La scientific law nell’ottica rescissoria

AutoreNicoletta Ventura
Pagine69-126

Page 69

@1. L’idea della “sussunzione sotto leggi scientifiche”

Nel clima elaborativo in cui s’innesta il tema dell’inferenza scientistica nel procedimento di revisione, non può non riecheggiare l’idea della “sussunzione sotto leggi scientifiche”217. L’espressione designaPage 70 un paradigma dalla «portata tipizzante»218, altrimenti noto come «schema nomologico-deduttivo di Popper-Hempel»219, in quanto sot-Page 71tendente un metodo di ragionamento di tipo «deduttivo»220. Secondo siffatto schema, è possibile configurare una specifica premessa come conditio sine qua non di un determinato epilogo, purché la premessa stessa si annoveri tra i presupposti di accadimenti analoghi a quello constatato nel caso di specie, secondo una sequenza connotata da regolarità e conformità ad una regola caratterizzata da scientific evidence, quale è – appunto – «la cosiddetta legge generale di copertura»221. L’adozione dell’anzidetto modello sarebbe funzionale alla ricostruzione della dinamica fattuale, poiché consentirebbe di coprire l’evento «con una legge» ovvero di sussumerlo sub lege222.

In generale, ciò implicherebbe un «concreto atto di valutazione»223, strumentale alla verifica dell’inquadrabilità di un ente in una peculiare categoria. In particolare, in ambito processuale penale, l’archetipo della «“sussunzione sotto leggi scientifiche”» – s’intende, dell’account della causalità fattuale o circostanziale –224 rimarcherebbe l’opportunità diPage 72 applicare peculiari criteri analitici – proprio – di tipo universale, ancorché mutuati da settori extragiuridici; detti criteri, infatti, possono reputarsi fondativi di un’analisi valutativa volta ad acclarare la plausibilità – o meno – di una tesi ricostruttivo-fattuale formulata225 in sede di accertamento (penale) ordinario, sulla scorta della ricorrenza di un rapporto di dipendenza funzionale fra fatto umano volontario ed evento offensivo – presumibilmente – provocato dallo stesso fatto-reato226, tanto da configurare quest’ultimo quale indefettibile cagione del verificarsi delle constatate conseguenze lesive227. Lo spessore pragmaticoPage 73 dell’assunto appare di non poco momento, soprattutto allorché si considera che, nel sistema penale italiano, vige un particolare principio, quello di necessaria offensività del reato, sancito dall’art 49 c.p.: in virtù di detto canone, l’incriminazione di un factum deve trarre origine dal relativo rappresentarsi quale fonte di inevitabile nocumento – sia esso di tipo effettivo od anche soltanto potenziale –228 di altrui beni o interessi giuridici229 che, in ragione della rilevanza loro riconosciuta in ambito penalistico230, sarebbero designati quali oggetti giuridici ed in quanto tali, destinatari di adeguata tutela a livello ordinamentale231. Per tali notazioni, sembrano meglio discernersi le ragioni che hanno indotto nell’elaborazione del paradigma in discorso: l’opportunità di sussumere sub lege – nella specie, di ordine scientistico – i dati probatori varrebbe a meglio rappresentare la relazione causale – e concausale – tra fatto-reato ed evento offensivo, ad identificare la natura e la gravitàPage 74 del cosiddetto «danno criminale»232, nonché l’entità del pregiudizio – morale e patrimoniale – cagionato alla vittima del reato.

@2. Segue. Dal piano della cognizione penale ordinaria a quello della cognitio poenalis “straordinaria”

Nella letteratura post riforma del 1988233, si tende – in generale – a sottolineare il diffuso atteggiamento della giurisprudenza che, nel dimostrare distacco dai temi logici, epistemologici, semiolologici, pare privilegiare, invece, il profilo metodologico, manifestando una particolare propensione per l’aspetto dell’organizzazione ordinatoria e legalistica dei dati probanti, ex se funzionale – quanto meno in linea di principio – alla delineazione di uno stereotipo probatorio valido ad arginare l’alea di ogni possibile arbitrio giudiziale; il che pare accentuare il riscatto «della legalità probatoria»234 e con esso, la (ri)affermazione – con toni ancora più decisi – della necessità di un rigoroso operare in funzione dell’individuazione di un sostrato rappresentativo attendibile su cui fondare le deliberazioni giudiziali. Una simile prospettazione giurisprudenziale pare scaturire dalla sempre maggiore considerazione riservata per l’esperienza processuale penale d’oltremanica e d’oltreoceano – in particolare, per la disciplina delle prove ivi stabilita, meglio nota come law of evidence -235 che, oltre ad originare un trend interpretativo ispirato aPage 75 parametri – per molti versi – innovativi per la cultura processualistica italiana, avrebbe indotto in talune opzioni tecnico-normative protese a realizzare il superamento di un’impostazione “emotiva” – per così dire – dell’assunzione di determinazioni da parte del giudice e per converso, ad introdurne un’altra incline all’ancoraggio, a criteri razionali, di ogni operazione delibativa esperita dall’organo giudicante236.

In tale ottica, pare trovare un senso l’ascesa agli “onori processuali” – per così dire – delle nozioni sperimentali: la possibilità che interagiscano con le regole legali governanti la dinamica revocatoria237, consente di vagliare in modo efficace ogni dato di natura probante posto a sostegno della invocata riforma del giudicato (penale) ovvero di riconsiderare il quadro probatorio di riferimento238 secondoPage 76 una chiave di lettura propriamente scientistica, ex se più accreditata. Solo l’adeguata considerazione di siffatti aspetti è in grado di rivelare la reale efficacia dell’innesto degli enunciati sperimentali nel tessuto logico-giuridico sotteso alla cognizione penale “straordinaria” e di rinvigorire, nella giusta misura, quel quid di approssimazione che il corrispondente decisum può – eventualmente – presentare, concorrendo a fugare ogni ragionevole dubbio239 sull’opportunità di riformare la sentenza di condanna post rem iudicatam.

Tuttavia, non va taciuto che, per perseguire in modo compiuto gli scopi propri della revisione, è necessario che l’adozione endoprocedimentale di regole scientistiche di comprovata sperimentazione, come anche di quelle progressistiche – egualmente convalidate dalla comunità scientifica –, si abbini all’assunzione di determinazioni legislative commisurate o quanto meno, alla delineazione di orientamenti interpretativi non insensibili alle innovazioni extra ordinem, onde calibrare lo stato della normazione e dell’esegesi agli sviluppi tecnico-scientifici – potenzialmente – incidenti a livello rescissorio, consentendo di ottimizzare ogni contributo derivante dai medesimi.

@3. L’ordine degli enunciati empirici mutuabili ai fini revocatori. Ratio della tassonomia

Il tema dell’organizzazione sistematica dei paradigmi empirici – potenzialmente – adottabili nella sede rescissoria pare evidenziare, già prima facie, una certa problematicità: il livello di difficoltà esegetica si presenta notevole, anche a fronte dei distinti orientamenti dottrinali espressi – in via generale – in merito al riconoscimento del requisito dell’unità prammatico-sistemica240. Più precisamente, alcuni studiosiPage 77 sarebbero persuasi a ritenere che, in ambito sperimentale, difetterebbe il requisito della «unitarietà di ordinamento» cognitivo: tale assunto si fonderebbe sia sulla sincrona coesistenza di una molteplicità di enunciati e concezioni vertenti su un’identica realtà oggettiva, nonché efficaci in via contemporanea negli stessi contesti locali e temporali, sia sulla «precarietà delle teorie scientifiche» – asserto di ispirazione popperiana –241, scaturente dalla ritenuta impossibilità di considerare definitivo, ad un dato momento, un risultato empirico; e ciò, a causa dell’incessante impegno falsificazionistico profuso dai ricercatori nei vari settori di cui constano le scienze umane242, ergo delle ulteriori acquisizioni conoscitive derivanti dal congetturare secondo criteri differenti. Ad avviso di altri, invece, si ritiene che, nonostante le obiezioni mosse dai sostenitori dell’anzidetta teoria, non pare potersi parlare di evanescenza della scientificità sulla scorta del congenito policentrismo che la caratterizza e che connoterebbe l’articolazione teoretico-sperimentale come «strutturalmente» ordinata alla conquista dei prodromi del complesso sapere scientistico243.

Ad ogni modo, la delineazione di uno specifico ordine valido dal punto di vista scientifico-processuale pare opportuna: essa consente di trascendere la tendenza “campanilistica” – per così dire – congenita a ciascun settore delle conoscenze umane, tende a creare le condizioni atte a generare una – sempre più – proficua sinergia tra ius e science,Page 78 interpreta la necessità di meglio asservire le innovative scoperte scientifico-tecnologiche al soddisfacimento delle esigenze proprie della giustizia penale244. D’altra parte, nel suo implicare la possibilità di operare una descrizione fenomenologica alla stregua di formulazioni empiriche245, l’idea di «informazione scientifica» sembra – ex se – sottendere il perseguimento di un livello cognitivo ottimale, ossia – il più possibile – completo e circostanziato; e ciò pare implementare la capacità dimostrativa di ogni cognizione che ne postuli l’apporto, oltre a rinvigorire l’attendibilità dei risultati evinti con il relativo contributo che tendono a proiettarsi su un piano superiore, trascendente il livello dell’apparente rappresentazione fenomenica e per converso, approdante all’acquisizione di un grado più elevato di conoscenza, id est quello comprensivo della spiegazione causale246.

L’assunto si conformerebbe alla concezione tradizionale secondo cui scientia est per causas scire, recepita anche dall’epistemologia del nostro tempo, dal momento che si riscontra un atteggiamento proteso al superamento dello stadio corrispondente alla mera indagine sperimentale per pervenire al più nobile stato dell’esplicazione di quanto verificato empiricamente247. In effetti, la dimostrazione di un evento scaturita...

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