I poteri officiosi esercitati sui singoli mezzi di prova

AutoreVergine, Francesco
Pagine55-106
CAPITOLO III
I POTERI OFFICIOSI RELATIVI
A SINGOLI MEZZI DI PROVA
S: 1. Gli inter venti su prove già ammesse: l a testimonianza. – 2.
L’interlocuzione presidenziale: domande dirette al testimone. Natura e fi-
nalità. – 2.1. (s egue): precisazioni temporali sull’intervento. – 2.2. (seg ue):
contenuto delle domande formulabili ex officio ed estensibilità dei divieti.
– 2.3. (s egue): in particolare la sfera del “thema probandum. – 2.4. (segue):
rapporti “endocollegiali”. – 2.5. (segue): poteri conc lusivi delle parti. – 2.6.
(segue): violazioni e sanzioni. – 3. L’esame testimoniale come ulteriore occa-
sione di intervento giurisdizionale: la chiamata del teste di “secondo grado”.
– 3.1. (segu e): testimonianza indiretta e indotta. Contenuto ed incidenza
sui poteri officiosi. – 4. La perizia. – 4.1. (segue): i c riteri per l’ammissione:
il profilo temporale. – 4.2. (segue): i presupposti nell’aspetto contenutistico
ed i conseguenti poteri sull’ammissione. – 4.3. (segue ): compatibilità con il
canone dell’oralità. – 4.4. (segue): l’acquisizione ex officio di doc umenti, note
scritte e pubblicazioni consultati dal perito esamin ato. – 5. Le letture. – 5.1.
(segue): discrezionalità o doverosità delle lettu re. La mancanza di sanzioni
come indice. – 5.2. (segue): influsso sul “presunto” potere dispositivo. Ese-
gesi dimostrativa dei casi.
1. Gli interventi sulle prove già ammesse: la testimonianza.
La “geograa normativa”, relativa alla prova dichiarativa, pre-
vede l’esercizio dei poteri del giudice, afdandone la disciplina a
due insiemi di norme, l’esame dei quali consente di individuare al-
trettanti settori con i pedissequi contenuti.
In primo luogo il soggetto giudicante potrà esternare i propri
poteri indirizzandoli nei confronti del testimone il cui esame sia già
in corso perché richiesto e, più in generale, attivato, dalle parti.
56       
L’ordinamento, tuttavia, prevede e riconosce al giudice anche la
possibilità di disporre ex novo ed ex ofcio l’ascolto di un testimone
o di un imputato in un procedimento connesso prescindendo da ini-
ziative delle parti e, quindi, dai contenuti delle liste e dalle richieste
di prova ex art. 493 c.p.p.
L’elemento normativo che accomuna le due gure si rinviene
nell’art. 195 comma 2 c.p.p. ove è previsto che «il giudice può di-
sporre anche d’ufcio l’esame delle persone» alle quali l’escutendo
testimone si sta riferendo per la conoscenza dei fatti.
2. L’interlocuzione presidenziale: domande dirette
al testimone. Natura e finalità.
I poteri del presidente in ordine all’esame dei testimoni trovano
conforto nel comma 2 dell’art. 506 c.p.p. ove si stabilisce che que-
sti «anche su richiesta di altro componente del collegio, può rivol-
gere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle per-
sone indicate nell’art. 210 ed alle parti già esaminate, solo dopo
l’esame ed il controesame».
L’allocazione normativa del potere del giudice di porre do-
mande al testimone (lo stesso dicasi per i periti, i consulenti tec-
nici, gli imputati in un procedimento connesso e le parti) già ri-
vela il ruolo che il legislatore ha inteso afdare a tale intervento.
Non solo la previsione è contenuta in una norma che si pone
all’esito di quelle che disciplinano le regole dell’esame testimo-
niale, ma anche la specicazione, peraltro resa temporalmente più
rigida dall’interpolazione di ne secolo1, che il rivolgere domande
di provenienza ofciosa è potere esercitabile solo dopo la conclu-
1 La previsione normativa ante legge 479/1999 non contemplava la locuzione
«solo dopo l’esame e il controesame» limitandosi alla semplice connotazione tempo-
rale dai contenuti insoddisfacenti «già esaminate». Peraltro, già prima dell’intervento
legislativo atto a collocare con maggiore precisione il momento in cui quei poteri
vanno esercitati, si era affermato che l’intervento “presidenziale” doveva attendere la
conclusione dell’esame e del controesame (C, Codice di procedura commen-
         57
sione dell’esame diretto, del controesame e del riesame2, ne svela
la funzione.
Può individuarsi un lo conduttore di logica consequenzialità
nel raffronto tra una norma di carattere generale – l’art. 190 c.p.p.3-
(che concerne l’integralità dei mezzi di prova sancendo le regole di
ammissione dal prolo della provenienza) ed una che ne costituisce
specicazione dai contenuti aderenti alla regola precedentemente
posta, ossia l’art. 506 c.p.p.
Se, come si è detto, l’art. 190 introduce un principio di regola-
eccezione tra i poteri delle parti e quelli del giudice costituendo la
prospettiva alla quale la normazione seguente deve attenersi, le re-
gole contemplate dall’art. 506 c.p.p. paiono rispettose del dato pre-
vedendo l’intervento solo in veste residuale4, chiaricatoria o di
completamento.
L’esegesi della norma, infatti, permette di sottolineare la fun-
zione sussidiaria del giudice, presupponendo un’attività principale
già svolta dalle parti ed esaurita. La vera essenza nalistica non si
coglie in una analisi superciale della norma, che condurrebbe alla
affermazione che essa si limiti ad introdurre un mero ordine di prio-
tato, II ed., Torino, 1992, p. 611; P, Assunzione delle prove in dibattimento ad
istanza di parte e d’ufficio, in Giur. mer., 1994, p. 233).
2 Pur non prevedendo la norma, expressis verbis, la necessità di una preventiva
conclusione anche del riesame, è da ritenersi che l’intervento del giudice sia possibi-
le solo dopo la completa scansione delle varie fasi che caratterizzano la cross exami-
nation, si veda comunque, infra, § 2.1.
3 Si veda supra cap. II, § 1. In questa sede, tuttavia, può porsi in rilievo come la
norma – il 506 c.p.p. – esaurisca la condizione posta dall’art 190 c.p.p. per legittima-
re un intervento del giudice in materia probatoria, ossia, «i casi in cui le prove sono
ammesse d’ufficio». È, tuttavia, certamente vero che l’ambito di validità della norma
contenuta nelle disposizioni generali al libro terzo, va individuato nell’ammissione ex
officio di prove e non all’innesto di poteri del giudice su prove già in sede di escus-
sione. Non può però revocarsi in dubbio che, se nel più è contenuto il meno, l’art.
190 costituisce, per il 506, una ulteriore legittimazione.
4 Cfr. P, I poteri del presidente del collegio penale tra nuovo e vecchio
codice, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, p. 179; T, Domande del presidente
e diritto delle parti a concludere l’esame, in Giur. it., 1995, II, p. 517.

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