Il profilo soggettivo negli scopi del proce sso
Autore | Vergine, Francesco |
Pagine | 17-35 |
CAPITOLO I
LE LOGICHE SOTTESE
AL SISTEMA PROCESSUALE
S: 1. Il ruolo del giudice nel riparto funzionale: distinzione per tipo-
logia e scopi. – 2. (segue): natura e contenuti dei poteri del giudice: triparti-
zione. – 3. Le parti del processo: individuazione soggettiva e contenutistica.
– 3.1. (segue): il pubblico ministero, da investigatore a parte. – 3.2. (segue):
il necessario “contraddittore”: l’imputato. – 4. Le finalità del processo: dagli
scopi mediati all’aspirazione ultima.
1. Il ruolo del giudice nel riparto funzionale: distinzione
per tipologia e scopi.
Ciò che interessa in questa sede non è l’analisi dei singoli inter-
venti che la legge consente o afda al giudice senza una “investi-
tura” ad opera delle parti che abbiano avanzato apposita istanza, ma
la disamina dei poteri ofciosi in un’ottica funzionale. A tal ne si
impone l’esposizione del ruolo primario del giudice nonché di
quelli mediati o, più correttamente, propedeutici al raggiungimento
del ne principale. Il tutto in un rapporto di stretta connessione con
le funzioni del processo1.
La peculiare essenza del ruolo del giudice si coglie nella espli-
cita volontà del legislatore del 1988 di sottolineare la sua centralità
nell’evoluzione bifasica del processo attribuendogli una chiara fun-
zione di garanzia2 che permea l’intero procedimento.
1 A tal proposito si veda infra § 4.
2 S, Soggetti, in C-G, Profili del nuovo codice di procedura
penale, IV ed., Padova, 1996, p. 3.
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Ne vengono conseguentemente accentuate le connotazioni di
terzietà quale presupposto e conseguenza di un processo di parti3.
La prima considerazione che ne discende risiede nell’esclusività
della funzione giurisdizionale nel senso che essa è riservata al solo
giudice e sottratta, quindi, all’accusatore, “degradato” a semplice parte
processuale e con una rigidità di contenuti tale da impedire di «dila-
tarne il concetto sino a ricomprendervi diverse gure soggettive»4.
Peraltro, non solo non viene normativizzata la denizione di giu-
risdizione, ma non vi è traccia, in tutto l’arco della legislazione
positiva, neanche della denizione di giudice onde poterne com-
prendere poteri e limiti; occorre, così leggere «in ligrana quali
sono i casi nei quali egli interviene al di là delle parti» e coglierne
«il ruolo, la statura, forse la dignità»5.
L’espansione di tali interventi coinvolge temporalmente ogni
singola fase del lungo iter procedimentale imponendo al giudice
«di pronunciare una decisione, sia essa quella decisione nale che
trasforma la regiudicanda oggetto del processo in regiudicata attra-
verso la sentenza di condanna o di proscioglimento, sia essa una
decisione semplicemente strumentale che riguardi il “se” ed il
“come” si debba procedere per giungere alla decisione nale»6.
Le caratteristiche connaturate al concetto stesso di giudice, senza
che abbia inuenza alcuna la sede in cui eserciterà le funzioni, sono
imparzialità ed indipendenza. Il primo termine allude alla primaria
necessità che il giudice sia estraneo alla contesa, alle ragioni ed agli
interessi di cui ogni parte è portatrice. Il secondo, che individua il
proprio referente costituzionale nel comma 1 dell’art. 104 Cost.,
esige che l’organo giudicante sia autonomo dagli altri poteri.
3 Z, Sul ruolo del giudice nel processo penale, in Cass. pen., 1989,
p. 913.
4 M, sub art. 1 c.p.p., in A. V., Codice di procedura penale, rassegna di
giurisprudenza e dottrina, diretta da L- L, II ed., Milano, 2003, p. 4.
5 F, Giudice-arbitro, giudice-notaio, o semplicemente giudice?, in Quest.
giust., 1989, pp. 582 ss.
6 S-G-T-Z, Diritto processuale penale, III ed.,
Milano, 2001, p. 46.
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