Il giudice della revisione penale “scientifica”. Profilo procedurale

AutoreNicoletta Ventura
Pagine253-268

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@13. La competenza

La corte d’appello è l’organo giudiziario ex lege individuato come competente in materia revocatoria819; l’investitura di un giudice di merito – anziché di sola legittimità, quale è la corte di cassazione820– conferma l’impostazione garantistica dello schema rescissorio, salvaguardando, anche in tale fase ed in modo compiuto, il contraddittorio inter partes821. In giurisprudenza, si è ritenuto che una tale competenza abbia carattere funzionale, data la necessità di distinguerne la modulazione dalle regole generali previste dagli artt. 4 e segg. c.p.p.822. Di conseguenza, il giudice della revisione penale è sempre e soltantoPage 254 l’anzidetta corte d’appello, anche quando, ad esempio, il provvedimento revisionando consista in una sentenza di condanna resa dalla corte d’assise d’appello823. Sin qui il profilo ratione materiae.

Quanto all’aspetto ratione loci, va detto che esso risulta puntualmente definito da specifici criteri dettati dal comma 1 dell’art. 633 c.p.p. – come modificato a norma dell’art. 1, comma 1, della Legge 23 novembre 1998, n. 405 –; a tutela dell’obiettività e dell’equanimità della funzione di ius dicere – nondimeno rilevanti in sede scientifico-revocatoria – da ogni forma di inframmettenza extraprocessuale824, la norma testé menzionata prescrive l’individuazione del giudicante competente in subiecta materia in base ai parametri – di tipo tabellare – fissati dall’art. 11 c.p.p.825, onde scongiurare dubbi di «parzialità e di serenità di giudizio»826. Riguardo alle opzioni politico-normative effettuate in proposito, taluni studiosi non hanno celato un atteggiamento alquanto perplesso, in particolare, per ciò che concerne il profilo metodologico, oltre che quello del merito827; ma, invero, nonostante sporadiche e – tutto sommato – isolate posizioni di tal segno, sembra registrarsi una generale adesione dottrinale alle determinazioni del legislatore processuale penale828.

Dal canto suo, la giurisprudenza pare aver dedicato maggiore attenzione alle questioni di ordine transitorio, statuendo che, in relazionePage 255 alle istanze revocatorie inoltrate prima dell’entrata in vigore della citata Legge n. 405/1998, deve essere applicato il regime ante riforma – del 1998 –829. Inoltre, è stata affermata la valenza dei parametri di cui al citato art. 11 c.p.p. anche nell’eventualità in cui la commissione del fatto-reato oggetto di (ri)considerazione sia avvenuta in tempi anteriori all’emanazione della Legge 2 dicembre 1998, n. 420, il cui art. 1, comma 1, ha novellato le regole sulla competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, dettate dallo stesso art. 11 c.p.p.830.

Com’è possibile notare, la regolamentazione prescritta in tema di competenza del giudice della revisione penale non sembra aver sollevato, sinora, questioni particolari nella sede applicativa; la linearità della formulazione del comma 1 dell’art. 633 c.p.p. pare aver agito da deterrente avverso interpretazioni artificiose ed ambigue, per converso, favorendo un’esegesi in linea con il dettato normativo e contigua alle intenzionalità legislative ad esso sottese. L’evoluzione elaborativa potrà confermare o ridimensionare l’orientamento interpretativo finora delineatosi.

@14. Le prerogative giudiziarie in tema di ammissibilità della revisione “scientifica” della condanna penale

Il giudice della revisione “scientifica” – nella specie, la corte d’appello competente ratione loci et materiae per il vaglio rescissorio – è titolare di un potere di sindacato «in limine litis», estrinsecabile nell’incipit del procedimento revocatorio ed improntato al soddisfacimento di esigenze di economia procedurale – come si è visto –831, oltre che volto ad appurare l’ammissibilità della domanda rescissoria formulata dal soggetto legittimato in tal senso832, ma senza sconfinare inPage 256 un esame nel merito833. Nella logica legislativa, cotale potestà giudiziale – al pari della fase procedimentale in cui s’inserisce il corrispondente vaglio –, pare assumere un ruolo – oltremodo – rilevante, giacché soltanto il previo superamento di un simile esame giudiziario consente all’istanza ex art. 633 c.p.p. di poter assurgere, in modo compiuto, al rango di iniziativa promotrice di una riforma del giudicato penale tacciato di iniquità834. Difatti, qualora l’esito di detto vaglio sia positivo – nel senso che la richiesta di revisione viene reputata ammissibile – si procede alla celebrazione della fase di merito, formalmente instaurata con l’emissione di un decreto che dispone il giudizio – a cui, però, giammai può attribuirsi «valore di un giudicato interno implicito»835–, a cura del presidente della corte d’appello all’uopo deputata, secondo regole di celebrazione identiche a quelle prescritte per il giudizio di mera cognizione836.

L’alternativa all’accoglimento della richiesta di revisione è data da una declaratoria di inammissibilità837: a norma dell’art. 634 c.p.p., essa è pronunciata con ordinanza ricorribile per cassazione838, emessa anche ex officio e senza la partecipazione delle parti – che non risultano ex lege designate quali destinatarie di un avviso comunicante la data di celebrazione dell’udienza e pertanto, impossibilitate di sindacare sulla corretta composizione del collegio giudicante839840, né della persona offesa dal reato ancorché costituita parte civile nel processo penalePage 257 revisionando – che riacquista la qualità di parte soltanto con la compiuta instaurazione del procedimento di revisione –841; detta ordinanza può essere altresì comminativa di una sanzione pecuniaria di un importo compreso tra euro duecentocinquantotto ed euro duemilasessantacinque842, da stabilirsi a carico del privato ricorrente ed a favore della cassa delle ammende. Con la notazione che il provvedimento in discorso può essere emesso anche in via officiale, dopo l’udienza in camera di consiglio, oltre che in conclusione del giudizio revocatorio, nel qual caso, però, deve coniugarsi nelle forme di una sentenza – piuttosto che di un’ordinanza –843.

@15. Segue. Orientamenti dottrinali

Nel suo essere destinata ad investire l’istanza inoltrata in difetto delle condizioni applicative indicate dagli artt. 629 e 630 – nella specie, comma 1, lett. c) – c.p.p., ovvero ingiustificata o, ancora, inosservante delle prescrizioni dettate dagli artt. 631, 632, 633 e 641 c.p.p.844, la dichiarazione d’inammissibilità s’innesterebbe – ad avviso della dottrina – in uno stadio cosiddetto «rescindente» del procedimento di revisione, volto ad appurare la sussistenza dei presupposti legittimanti la richiesta revocatoria – indicati dal citato art. 634 c.p.p. – e pertanto, distinto da quello propriamente rescissorio845; il che, soprattutto nella recente giurisprudenza, è stato oggetto di stigmatizzazione, ritenendosi non appropriata una segmentazione di tal sorta soprattutto alla luce della disciplina vigente che non tenderebbe ad avallare un simile distinguo846.

Soffermandosi sulle ragioni della diversa impostazione elaborativa, si evince un dato epistemologico significativo, id est la natura giuri-Page 258dica del vaglio di ammissibilità, la cui considerazione da angolazioni speculative distinte potrebbe essere alla base di siffatta divergenza opinionistica. Al riguardo, invero, non può tacersi come essa assuma evidenti connotazioni di stampo prognostico847: in particolare – ai fini che ci occupano -, rileva come una verifica giudiziale di tale tipo sia finalizzata ad accertare se alla novità scientifico-probatoria prodotta a sostegno della domanda revocatoria possa riconoscersi la capacità di fondare la modifica della regiudicata penale; e ciò, mercè il compimento di una «sommaria delibazione» volta ad appurare il livello di attendibilità e di afferenza della novella produzione scientistico-probante rispetto al thema probandum848, nonché a fornire una seppur generica «giustificazione logica» a corredo dell’analisi dei dati probatori di tipo sperimentale esaminati dal giudice della revisione “scientifica” in funzione propriamente rescissoria849. In ogni caso, la verifica giudiziale compiuta in tale stadio non può eludere l’accertamento dell’idoneità e dell’efficacia rappresentativa delle “nuove prove” scientistiche ex art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. – oltre che della relativa utilizzabilità – in funzione della riforma della regiudicata a cui tende – naturaliter – la richiesta revocatoria850, ancorché esse siano state “scoperte” dal difensore851.

Tuttavia, non può tacersi come l’esame giudiziale testé indicato giammai possa tradursi in un’articolata disamina in punto di merito: per meglio dire, non è possibile che esso finisca con l’anticipare – al preliminare stadio procedurale in cui s’innesta – il giudizio meritorioPage 259 formulato in conclusione del procedimento di revisione852. Le ragioni di una simile presa di posizione normativa appaiono ictu oculi ben comprensibili: di fatto, si è inteso evitare che un apprezzamento generico – come si è visto –, esperito in via preventiva, potesse condizionare l’esito finale dell’intero iter revocatorio; in tal modo, sarebbe risultato – inevitabilmente – frustrato il senso e lo scopo dell’istituto ex art. 629 e segg. c.p.p. In altre parole, si sarebbe rischiato di svilire la portata riformatrice di quest’ultimo, ergo di declassarlo al rango di mero accertamento sommario delle argomentazioni scientifico-probatorie addotte a sostegno della richiesta rescissoria che, a rigore, consiste in una domanda di giustizia; e ne sarebbe conseguita un’apodittica paradossalità, acuita da un’innegabile carenza di adeguate giustificazioni sul piano sia giuridico che logico.

Ad ogni modo, non va taciuto che la dichiarazione ex art. 634 c.p.p. non è preclusiva della novella presentazione di un’istanza ex art. 633 c.p.p. fondata su fattori scientifico-probatori ulteriori e diversi da quelli già tacciati di carenza di adeguata vis revocatoria853; ed una tale notazione non può che confermare l’ispirazione pro reo ...

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