contegno processuale infingardo o fraudolento dell’allora imputato – poi condannato –428.

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Ad ogni modo, nonostante l’accezione estensiva che – generaliter – si tende ad attribuire alla nozione di «nuove prove» nella sede giurisprudenziale429, non si omette di sottolineare – da parte degli stessi giudici di legittimità –...

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